Nella giornata di ieri, a Verona, si è concluso il Giro d’Italia 2019, vinto con merito da Richard Carapaz grazie a una Movistar strepitosa: il bilancio finale sulla corsa rosa, e su un percorso che non ha convinto.
GIRO 2019: LODI A CARAPAZ, NIBALI STOICO E ROGLIC SULLA DIFENSIVA. IL BILANCIO DEI BIG
Partiamo da un presupposto: il Giro 2019 probabilmente ha perso il suo vincitore designato dopo poche tappe, perchè Tom Dumoulin sembrava e probabilmente era perfetto per questo tipo di percorso. A quel punto, è uscita una corsa a tappe differente, che ha premiato il capitano della squadra più forte: tutti si aspettavano Mikel Landa come #1 della Movistar, ma lo spagnolo era stato inserito nella squadra per il Giro in extremis, dopo l’infortunio di Valverde, e dunque non dava enormi garanzie fisiche. È stato invece il migliore in salita, e senza quelle due cronometro disastrose si sarebbe giocato qualcosa in più di quel podio sfumato per 8”: a quel punto, dopo le crono e quei 4′ persi, ha fatto da supporto al grande protagonista di questo Giro d’Italia. Richard Carapaz era reduce dal 4° posto del 2018, eppure nessuno l’ha considerato: sembrava spacciato dopo le crono, è rientrato in classifica tra Lago Serrù e Courmayeur, col coraggioso attacco nella tappa valdostana e quel tempo guadagnato su Roglic e Nibali. A quel punto, il sottovalutato (Nibali l’ha ammesso) Carapaz ha potuto gestire la corsa con la squadra più forte: un giusto mix tra passisti e scalatori ha consentito alla Movistar di non rischiare il minimo ribaltone e mostrare tutte le proprie abilità tattiche, la grande condizione di Landa e Carapaz ha fatto il resto. Richard ha potuto perdere serenamente 50” ieri, perchè il Giro era già suo: nella fattispecie, era già suo da martedì, da quando aveva corso splendidamente nella tappa ”mutilata” dopo l’annullamento del Gavia. Carapaz ha vinto meritatamente con 1’05” su Nibali e 2’30” su Roglic, diventando il secondo sudamericano (dopo Quintana) a trionfare al Giro.
Non è un carneade, e lo dimostrerà negli anni a venire: sta per firmare con Ineos, che gli decuplicherà l’ingaggio (da 150mila euro a 1.5mln) e punterà su di lui. Ironia della sorte, Movistar perderà anche Landa (Bahrain) e Quintana (Arkea-Samsic), ripartendo dai giovani: ripartirà altrove anche il grande sconfitto del Giro, dato che Vincenzo Nibali sta firmando con Trek-Segafredo. Il Giro di Vincenzo Nibali è tutt’altro che negativo: ha provato l’attacco a Como e nella tappa conclusiva, ma Carapaz si è difeso. Di fatto, ha perso proprio perchè ha sottovalutato l’avversario, ma le sue prestazioni a 35 anni sono degne di nota, viste anche le ottime cronometro, e ora lo attende un Tour da attaccante per provare a vincere la maglia a pois. E Roglic? Lo sloveno è apparso tanto in controllo del Giro nelle prime tappe, quanto in difficoltà nella terza settimana: come Nibali ha perso ”tatticamente” marcando un solo avversario e facendo rientrare gli altri, ma il calo della terza settimana non è dovuto alla resistenza. Il suo ds ha ammesso tra i denti che Primoz ha sofferto di seri problemi intestinali nel secondo e ultimo giorno di riposo, e ha corso sulla difensiva/senza energie da lì in poi: Roglic l’ha confermato, definendo la difesa del terzo posto ”un miracolo” e il finale del Giro (compresa la giornata-no a Como) un calvario. È vero che probabilmente lo sloveno ha iniziato ad andare forte troppo presto ed era al 110% al Romandia per poi calare, ma si spiega con questi problemi fisici il suo tracollo, che gli ha impedito anche di fare una bella cronometro ieri: podio meritato per Primoz, beffa per Landa e ottimo Giro per Mollema, che ha chiuso 5° sfatando i pronostici negativi. Chi invece ha deluso, oltre a un disastroso Yates, è Lopez: da un lato è stato bersagliato dalla sfortuna con le forature, i problemi meccanici e la stupidità di quel tifoso che l’ha fatto cadere sabato, dall’altro ha mostrato la sua inadeguatezza tattica. Almeno tre volte ha mandato avanti la squadra a tirare per poi staccarsi proprio mentre i suoi facevano il ritmo: deve crescere, oppure sprofonderà nell’anonimato. Lo archiviamo tra le delusioni, alla pari di quell’Elia Viviani che esce con le ossa rotte dal Giro ed è stato probabilmente l’italiano più deludente, soccombendo al dominio di Ackermann (maglia ciclamino, con merito) e Demare.
