È il volto della giovane Italia del volley maschile, arrembante e decisa a ritagliarsi un momento di gloria alle Olimpiadi di Rio 2016. Si tratta di Luca Vettori, talentuoso opposto, classe 1991, nativo di Parma. Freddo e preciso in campo, ha nel suo bagaglio tecnico colpi da vero campione, nonostante la giovane età. Gli appassionati della Superlega lo conoscono bene per le grandi vittorie prima con il Copra Elior Piacenza e quindi con la DHL Modena. Il palmares recita già 3 Coppe Italia (1 con i Lupi biancorossi e 2 con i Gialli), una Supercoppa italiana (vinta con la squadra di Lorenzetti) ed una Challenge Cup al debutto con la formazione piacentina. Il “Vetto”, come è soprannominato dai tifosi, ha concesso gentilmente un’intervista ad Azzurri di Gloria nel corso della quale ha raccontato il suo rapporto con le Olimpiadi e le sue previsioni per Rio 2016. Il campione di Modena precisa subito: “Non è ancora certa la mia presenza in Brasile perché è un gruppo molto ampio e le convocazioni si faranno solo a tempo debito. Prima c’è prima la World League e tutto il lavoro da fare in nazionale a giugno e luglio e poi a seconda di come staremo e di quale sarà il rendimento personale verranno fatte le scelte dell’allenatore”.
A proposito di Olimpiadi, quali sono i Suoi ricordi sulle edizioni precedenti?
“Sicuramente la cosa più bella è che si tratta di una manifestazione che non è dedicata solamente ad uno sport, per cui si è quasi ospiti di altre discipline più seguite. Mi riferisco all’atletica e a tutti gli altri ambiti, che magari sfuggono durante l’anno ma hanno un ruolo da protagonista all’interno di questo evento. Ho dei ricordi soprattutto nel conteggio delle medaglie per la nazionale italiana, con le sue squadre. È un ricordo molto caldo e non così lontano anche perché da piccolissimo non seguivo molto lo sport e solo recentemente mi sono appassionato di più”.
Nei Giochi olimpici precedenti, c’è stato qualche atleta che L’ha colpito particolarmente?
“Le gare più affascinanti sono quelle del nuoto, della scherma, della corsa. Preferisco gli sport individuali anche se tutto sommato è qualcosa di collettivo e quindi si guarda più all’Italia e a quello che si sta facendo insieme. Non saprei fare nomi, ricordo benissimo una gara di Yuri Chechi perché mi è rimasta particolarmente impressa nella mente”.
Parliamo della Sua carriera. Lei ha debuttato a Piacenza ma quando si è trasferito a Modena nell’estate 2014 ha dato l’impressione di essere cresciuto ulteriormente. I recenti MVP in Supercoppa e Coppa Italia lo hanno ribadito. Si aspettava questi risultati? Il gioco spumeggiante di Modena è stato determinante in questo processo di crescita?
“Credo che comunque a Piacenza avessi 21-22 anni ed il mio percorso di crescita non lo ritenevo finito, anzi, sarebbe stato molto stupido. Quindi ho sempre cercato di progredire e di lavorare sempre meglio sia sulla tecnica sia sulla testa che è fondamentale nello sport. Arrivando qui l’anno scorso ho iniziato bene ma non stupendamente come è stato quest’anno. Per cui, pian piano con maggiore consapevolezza e sostegno da parte di tutti, sono riuscito a trovare questa squadra che è carismatica dal punto di vista offensivo, aggressiva dal punto di vista di tutti i fondamentali, ma c’è anche un gruppo molto unito, un nucleo che incoraggia ed ha aiutato uno spirito più solitario come me”.
Lei a Modena sta giocando con tre atleti che potrebbe ritrovarsi sul cammino verso le medaglie a Rio: si tratta di Earvin N’Gapeth con la Francia e Bruninho e Lucas con il Brasile. Ogni tanto affrontate il discorso Olimpiadi?
“Per ora prendiamo solo in giro N’Gapeth perché ancora non si è qualificato e ancora dovrà fare le qualificazioni in Giappone per andare a Rio, Russia permettendo. Ci scherziamo sopra ma onestamente la Nazionale è un discorso ancora molto lontano sia per l’intensità del campionato sia per l’importanza di questo momento con i playoff”.
E, qualora anche la Francia dovesse qualificarsi, sarebbero più pericolosi i transalpini o i brasiliani padroni di casa?
“Sono due squadre decisamente temibili: ovviamente il Brasile fa molta paura per il pubblico oltre che per la squadra con la potenza e l’esperienza che ha acquisito. La Francia dal punto di vista della squadra è molto più vicina a noi. Sarebbe uno scontro giocato punto a punto, tra il fattore campo e le mentalità. Quindi credo che il Brasile abbia una marcia in più proprio grazie al luogo”.
Le faccio una domanda piuttosto insidiosa: guardando la squadra sulla carta, dove può arrivare la Nazionale italiana a Rio?
“Dobbiamo pensare ad arrivare prima di tutto in semifinale e non sarà affatto semplice con i gironi che andranno ad incastrarsi. Quindi dobbiamo mirare al podio, un obiettivo decisamente ambizioso, visto che le squadra candidate per la vittoria sono davvero tante. Sia le formazioni europee sia quelle internazionali hanno qualcosa da dire. C’è da stare attenti partita dopo partita e non credo si possano fare particolari letture, che adesso sarebbero troppo anticipate. Penso che il Brasile avrà qualcosa in più, come ho detto prima, per via del fattore campo”.
Guardando ai risultati, la Nazionale italiana ha dato l’impressione di essere sempre competitiva ma di non riuscire a farsi trovare pronta nelle partite più importanti. Secondo Lei, cosa manca a questa squadra per fare un salto di qualità definitivo?
“Probabilmente mancavano tutte queste occasioni perdute che adesso abbiamo raccolto negli anni. Questo gruppo è nato dalle ultime Olimpiadi e forse prima. Ci siamo trovati un po’ frastornati nei momenti di difficoltà decisivi ma, una volta imparati da questi, si fa esperienza. Speriamo che, qualora capiti un momento difficile, si sia più pronti a dimostrare di essere una squadra fortissima”.
E Lei come vive le partite con l’Italia. Quella maglia è un peso per via delle grandi responsabilità, è un motivo d’orgoglio o semplicemente non le crea problemi?
“Dipende molto sia dalla manifestazione sia dalle partite, se sono in casa o in trasferta. Indubbiamente c’è una pressione maggiore ed amplificata a 360° in tutto il paese. Quindi non c’è soltanto la provincia come nel campionato dei club ma c’è anche un’onda di risonanza più grande. Soprattutto credo ci sia anche l’occhio delle società, di altre nazioni e di altri giocatori, che sono lì e ti sfidano. C’è anche il ritrovarsi con amici con cui si gioca durante la stagione; c’è una sorta di bellezza in questa rivalità positiva che si può verificare soltanto in Nazionale”.
Ultima domanda: come si immagina la Sua prima Olimpiade?
“Ancora non me la immagino e sarò decisamente un po’ frastornato all’inizio e incuriosito da tutta questo sport presente in una sola città. Spero prima di tutto di potervi andare e di dare più spettacolo possibile in uno palazzetto in cui abbiamo già giocato la scorsa estate. Speriamo di dare il massimo e di fare il meglio”.
Magari meglio arrivarci con uno scudetto sul petto?
“Eh il troppo stroppia… Quindi meglio fare un passo alla volta: prima di tutto dedichiamoci al campionato e in secondo tempo si penserà alla Nazionale”.