Il 2018 di Elia Viviani somiglia ad una favola incredibile. Da reietto del team Sky, l’azzurro sta diventando uno degli atleti di punta del movimento italiano ed una delle rivelazioni della stagione in corso.

Elia Viviani (fonte outdoorblog)

VIVIANI NO LIMITS

Dalla strada alla pista. Elia Viviani non fa differenze tra la tipologia di attrezzi ed il contesto. L’importante è pedalare, accelerare, sprintare, infilarsi tra gli avversari, vincere. Poco conta che sia la gara dell’omnium in un’Olimpiade o una volata al Giro d’Italia. La naturalezza con cui il veronese riesce a coniugare perfettamente due discipline apparentemente diverse da loro la dice lunga sulla sua duttilità. Certo, il ciclismo moderno sta proponendo in maniera prepotente interpreti capaci di passare dall’una all’altra disciplina. Il vincitore dell’ultimo Tour de France, Geraint Thomas, ha un background da pistard, plurivincitore anche ai Giochi Olimpici. Dunque, eccellere in un ambito non precluda la possibilità di imporsi anche altrove. Tuttavia, l’unicità di Elia sta nel saper competere ad altissimi livelli su strada e pista nello stesso anno, sostenendo carichi di lavoro e preparazioni ad hoc particolarmente esigenti ed impegnativi. Nessuno, recentemente, era riuscito a disputare una stagione da protagonista in due discipline diverse. Serviva un campione olimpico per sfatare questo tabù. E se Rio 2016 era stata la molla decisiva per convincere il mondo delle incredibili doti del veronese, questa annata diventa la certezza della bontà di tante decisioni. Prima su tutte, l’addio al team Sky. Sembrava un tuffo nel vuoto, nonostante la qualità assicurata dalla Quick-Step Floors. In molti si sono chiesti se l’azzurro sarebbe stato in grado di non far rimpiangere un fuoriclasse come Marcel Kittel. Il bilancio dell’annata attuale è una risposta inequivocabile a favore di Elia.

UN 2018 DA URLO

Chissà se dietro i successi degli ultimi mesi c’è quel pianto stizzito al termine della Gand-Wevelgem. Doveva essere la corsa giusta per sbloccarsi a livello internazionale, cogliendo un successo in una classica. Ed invece Viviani si era dovuto inchinare a Peter Sagan. Aveva mandato giù a stento il boccone amaro, piangendo come un bambino. Non ha avuto timore a mostrare la sua delusione. Da quella batosta, però, qualcosa è cambiato. Elia ha iniziato a vincere e convincere. Ecco la Maglia Ciclamino, simbolo della classifica a punti al Giro d’Italia 2018. Ecco il titolo italiano in linea. Ed ora ecco il titolo europeo su pista nel quartetto con Filippo Ganna, Francesco Lamon e Michele Scartezzini. Il tutto con naturalezza e semplicità, con la consapevolezza di essere realmente il più forte. E persino l’argento nell’omnium ha un sapore diverso. Non è una sconfitta, ma un risultato di prestigio, che celebra la capacità di stare su altissimi livelli per un anno intero facendo combaciare attività differenti. E chissà se, a questo punto, non balzi in testa ad Elia di inventarsi una doppietta tra strada e pista, magari unendo i due iridi. Impresa difficile, quasi impossibile. Non per Viviani.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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