20060212b2057_maddaloni_ita_81kgsTutti abbiamo sentito, spesso tristemente, parlare di Scampia. Pochi sanno che questo quartiere periferico di Napoli esplose demograficamente dopo il terremoto del 1980 quando molti sfollati vennero trasferiti, o vi si trasferirono, occupando più o meno abusivamente soprattutto le famigerate Vele.

Nello stesso anno del sisma, Gianni Maddaloni fonda lo Star Judo Club Napoli, lui che deve a questo sport di averlo salvato dalla strada, dalla camorra, dalla droga, dalla galera e, probabilmente, dalla morte precoce.

Attraverso tale scuola, questo maestro di judo che lavora anche al Policlinico per sbarcare il lunario, si prefigge di salvare dalla strada altri ragazze e ragazzi che in questo quartiere vengono messi al bivio tra lecito ed illecito, tra bene e male, troppo presto e spesso si perdono.

Tra questi ci sono, ovviamente, i suoi tre figli: Giuseppe, Marco e Laura.

Giuseppe, detto Pino, è il maggiore ed inizia prestissimo a praticare sotto la guida del padre. Ha talento e si vede e miete subito allori su allori ad iniziare dai Giochi della Gioventù.

La doppietta europea del 98 e del 99 gli vale la qualificazione alle olimpiadi di Sidney ad incontrare i migliori del mondo. La sua fidanzata di allora, la judoka ed anch’essa nazionale e medagliata Ylenia Scapin, lo stimola e lo sprona e gli dice di salire sereno sul Tatami che il resto sarebbe venuto da se.

Papà Gianni vorrebbe accompagnarlo ma il viaggio a Sidney costa troppo per chi a volte è costretto a pagare in ritardo le bollette della palestra per permettere a figli di famiglie povere di frequentare gratis o di pagare cifre simboliche. All’ultimo però, vendendo una moto, racimola i soldi sufficienti a seguire il figlio.

Pino parte in sordina ma già al secondo turno con il tunisino Moussa piazza un ippon, mossa che nel judo decreta la vincita instantanea dell’atleta. Quando, eliminato il lettone Zelonijs, arriva in semifinale, anche il pubblico in Italia si accorge di lui.

Sugli spalti papà Gianni soffre quando il figlio inizia male la semifinale ma poi ribalta, di nuovo con un ippon e vola in finale con il brasiliano Tiago Camilo contro il quale andrà in scena lo stesso copione: Pino sotto e poi vincente per ippon. Sul podio le lacrime per aver, a 24 anni, realizzato il sogno di un quartiere con uno dei più alti tassi di disoccupazione e di criminalità del mondo.

Al rientro Pino continua a vincere e Gianni registra un boom di iscrizioni alla palestra e un calo drastico degli abbandoni. Purtroppo nel 2004, alla vigilia di Atene, un grave infortunio gli impedisce di difendere il titolo.

Resta fuori un anno, torna a gareggiare e a vincere e si qualifica per Pechino dove, però, conclude lontano dal podio. Pur non avendo mai formalmente annunciato il ritiro, smette di gareggiare e passa ad allenare nella palestra del padre e la nazionale non vedenti a livello federale.

Pino ha vinto la medaglia d’oro: il culmine della felicità di un padre come Gianni, l’inizio di un sogno e di una speranza per un quartiere come Scampia.

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