Le storie olimpiche sono un insieme di vittorie e sconfitte, di gioie e dolori, di vette raggiunte e di clamorose cadute.
E ci fu un uomo in particolare capace di raggiungere la cima dell’Olimpo dopo immense fatiche e di essere spinto nuovamente a valle in un battito di ciglia.
Dorando Pietri fu un corridore emiliano, in attività nei primi anni del novecento. Nel 1908 venne chiamato a rappresentare i colori azzurri nella corsa podistica più prestigiosa del mondo: la maratona olimpica.
In quel caldo 24 luglio londinese, si celebrarono due prime volte: quella in cui la distanza della gara fu portata agli attuali 42.195 km e quella in cui l’atleta vincitore arrivò, a corsa conclusa, ultimo.
La maratona, a cui presero parte solamente non professionisti, iniziò a un ritmo frenetico che sfiancò ben presto molti partecipanti.
Il nostro Dorando, dopo una grande rimonta, staccò gli avversari ed entrò al White City Stadium per gli ultimi 400 metri con quasi 10 minuti di vantaggio sul secondo, ma arrivato a quel punto il buio lo travolse.
Il carpigiano iniziò a correre dalla parte sbagliata, si rimise sulla strada giusta ma cadde immediatamente a terra. Aiutato da medici e giudici riuscì, al termine di un’autentica via crucis, a tagliare il traguardo, cadendo altre quattro volte prima dell’arrivo.
Il secondo classificato, lo statunitense Johnny Hayes, presentò subito ricorso per l’accaduto e la giuria assegnò a lui il primato, declassando Pietri all’ultimo posto.
I due contendenti, passati immediatamente al professionismo al termine dei Giochi inglesi, si sfidarono successivamente in altre due occasioni, che videro sempre prevalere l’azzurro.
La storia di Dorando rimase impressa nella memoria degli sportivi di tutto il mondo, che ancora oggi considerano sua la vittoria in quell’afoso giorno di luglio di oltre 100 anni fa.
La vicenda ispirò anche canzoni, spettacoli teatrali e miniserie televisive.
A noi italiani soprattutto piace ricordare Dorando come il primo eroe sportivo italiano e come primo vero vincitore di una maratona olimpica per i nostri colori, anche se l’Italia avrebbe dovuto aspettare altri ottant’anni per conquistare il suo primo oro “reale” in questa specialità ai Giochi, grazie all’indimenticabile successo di Gelindo Bordin a Seul.