Da Marco Corradi, il nostro inviato alle Olimpiadi.
La nostra intervista a Marco Pedoja, allenatore di Nicolò Martinenghi, oro a Parigi 2024.
Magari per scaramanzia dice così. Però come dicevo prima, la medaglia che abbiamo sognato già dal 2012, quando eravamo in camera insieme a Roma in albergo e guardavamo le finali di Londra e pensavamo che era il primo anno che lavoravamo insieme. Era un bambino, ovviamente aveva 13 anni. Però abbiamo sempre detto la 2024, la tua. Arrivi a 25 anni, ne ha 24. Li fa tra qualche giorno. Poi c’è stato ovviamente tutti gli anni prima di entrare oggi. Abbiamo aggiustato due cosine tecniche che stava sbagliando nelle gare precedenti: alzava la testa prima dell’attacco della bracciata in spinta, quindi cedeva col gomito, perdeva energie, slittava e buttava fuori energia a caso.
Abbiamo fatto un esercizio semplicissimo e l’abbiamo corretto. Ho messo la posizione della testa un centimetro più in avanti, cosa che lui percepisce però da fuori non si vede. Ormai sono dodici anni che lo seguo, lo so. È bastato quello e poi dirgli: guarda che oggi chi entra in vasca sei tu più forte. Perché lo è stato, è tuttora fortissimo. Meritava un oro, magari a pari merito l’avrei accettato, non avrei accettato sicuramente il podio col cinese, infatti il settimo posto dimostra tutto. C’è stato anche un abbraccio con il pianto, bellissimo.
Quando gli ho detto sei più forte, entra in acqua, gli ho fatto un’analisi di tutti gli altri sette del perché era il più forte, forse si è convinto tanto quanto me. Ci sono problemi evidenti nella vasca che non so cosa sono. L’abbiamo studiata, sembra che sia più bassa, che esprima più potenza nella spinta, quindi nella perdita della linea. Questo è un problema quindi doveva essere il più economico possibile nei primi 50 metri e poi sprigionare la potenza. Ha 25 anni, non ne ha 30, non ha l’esperienza di un ventunenne, ha fatto Coppa del mondo, mondiali europei, vasca corta, vasca lunga, ha vinto medaglie dappertutto. Deve far paura agli altri. Gli altri lo sanno che è imprevedibile e l’importante era stare vicino a Finch che avrebbe provato a far saltare il banco come sempre.
Finch oggi non era così sciolto come lui e gli ho detto vai divertiti! Quello che ci diciamo sempre.
Ha accennato a un anno difficile. In realtà è sempre difficile mantenere le motivazioni alte…
Penso che l’anno più difficile per lui sia stato l’anno scorso perché vinci i Mondiali 2022, vinci l’Europeo a casa, facile tra virgolette, e l’anno dopo sei in difficoltà perché quando hai mangiato la cioccolata è difficile tornare indietro. Ha avuto dei momenti di noia, quindi ho cominciato a portarlo in giro, magari in posti nuovi. Quest’anno abbiamo fatto sei mesi fuori casa e penso che nessun altro degli altri sette ha fatto una cosa del genere. Forse l’Olanda, più o meno fa la stessa cosa, però vuol dire voler vincere una medaglia, stare fuori, sacrificarsi lontano dalla famiglia, gli affetti.
Adattarsi a cibo, tempo, orari degli allenamenti, posti. Abbiamo iniziato l’11 settembre, siamo partiti per sei mesi, siamo stati via in totale e forse di più, non lo so. La voleva, la cercava e la meritava. Stasera era quello che la meritava più di tutti.
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