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Un sorridente Ivano Pizzi

Lo sport piace perché è pieno di belle storie. Una di queste è quella di Ivano Pizzi, protagonista indiscusso nelle gare di ciclismo alle Paralimpiadi di Londra 2012. Il campione di Greenville non vuole smettere di vincere e stupire e sta lavorando duramente per arrivare al top alle competizioni di Rio 2016. Ivano ha gentilmente concesso ad Azzurri di Gloria un’intervista esclusiva nella quale ha raccontato la sua storia, i momenti difficili, le vittoria e il suo avvicinamento ai Giochi Olimpici brasiliani.

Ivano, quando ha iniziato a correre in bici? E perché ha scelto proprio questo sport?

<<Ho cominciato ad andare in bici all’età di sei anni. Ho corso in tutte le categorie fino a 22 anni. Poi ho interrotto la carriera per un incidente in bici, abbandonai l’attività agonistica e la ripresi solamente in “tarda età”. Mio fratello maggiore Domenico è stato quello a cui mi ispiravo perché ha cominciato prima di me ed io ho iniziato ad imitarlo. Ho corso da giovanissimo fino all’Under 23, ho fatto anche gare tra i professionisti ben figurando. Avevo anche qualche “contatto” per proseguire la carriera e passare professionista. Le prospettive erano buone ma c’è stato questo problema. >>

I Suoi genitori hanno avuto un ruolo determinante nel coltivare questa passione?

<<Beh i miei genitori sono sempre stati nell’ambito sportivo. Mio padre ha praticato un’attività sportiva anche se a livello amatoriale. Era un ex Folgore ed ha sempre vissuto lo sport in modo intenso. Sicuramente hanno contribuito anche loro ad avvicinarmi. Siamo cresciuti in un ambiente famigliare in cui lo sport era al centro dell’attenzione per me e per i miei fratelli. Mia sorella tra l’altro è pallavolista. Quando una passione nasce, si cura e la si fa crescere. Io senza bicicletta non potrei stare. È il mio mezzo per evadere, per sfogarmi. Noi l’abbiamo vissuta diversamente dallo stare bene ma sempre a livello agonistico. >>

Che tipo di corridore era prima dell’incidente?

<<Sono sempre stato un buon passista e scalatore. Ero uno alto, fine e snello. Quindi riuscivo ad esprimermi bene anche in salita. Mi potrei definire simile a Rider Hesjedal, alto e magro come lui. Un altro ciclista con queste caratteristiche era Axel Merckx. Vado bene in pianura ed in salita, il mio punto debole è la volata. >>

Poi è capitato quell’incidente. Quali sono state le Sue sensazioni nei giorni immediati? Prevaleva la voglia di rivalsa o ha accusato quella situazione difficile?

<<Io avevo già avuto un incidente a 17 anni. Stavo andando in bici, cadendo ho picchiato la testa e sono stato diversi giorni in coma. Ho ripreso l’attività nell’anno successivo. Poi ho avuto questo secondo incidente, dove comunque i medici mi hanno proibito l’attività agonistico. Non ero in grado di poter competere singolarmente con gli altri perché da un occhio non vedevo e l’altro mi creava problemi.  Riesco a muovermi abbastanza  bene in bici quando vado ma ho qualche difficoltà ed inconvenienti non indifferenti. Comunque vedendo altri atleti ipovedenti, riuscire a muoversi è già qualcosa. Al di là di quello mi hanno sconsigliato di fare attività agonistica dove avrei potuto sollecitare il mio problema sotto sforzo. Quando c’è stato questo incidente ed i medici mi hanno sconsigliato di andare avanti, avevo 22 anni e ho dovuto abbandonare tutte le prospettive future e cercare di iniziare qualcos’altro. Da quel momento in poi è stato un travaglio per me perché ho passato periodi davvero difficili. Ora credo di averli salvati ma sono stati anni difficili visto che oltre a ritrovarsi fisicamente con un danno ed a non essere più la persona di prima, non potevo più fare quello per cui ero cresciuto, avevo vissuto fino a quel momento e mi aspettavo potesse darmi più di quello a cui ero arrivato fino a quel momento. Ti dico solo che accendere la televisione e vedere i miei amici, un Cancellara, che pure correva con me, o altre persone, mi rendeva molto triste. Andare in bici era sempre stata la mia passione ed era quello che avevo fatto fino ad allora. >>

Eppure dopo 10 anni è tornata la voglia di rimettersi in gioco. Come si è convinto a gareggiare di nuovo?

<<Dopo dieci anni, io ero con amici ciclisti, dei quali un paio sono professionisti con cui ero cresciuto insieme. Io all’epoca passavo qualche mese in Thailandia. Un mio amico aveva da poco concluso la stagione e decise di venire a trovarmi lì anche per trascorrere le vacanze. Gli è piaciuto il posto, con il suo clima tropicale ed il caldo che c’è per tutto l’anno. Ha deciso di non tornare in Italia ad allenarsi ma di restare per altri due mesi in Thailandia per preparare la stagione. Tutto è nato per gioco, si è comprato una bici e mi ha detto di allenarmi con lui. Io gli ho detto che erano dieci anni che non giravo. Avevo anche paura ma alla fine siamo andati insieme e avere lui come riferimento in avanti mi ha aiutato. Dopo circa una quindicina di giorni, mi sono reso conto che non andavo così male (sorride ndr). Anche lui mi diceva che andavo bene, in salita faceva fatica a distanziarmi. Da lì è nata questa storia. Io volevo fare qualcosa, volevo tornare nello sport. Ho conosciuto il circuito paraolimpico. Ho scoperto il tandem, che era la disciplina giusta per me. Anche perché un conto è fare un giro ed un conto è fare una gara con 200 persone. C’era questa occasione, ho preso la palla al balzo e insieme a mio fratello ho acquistato un tandem. Abbiamo iniziato così, disputando gare amatoriali. Ricordo il debutto a Piacenza, terminata con un quinto posto. Poi ci sono stati i ritiri in Nazionale. Poi abbiamo vinto il mondiale e da lì è nato tutto. >>

Parlava di amici del mondo delle due ruote che Le sono stati vicini. Può raccontare chi sono e cosa hanno fatto per sbloccarla?

