È il 1944, l’Italia è divisa in due con il sud controllato dagli Alleati e il nord ancora in mano ai nazifascisti che cercano di difendere la linea Gustav e devono rispondere agli attacchi delle forze partigiane. In questo clima, sotto ai bombardamenti degli angloamericani, viene organizzato un torneo di calcio, denominato Campionato Alta Italia. Verrà vinto da una squadra inaspettata. La sua storia è diventata uno spettacolo scritto da Gianfelice Facchetti e Marco Ciriello e interpretato dallo stesso Facchetti e dall’Ottavo Richter Trio.
“L’idea di realizzare uno spettacolo su questa storia mi è venuta leggendo il libro di Armando Napoletano, Un giorno di allarmi aerei, nel quale il giornalista del Secolo XIX ha raccolto le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti di questa incredibile vicenda”. Gianfelice Facchetti racconta così di come ha deciso di realizzare lo spettacolo teatrale Eravamo quasi in cielo, nel quale ripercorre quel campionato vestendo i panni dell’allenatore della squadra che poi avrebbe trionfato, lo Spezia guidato da Ottavio Barbieri.
Il campionato dei pompieri
Il Campionato Alta Italia viene istituito come unico torneo della Repubblica Sociale Italiana, stato fantoccio della Germania nazista, e raccoglie squadre di diverse categorie. Tra queste vi è lo Spezia ma, per esentare i suoi giocatori dal servizio militare, la squadra viene presentata come compagine dei vigili del fuoco, mentre il Torino di Mazzola e Piola aveva deciso, in accordo con la FIAT, di assumere i calciatori nell’azienda della città della Mole.
Le vicende che i “pompieri” spezini si trovano ad affrontare nei mesi nei quali si svolge il campionato sono tante, soprattutto nella loro città, vittima di moltissimi bombardamenti: “La Spezia era un obiettivo importante per gli Alleati, poiché il suo arsenale riforniva le truppe della RSI”, spiega Gianfelice Facchetti. Spesso infatti le partite vengono interrotte per ore proprio per consentire ai giocatori e ai (pochi) spettatori, di ripararsi nei rifugi.
I giocatori dello Spezia, che prima dell’interruzione dei campionati militavano in Serie B, a sorpresa inanellano una vittoria dopo l’altra e arrivano fino alle finali, anche grazie agli sviluppi del conflitto. Il 18 maggio 1944, infatti, la linea Gustav viene sfondata dagli Alleati e alcune compagini dell’Italia centrale sono costrette a dare forfait e i vigili del fuoco spezzini arrivano fino alla finale, nella quale devono affrontare la squadra più forte del tempo: il Torino guidato da Pozzo in panchina e da Piola e Mazzola in campo.
La vittoria di Davide contro Golia
“Vittorio Pozzo entrò negli spogliatoi dello Spezia – racconta Facchetti – e ricordò ai pompieri liguri che la sua squadra era abituata a battere qualsiasi avversario per tre o quattro gol di scarto”. Il campo però racconta un’altra storia, e gli uomini guidati da Barbieri riescono a sconfiggere i più blasonati avversari per 2-1: “Loro viaggiavano in un torpedone FIAT coperto, lo Spezia usava un vecchio camion dei pompieri che esponeva i giocatori alle intemperie – sottolinea ancora Facchetti – inoltre quel Torino era l’unica squadra che riusciva a richiamare il pubblico allo stadio. Anche sotto i bombardamenti”.
Insomma, una storia a lieto fine. O quasi: pochi giorni dopo la vittoria del campionato con un comunicato, la FIGC decreta che quello appena concluso non sarebbe stato considerato come un vero e proprio torneo, equiparabile quindi ai campionati giocati fino alla stagione 1942/43, ma un torneo di guerra. Solamente nel 2002 lo Spezia avrebbe ricevuto un titolo onorifico che riconoscesse quella vittoria.
Il lavoro di ricostruzione e…la trovata delle figurine
Eravamo quasi in cielo è stato scritto da Gianfelice Facchetti e Marco Ciriello attingendo, oltre che dal libro di Napoletano, anche da altre importanti fonti: “Mi hanno aiutato, oltre al giornalista del Secolo XIX, anche alcune persone della città di La Spezia, il fratello di uno dei giocatori è ancora vivo e mi ha dato una mano con i suoi racconti, ma pure nella caserma dei vigili del fuoco abbiamo trovato fonti preziose”.
Durante lo spettacolo, inoltre, viene dato a ciascuno spettatore un album con dodici spazi vuoti e altrettante figurine, che rappresentano alcuni dei protagonisti citati nella pièce: “Bisogna fare una premessa – precisa Facchetti – io sono un malato di figurine, sono un collezionista e quindi dato che mi piace a teatro poter dare a chi non conosce la storia uno strumento per poter seguire la rappresentazione, evitando le solite proiezioni di video. Insieme a un amico che lavora nel settore delle figurine abbiamo creato questo piccolo album, una sorta di libretto d’opera iconografico che ha il potere di portare lo spettatore nel mondo che viene rappresentato sul palco”.
Un’idea sicuramente originale, che permette di immergersi completamente nel racconto di una storia sportiva poco conosciuta, ma assai interessante.
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