Un nuovo pezzo di un puzzle sempre più intricato. Le provette contenenti le urine di Alex Schwazer e gelosamente custodite dalla Iaaf e dal Tribunale di Colonia sono finalmente arrivate in Italia e le prime analisi da parte dei Ris di Parma potrebbero rivelare una manipolazione. La perizia verrà depositata a settembre, ma come rivela in esclusiva Nando Sanvito sul ilsussidiario.net, sono state rivelate forti anomalie nella concentrazione di Dna.  

 

Alex Schwazer, in conferenza stampa poco giorni prima delle Olimpiadi estive di Rio 2016

 

UN ROMPICAPO IMPOSSIBILE O FORSE NO

Nella trama di un giallo si parlerebbe di colpo di scena. Lascia infatti a bocca aperta il nuovo tassello del caso Alex Schwazer, escluso dalle Olimpiadi di Rio 2016 dopo un controllo delle urine risultato postitivo a un test antidoping. Un secondo controllo ad essere precisi, dopo che il primo era risultato negativo. La presenza di metaboliti del testosterone emersi dalle seconde analisi era costata carissimo al marciatore azzurro, escluso dai Giochi in Brasile e condannato a 8 anni di squalifica. Fin da subito Schwazer e il suo staff hanno contestato i risultati emersi, si è parlato  di manomissione delle prove, di complotto e giochi di potere. Non ha fatto che alimentare queste voci l’ostinazione da parte dell’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera (Iaaf) e del Tribunale di Colonia di far analizzare le provette contenenti i campioni di urina di Schwazer, analizzati a gennaio 2016. Ancora più fermo nelle sue richieste il Tribunale di Bolzano che ha ottenuto di far arrivare i campioni in Italia per essere analizzati dai Ris di Parma. Le prime indiscrezioni sulle analisi effettuate, come riporta in esclusiva Nando Sanvito su ilsussidiario.net, sono la vera svolta. Due i campioni analizzati, il campione A e quello B. Entrambi mostrano concentrazioni a dir poco anomale di Dna di Schwazer al loro interno: 437 nanogrammi microlitro nel campione A, addirittura 1187 nel campione B, i primi numeri che sarebbero emersi. Cosa significa però queste cifre? E perché sono così importanti? Come spiega sempre Sanvito, guardando la letteratura scientifica e in particolare quella prodotta dai laboratori del Wada, l’agenzia mondiale antidoping, un campione di urine conservate a -20 gradi, dopo una settimana riducono a 1/7 il valore quantitativo del Dna, di conseguenza dopo 26 mesi dovrebbero contenere ancora al massimo qualche nanogrammo. Non sembra questo il caso dei campioni del marciatore azzurro, che mostrerebbero una concentrazione di Dna di Schwazer centinaia e migliaia di volte superiore. La spiegazione per questi valori sembra una sola, qualcuno ha messo mano sulle provette, di conseguenza, con un ragionamento logico deduttivo che piacerebbe molto ai vari Poirot, Sherlock Holmes e Miss Marple, le urine sono state manipolate. La perizia del colonnello Lago, incaricato di scoprire la verità a due anni di distanza, verrà depositata a settembre. Nel frattempo a sostenere le indiscrezioni di Sanvito sono le dichiarazioni del legale di Schwazer, l’avvocato Gerhard Brandstaetter: “I nostri periti di parte ci dicono che ci sono anomalie pesanti sulle urine di Alex Schwazer. Siamo convinti e sicuri che manipolazioni ci siano state e speriamo che si possano provare, visto che quello che è stato fatto è stato fatto in modo scientifico. Non conosciamo però l’esito delle perizie ordinate dal giudice”. La sola cosa da fare al momento è attendere, ma la sensazione è che il lieto fine sarebbe solo un falso positivo. Schwazer ha dovuto rinunciare a Rio, ha visto di nuovo il suo nome associato al doping e ha già abbandonato la marcia.

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Giulia Cannarella
Giornalista pubblicista, collaboratrice per Runner's World Italia. In precedenza redattrice per Agr-agenzia giornalistica radiotelevisiva e collaboratrice per la Gazzetta dello Sport inserto Milano-Lombardia

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