Giorgia Bordignon, vicecampionessa olimpica nel sollevamento pesi, categoria fino a 64 kg, si racconta ai nostri microfoni.
Come si è avvicinata al mondo del sollevamento pesi?
Mi ci sono avvicinata per sbaglio. In quel periodo frequentavo il conservatorio ma non riuscivo a portarlo a termine. Mia madre mi iscrisse in palestra e da lì iniziò tutto.
Quali sono, secondo lei, i motivi per cui i giovani dovrebbero avvicinarsi al suo sport e praticarlo con costanza?
E’ uno sport che non fa diventare uomo e non ti fa restare basso, contrariamente a quanto si dice molte volte. E’ uno sport completo che ti porta a superare i tuoi limiti. Alla fine si tratta di una sfida continua con te stesso.
Quanto può dare, in termini di risultati, il sollevamento pesi al mondo dello sport italiano?
Negli ultimi anni i risultati sono decisamente migliorati, l’Italia ha conquistato più medaglie e gli atleti sono riusciti a sollevare più chili rispetto al passato. Poi sono anche cambiati i metodi di allenamento che hanno, tra l’altro, messo l’atleta in sé e per sé al centro del progetto tecnico. Inoltre penso che la combinazione del talento alla disciplina propria di un’atleta non possa che portare a risultati di livello. Comunque, penso che questo discorso possa essere esteso allo sport in generale.
Quali sono i ricordi più forti della gara di Tokyo?
In realtà ricordo con piacere tutta la gara, non solo un momento isolato. E’ stata una gara che mi sono goduta. Sono riuscita a godermi ogni alzata e, ovviamente, anche il risultato finale.
Come è stato l’avvicinamento all’Olimpiade di Tokyo? Cosa pensava prima della gara quando era già a Tokyo?
E’ stata un’Olimpiade particolare. Purtroppo, a causa del Covid, non si è potuto vivere appieno l’atmosfera olimpica. Personalmente prima di una gara olimpica mi vivo il momento, anche perché è tutto molto diverso rispetto ad una gara dell’Europeo o del Mondiale. A Tokyo mi sono goduta il villaggio e il campo di gara, anche perché non potevamo uscire dal villaggio. Prima della gara, invece, ero totalmente focalizzata sulla competizione che avrei affrontato.
Ha cambiato qualcosa nella preparazione tecnica per Tokyo 2020 rispetto a Rio 2016 giacché è passata di categoria da un’Olimpiade all’altra?
Oltre alla categoria ho cambiato l’allenatore. Quest’ultimo è stato capace di tirare fuori di più da me. Si tratta comunque dell’allenatore della nazionale italiana, che si occupa anche dei ragazzi della nazionale.
Come si fa a conciliare l’esplosività atletica e la forza del gesto con l’aspetto mentale durante una gara?
L’unico pensiero è di mettere le mani sul bilanciere e fare l’alzata. In realtà non c’è un pensiero specifico. Noi ci alleniamo costantemente sul gesto tecnico e la sua attivazione è automatica.
Chi è stato per lei fonte d’ispirazione nel suo percorso sportivo?
Di preciso non c’è nessuno poiché alla base di tutto, per me, c’è sempre stata la grandissima voglia di battermi sportivamente ogni volta. Sicuramente molti stimoli sono provenuti dal gruppo squadra che, oggi come ieri, è sempre stato molto unito. All’interno del gruppo c’era voglia di confrontarsi tra di noi. In sostanza, c’è la continua voglia di allenarsi ogni giorno per migliorare.
Cosa ha pensato quando si vociferava che il sollevamento pesi poteva rimanere fuori dal programma olimpico di Parigi 2024?
Ci sono state percezioni contrastanti, da una parte mi sarebbe spiaciuto molto. In fin dei conti il sollevamento pesi è una disciplina antica, nata con le Olimpiadi. Dall’altra era una spinta molto forte a gareggiare, e bene, a Tokyo, per togliere in maniera netta quello che c’era di sporco in questa disciplina.
Ha finalmente sciolto le riserve sul suo futuro sportivo o sta ancora meditando?
No, mi sono data tempo fino alla fine dell’anno e poi ci penserò.