GIRO 2019: LA RINASCITA DEGLI ITALIANI, LE PERPLESSITÀ SUL PERCORSO
Oltre che il Giro di Carapaz, è stato il Giro degli italiani. Cinque vittorie di tappa per i corridori nostrani, coi successi di Masnada, Benedetti, Cataldo, Ciccone e Cima: Ciccone ha dominato la classifica degli scalatori e disputato un Giro sontuoso, candidandosi a diventare un ottimo uomo da corse a tappe in futuro, Cattaneo, Masnada e Cima (non dimenticando Frapporti) hanno incendiato la corsa con le fughe, scandendo la corsa rosa coi loro attacchi. Ottimo in particolare il Giro di Fausto, che si conferma un grande corridore ed è anche entrato nella top-20 del Giro mostrando un’ottima resistenza in salita. E no, non ci siamo dimenticati di Valerio Conti: ha vestito la maglia rosa per sei giorni e si è poi arreso a un nodulo ”da sella”, ritirandosi anzitempo. Il suo Giro resta ottimo, così come resta ottimo il Giro azzurro: abbiamo messo in mostra gregari, attaccanti, futuri uomini di classifica e giovani davvero interessanti, con l’Androni sugli scudi. L’Italia s’è desta, e l’ha fatto in un Giro che è stato criticato da più parti.
E criticato giustamente, visto come si è rivelato il percorso. Dopo le prime dieci tappe avevamo difeso il percorso, sperando nella seconda e terza settimana, ma la verità è che questo Giro ”costruito a misura di Dumoulin” si è rivelato poco selettivo ed estremamente deludente. Come ha detto più volte l’amico Riccardo Magrini, ”sono i corridori a fare il percorso”, ma al disinteresse degli uomini di classifica per le tappe (9 fughe all’arrivo su 18) si è sommato un tracciato poco impegnativo, che ha fatto ricredere tutti. Di fatto, le tappe davvero selettive sono state le crono del San Luca e di San Marino, quella con arrivo al Lago Serrù e (a sorpresa) Courmayeur, per il resto tanta tattica e poche reali opportunità per fare il vuoto o infliggere grandi distacchi. Chi si aspettava una terza settimana scoppiettante, si è ben presto arreso: Ponte di Legno ha mosso ben poco la classifica, col Mortirolo a 30km dall’arrivo e l’assenza del Gavia, e lo stesso vale per San Martino di Castrozza e Anterselva. Nell’arrivo in salita di sabato, di fatto, la grande notizia è stato il crollo di Roglic, ma per il resto abbiamo assistito all’arrivo in parata dei big e dei superstiti della fuga. Dal punto di vista del percorso, è stato il Giro più deludente degli Anni Duemila. La speranza è che nel 2020, con la grande partenza a Budapest (le voci parlano di cronoscalata verso la città alta, volata e tappa insidiosa sul Lago Balaton), il ritorno al Sud e il probabile Zoncolan, si possa avere un percorso molto più duro e selettivo. Perchè gli appassionati si meritano di sussultare in ogni tappa, e di non assistere a lunghe fasi di studio tra i big senza reali possibilità di incidere.
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