<<Il mio amico era Davide Torosantucci: è stato professionista per diversi anni. Direi che è stato lui a starmi più vicino e a farmi venire la voglia di riprendere il mezzo. Poi successivamente mi ha dato una mano tra gli altri anche Dario Cataldo, ora all’Astana. Ultimamente ci siamo un po’ persi di vista ma ogni tanto ci sentiamo. >>

Ha ripreso a gareggiare insieme a suo fratello Luca. In che rapporti siete? La bicicletta ha contribuito ad unirvi maggiormente?

<<Con mio fratello che mi ha guidato fino allo scorso anno non c’è mai stato un buonissimo rapporto. Ci siamo sempre scontrati per diversità di idee e per altre cose. Non siamo mai stati legati come sono con mia sorella o con l’altro mio fratello. Ci accomunava comunque questa passione, lui era in attività, mi ha fatto questa proposta e un po’ per gioco abbiamo provato. Non sapevamo dove saremmo arrivati. Era un modo per fare qualcosa di diverso. >>

Passiamo alle Olimpiadi di Londra 2012: quali sono i Suoi ricordi del villaggio olimpico?

<<Io credo che l’Olimpiade per un atleta sia la massima aspirazione perché comunque l’ambiente che ti circonda è veramente il top. La vivi in maniera passionale. Ci sono tutte le nazioni del mondo, vedi tanti volti, tanti popoli. È una sorta di città chiusa per noi atleti. C’era davvero di tutto. Faccio fatica a trovare parole adatte per descriverlo e per raccontare le mie emozioni. >>

Qual è stato il Suo programma per le gare olimpiche?

<<Noi facciamo tre competizioni ma io parteciperò a due perché su una non sono competitivo. Ci sono la cronometro e la gara in linea. Sono le gare a cui parteciperò. Poi ci sarebbe anche la pista ma a Londra l’ho esclusa a priori e credo che anche quest’anno farò lo stesso. Ho provato nel mese scorso partecipando ad un mondiale in pista ma gli altri sono ad un altro livello. È una specialità differente dalla strada e ci sono altre fibre da lavorare. C’è un abisso rispetto alla strada. >>

Quando si è presentato il momento di gareggiare come vi sentivate? Eravate preoccupati? E quando sono arrivate le medaglie?

<<Ti dico la verità: eravamo consapevoli della nostra forza perché eravamo campioni del mondo e mi aspettavo dei risultati positivi. Siamo partiti da favoriti e perdere l’oro a cronometro per due secondi mi ha lasciato rammaricato. Abbiamo perso per strada quei secondi per problemi tecnici ma si poteva fare meglio. Dopo quel secondo posto ero contento per il mio argento ed allo stesso tempo rammaricato. Poi è arrivata la medaglia d’oro. Sai, la gara in linea è sempre un terno al lotto e non sempre vince il più forte. Dipende da tante varianti. Bisogna anche avere un po’ di fortuna. >>

Qual è la difficoltà maggiore della Sua disciplina?

<<La difficoltà del tandem è avere un buon feeling anche con chi ti guida. Sono automatismi che si affinano con gli anni, con l’allenamento e le gare. Adesso ho cambiato pilota, lui deve ancora migliorare l’aspetto della guida e dell’intesa ma abbiamo ancora tempo per poter migliorare questo. >>

Quando riguarda le medaglie di Londra 2012, come si sente?

<<Io sono rimasto quello di sempre. Non sono cambiato. Sono bei ricordi da rivivere ma si guarda sempre avanti. Nello sport si vive di successi ed ogni stagione è una stagione nuova. È bello ricordare ma non vivo sugli allori. >>

Ed ora come procede la Sua preparazione ai Giochi Olimpici di Rio 2016? Qual è il Suo programma di avvicinamento?

<<Il primo obiettivo era il mondiale in pista che si è svolto a metà marzo. Adesso abbiamo avuto un periodo di scarico e riposo. Riprendo a correre in Italia. Ci sono gare di avvicinamento che farò come allenamenti, non sono obiettivi primari. Cercheremo di trovare una buona condizione per la fine di agosto e cercheremo di rifinire la condizione in vista di quel periodo. Questa è solo una fase preparativa come quella di tutti coloro che aspirano alle Olimpiadi. Gareggerò quasi tutte le domeniche prendendo parte a Gran fondo ma stiamo ancora programmando, cercando di equilibrare la preparazione in modo da non usurarsi eccessivamente. Sarà un lavoro più tranquillo. Trovare la condizione non è semplice, ogni stagione è diversa dall’altra. A volte si fanno le stesse cose dell’anno prima ma non sempre il fisico risponde alla stessa maniera. Poi inizio ad avere una certa età (sorride ndr). Il ferro si batte quando è caldo… >>

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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