Una forza unica, una simpatia contagiosa e idee molto chiare. Valerio Cleri è un pezzo di storia del nuoto di fondo azzurro, un gladiatore delle acque libere, che ha portato il primo oro mondiale nella 25km all’Italia e ora sta studiando per un sogno, magari a cinque cerchi, magari da allenatore, magari a Roma 2024.

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Foto Facebook Valerio Cleri

 

Iniziamo da un tuo post su Facebook “Sognando Roma 2024”. Cosa vorrebbe dire per un atleta azzurro avere le Olimpiadi a Roma? Che importanza avrebbe per l’Italia e la città?

“Vivere un’Olimpiade a Roma, in casa? Solo chi era giovanotto nel ‘60 potrebbe sapere cosa vuol dire veramente, ho qualche amico di quell’età e le emozioni sono tante, i ricordi indimenticabili. Avere in casa le Olimpiadi è un’esperienza unica che solo pochissime persone possono provare. Ho vissuto una situazione simile con i mondiali del 2009 a Roma ed è stata un’esperienza incredibile. Sarebbe una grandissima cosa per tutti quanti. Non solo per i posti di lavoro che darebbe, ma anche la possibilità di sistemare le infrastrutture, in alcuni casi anche proprio da creare, migliorare la città e avere un’opportunità di crescita. Vivere un’esperienza così sarebbe quasi un sogno irraggiungibile”.

Pensando a un possibile Roma2024 ti vedi ancora parte del Team Azzurro? Magari nelle vesti di allenatore?

“Sto cercando di formarmi il più possibile come allenatore, ho seguito corsi e stage. Mi piacerebbe trasformare la mia esperienza sul campo in un insegnamento da poter trasmettere. Sarebbe bellissimo poter essere presente sul campo di gara alle Olimpiadi”.

Hai partecipato a due Olimpiadi, Pechino 2008 e Londra 2012, quali sono le emozioni che si provano quando capisci che sei lì, è tutto vero e sei alle Olimpiadi?

“Si vivono sentimenti contrastanti, ero talmente contento e preso…Penso soprattutto a Pechino che è stata la mia prima Olimpiade e devo dire che i cinesi sono stati magnifici. Ho partecipato alla cerimonia di apertura e ricordo che a un certo punto hanno sollevato un uomo che poi sembrava volare sul perimetro dello stadio (l’ex ginnasta Li Ning), una situazione incredibile, ero con gli occhi sgranati. In questi casi però l’atleta deve contrastare la persona e concentrarsi sulla gara e a Pechino credo di essere riuscito a trovare quell’equilibrio infatti sono arrivato 4° nella 10km. Preferisco ricordare quell’Olimpiade, in cui ho provato emozioni strepitose e ancora una volta devo dire che i cinesi fecero un lavoro eccezionale. Tutto era perfetto. Dal villaggio olimpico allo stadio, tutto perfetto, preciso, ma anche imponente e simbolico. Ogni nazione che ospita i giochi ci mette del suo e a Londra nel 2012 era un po’ tutto perfettino. In Brasile invece penso che sarà pura gioia e un’esplosione di colori e vivacità”.

Hai affrontato diverse volte la “Rei do Mar”, una competizione che si tiene in Brasile da alcuni anni e proprio nello stesso bacino dove si svolgeranno anche le prove in acque libere di Rio 2016. Avendo nuotato in quelle acque che gara ti immagini?

“Credo che in quell’occasione uscirà il vero nuotatore di fondo. Per ora le gare si sono svolte solo in bacini fermi, anche per motivi di sicurezza. Li si vedrà il vero nuotatore, spero anche di vedere un po’ di mare mosso che esalta ancora di più le caratteristiche dei nuotatori liberi. Spero in una gara aperta a tutti. Qualcosa di più del 1500 che si vede in piscina, un gara che mostri chi si comporta meglio con il variare delle correnti, che sopporta meglio il freddo e il caldo e affronta le boe e anche di più. Penso che il nuoto di fondo sia un po’ paragonabile al grande ciclismo. Penso al Giro d’Italia o al Tour, se togli le montagne, le discese,  le varianti di percorso allora togli l’essenza di questo sport. Così è per le gare di fondo, è più facile e sicuro nel laghetto, ma non è lo stesso”.

