Vincere la maratona alle Olimpiadi rappresenta il punto più alto dello sport mondiale. Farlo in Grecia, poi, significa coronare il sogno di ogni podista e Stefano Baldini ci è riuscito

La vittoria della maratona di Atene (Fonte: Twitter)

Vincere una medaglia olimpica è, ovviamente, un traguardo al quale ogni atleta, di qualsiasi disciplina, aspira. Nuotatori, ciclisti, pugili: tutti sognano di poter salire, un giorno, sul podio ai Giochi. Una medaglia olimpica, dopo tutto, è il più alto obiettivo raggiungibile praticamente in qualsiasi disciplina. Ce ne sono alcune, però, che hanno un sapore particolare, una nello specifico: la maratona. Sì, perché questa gara ha un ruolo non da poco nell’economia dell’Olimpiade poiché fa da ponte tra il mondo contemporaneo e la cultura nella quale i Giochi affondano la loro tradizione, quella della Grecia antica. Per questo motivo, ad Atene 1896 si decise di ideare questa gara che ha lo scopo di ricordare la corsa di Filippide da Maratona ad Atene. Al messaggero, infatti, venne assegnato il compito di correre fino all’attuale capitale greca per annunciare la vittoria sui persiani: secondo la leggenda, una volta giunto in città, avrebbe pronunciato la frase “abbiamo vinto”, prima di morire per lo sforzo appena compiuto. È chiaro quindi che questa gara non può non avere una marcia in più rispetto alle altre. Ad aggiungere ulteriore fascino alla maratona olimpica ci hanno pensato, negli anni, imprese epiche e avvenimento a dir poco impensabile: come a Londra nel 1908 quando, sotto gli occhi attenti dell’inviato del Daily Mail Sir Arthur Conan Doyle, Dorando Pietri vinse la gara, ma venne squalificato perché fu aiutato a rialzarsi, dopo una caduta a pochi metri dal traguardo, da un giudice. Come dimenticare poi la gara di Atene 2004, la prima in terra ellenica dal 1896. Fu una corsa incredibile, nella quale furono protagonisti tre fantastici atleti, uno stadio meraviglioso e un teologo irlandese.

Stefano Baldini: il primo a entrare nel tempio dello sport

Lo stadio Panathinaiko rappresenta il vero e proprio tempio dello sport: costruito nel 560 avanti Cristo, è stato riscoperto nella seconda metà dell’Ottocento e utilizzato per le prime Olimpiadi moderne. Nel 2004, proprio in questo luogo, Stefano Baldini ha vinto la medaglia d’oro olimpica nella maratona.

La gara, quel 29 agosto, vede il brasiliano de Lima andare in fuga. L’atleta sudamericano riesce  subito a mettere tutti in riga: il keniota Paul Tergat, lo statunitense Mebrahtom Keflezighi e lo stesso Baldini sono infatti costretti a rincorrerlo per tutta la prima parte di gara. All’inseguimento di de Lima, dopo che Tergat inizia ad avvertire la fatica, rimangono però solo l’americano e l’atleta azzurro. Nonostante il vantaggio del brasiliano sia di 46 secondi al 30°km, i due non mollano: una scelta saggia, dato che lo stesso de Lima comincia a perdere terreno. Al 35°km, infatti, il suo distacco si è ridotto a 28 secondi e i suoi due avversari lo puntano con decisione.

A questo punto avviene l’imponderabile: dal pubblico che sta assistendo con entusiasmo alla gara, salta fuori Cornelius Horan. Quello che si rivelerà poi essere un prete irlandese con una serie di precedenti in “invasioni di campo” (come nel caso del GP di F1 di Gran Bretagna del 2003, ndr) corre verso de Lima e lo atterra. Anche grazie all’aiuto di un corpulento spettatore, il brasiliano riesce a riprendere la gara, mentre Horan viene arrestato dalla polizia greca. Il ritmo del sudamericano, però, non è più lo stesso e Stefano Baldini, che non ha mollato un attimo per tutta la gara, riesce a raggiungerlo e a superarlo. Poco dopo, anche Keflezighi passa de Lima e i tre, in questo ordine, conquistano le tre medaglie della maratona maschile.

Baldini oggi (Twitter)

L’ingresso di Baldini al Panathinaiko è fisso nella memoria dei tifosi italiani. Si tratta di una di quelle immagini che passano continuamente in televisione, che si trovano dappertutto su internet e che saltano fuori ogni volta che si parla di sport azzurro. Un po’ come l’esultanza di Tardelli nel 1982 o quella di Grosso nel 2006 oppure ancora come la vittoria di Pantani al Tour 1998. Non si possono cancellare quei momenti dalla mente di nessuno. Lo stesso Baldini, pochi giorni dopo la grande vittoria, spiegò a La Gazzetta dello Sport che il momento dell’ingresso nello stadio era stato per lui come un sogno: “Quello stadio è una favola – disse – e ci sono entrato per primo…in due ore e poco più ho messo tutta la mia vita. Una cosa così non la potrò mai dimenticare, quando ci penso mi viene ancora la pelle d’ oca”. Quando si ripensa a quella gara la pelle d’oca, lo sanno bene tutti gli appassionati di sport italiani, non viene solo a lui…

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Federico Sanzovo
Neolaureato e aspirante giornalista, scrivo su carta dal 2008. Sono tra i fondatori di Azzurri di Gloria. Mi occupo di blogging, web writing e social media managing. Amo il web, ma il profumo della carta stampata...

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