Oro ai Mondiali di nuoto nella 25km a Roma, Oro nella 10km e Argento nella 25km ai Mondiali di fondo a Roberval (Canada), Oro nella 25km e Argento nella 10km agli europei di Balaton (Ungheria), quale ricordi come la gara o la medaglia più bella?

“E’ difficile scegliere perché ognuna ha un significato speciale, ma se devo dire la gara e il momento che ricordo con più chiarezza e do maggior significato allora è il 4° posto nella 10km di Roma. So che sembra strano perché è una gara che ha fatto parlare molto (il terzo posto infatti è andato allo statunitense Crippen dopo diverse contestazioni e un ricorso prima accettato e poi respinto ndr) Quella gara però è stata come una svolta, mi ha dato la certezza totale che avrei fatto bene la 25km. E’ stato un oro esaltante dopo un lungo percorso e una lunga preparazione con il mio allenatore”.

Le gare di fondo sono massacranti dal punto di vista mentale e fisico, come si superano i momenti di difficoltà?

“Solo in allenamento. Ci facciamo di quei mazzi in piscina, che sei talmente abituato alla fatica che poi la reazione scatta in automatico. Pensi che non devi mollare e poi esce l’energia per continuare, perchè lo hai fatto migliaia di volte in allenamento. Ricordo a Balaton che a 7km dall’arrivo, quindi mancava ancora un bel po’ alla fine della gara, in cui il francese diede un cambio di ritmo impressionante. In quel momento ho pensato “me lo perdo”, invece in qualche modo ho spinto ancora e sono riuscito a rimanergli attaccato e negli ultimi 500metri gli ho dato il colpo di grazia. E’ vero, arrivi che sei stremato, ma poi vedi che ce l’hai fatta. Per raggiungere certi risultati però devi unire alla solidità fisica anche una solidità mentale impressionante. In quel periodo mondiali ed europei si sono svolti a poche settimane di distanza (mondiale in Canada dal 13 al 23 luglio, gli europei in Ungheria dal 4 al 15 agosto ndr) e ti trovi a fare 4 gare, 60km, in 15 giorni che durano oltre 2 ore (10km) e 5 (25km) due volte in uno spazio di tempo ristretto. Poi in Canada c’era anche il fattore temperatura con l’acqua a 15 gradi. Il consumo di energia è impressionante. Per questo serve avere una preparazione fisica e mentale forte”.

E’ vero che da piccolo avevi paura dell’acqua alta?

“Quando ho iniziato a prendere lezioni di nuoto di solito si faceva un periodo nella vasca piccola e poi si passava a quella profonda. Io ho fatto 2 anni in vasca piccola di ambientamento. Piangevo, avevo paura, me la facevo proprio sotto. Poi quando uno è piccolo tante cose non se le ricorda. Ti racconto un aneddoto. Quando avevo circa 4 anni scappavo sempre. Mio fratello, che è più piccolo, non era ancora nato. Mia mamma quindi mi lasciava in cortile mentre lei si occupava della casa e io che non sapevo stare fermo, prendevo la bicicletta e facevo dei giri tra i campi. Poi mi ritrovavano magari dai vicini che erano a diversi chilometri di distanza. Così hanno deciso di portarmi in piscina per farmi stare fermo in un posto, mia mamma era anche più tranquilla sapendo che ero lì. Alla fine non so chi devo ringraziare se ho superato quella paura, i miei genitori, gli insegnanti o altro, ma di sicuro devono aver fatto tutti un lavoro eccezionale”.

Sei tifosissimo della Lazio. In questo momento ci sono Marchetti Parolo e Candreva in Nazionale, tu come ti vedresti nella squadra di Conte?

“Io con i pedi sono negato. Non mi reputo calcettaro o allenatore come fanno molti italiani che quando senti parlare sono tutti allenatori. Moduli così non capisco molto. Come similitudini però mi vedo come un Parolo, un centrocampista di sostanza che fa il lavoro sporco. Un combattente”.

Giulia Cannarella
Giornalista pubblicista, collaboratrice per Runner's World Italia. In precedenza redattrice per Agr-agenzia giornalistica radiotelevisiva e collaboratrice per la Gazzetta dello Sport inserto Milano-Lombardia

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