Durante il weekend abbiamo intervistato Samuel Costa, atleta della Val Gardena che, grazie ai due podi di Seefeld, è stato il miglior azzurro nella stagione della combinata nordica: ecco le sue parole ai nostri microfoni, nell’intervista che abbiamo mandato in onda durante ”Minuti di Gloria”.

Fonte foto: sportface.it

I DUE PODI DI SEEFELD, I MONDIALI E IL CALO NEL FINALE: L’OPINIONE DI SAMUEL COSTA SULLA SUA STAGIONE

Ciao Samuel, partiamo dalla stagione che si è appena conclusa: sei soddisfatto dei tuoi risultati (due podi individuali a Seefeld e uno nella sprint a coppie con Pittin, ndr), e in cosa pensi di poter migliorare nella stagione olimpica?

”Diciamo che è stata una stagione molto positiva, sono riuscito a migliorarmi dall’anno scorso sia nel salto che nel fondo, e pur avendo avuto alcuni alti e bassi, sono andato molto bene. Per il prossimo anno dovrò cercare più stabilità nel salto, una cosa che è fondamentale per riuscire a star davanti e competere stabilmente per il podio, anche perchè partendo davanti la gara diventa tutta diversa. Riesci a gestirti molto meglio senza lo stress di dover inseguire, e hai più energie per il finale. Poi, passando al fondo, dovrò migliorare sia nelle salite, che nella tecnica, che nella programmazione dell’allenamento, per dare più qualità e crescere nello sci”.

Cos’hai provato quando hai ottenuto due podi (doppio 3° posto e sale a 4 podi totali, ndr) in due giorni nella Nordic Combined Triple di Seefeld?

”Diciamo che non ho provato nulla di speciale, ero molto sicuro di me e sapevo di saltare sempre meglio, poi ero molto determinato, e questo mi ha aiutato molto nel raggiungere questo risultato. È stata una bella soddisfazione e ho disputato una bella gara, ma non posso dire d’aver provato emozioni particolari, anche perchè dovevo gareggiare nuovamente alla domenica e mi sono trovato a resettare subito tutto e guardare avanti”.

Hai avuto un calo di prestazioni nel finale di stagione: è collegato all’infortunio patito nel salto dell’ultima combinata di Seefeld?

”L’infortunio di Seefeld mi ha condizionato: dopo l’ultimo salto ho sentito una fitta al ginocchio, che si è poi infiammato nella bandelletta ileo-tibiale. Mi sono dovuto fermare per una settimana, riposo assoluto, e poi ho pian piano ripreso l’allenamento, ma lì di fatto ho pregiudicato la programmazione per i Mondiali: non mi sono allenato con la tranquillità di prima, e non sono stato capace a gestire questa situazione di infortunio e preparazione ”condizionata” per un avvenimento così importante”.

Parlando sempre dei Mondiali di Lahti, quanto ci avevate creduto al podio nella staffetta 4x5km? Eravate nel gruppetto con coloro che sono poi arrivati terzi (ma l’Italia ha chiuso 6a, ndr)…

”Dopo il salto eravamo molto scoraggiati e delusi: io avevo trovato condizioni molto difficili col vento, Lukas (Runggaldier, ndr) e Armin (Bauer, ndr) non sono riusciti a saltare come in allenamento, e lì abbiamo perso un po’ di speranze, però abbiamo cercato di dare il massimo nel fondo e ci abbiamo creduto fino alla fine. Eravamo lì lì col gruppetto che si è giocato il podio, poi purtroppo, avendo fatto il primo giro abbastanza forte, grazie al quale abbiamo preso Giappone e Austria che avevano controllato nella prima tornata, mi sono ritrovato stanco quando loro sono partiti, e abbiamo perso la nostra occasione. Tra l’altro, mentalmente è difficile sapere di dover sempre inseguire: se parti davanti, ti risparmi e hai più energie per il finale, mentre noi dovevamo partire sempre a tutta e pagavamo in seguito. Diciamo che quei 4-5 secondi persi da ciascuno di noi nel salto sono stati decisivi per mancare il podio”.

Le tue migliori gare le hai fatte quando sei stato nei primi 6-7 del salto, riuscendo poi a mantenere il ritmo, mentre Pittin ha il suo tallone d’Achille dal trampolino e poi rimonta alla grande nello sci. È così difficile essere forti e consistenti in entrambe le parti della combinata nordica?

”Andare forte in entrambi gli spezzoni è l’obiettivo di tutti, i tedeschi riescono a farlo in maniera perfetta e non a caso dominano la specialità: loro sono molto bravi in entrambe le discipline, e io cercherò di raggiungere un livello alto sia nello sci che nel salto, e crescere ancora. Partire davanti e riuscire a fare una buona frazione nello sci sarebbe ottimo, ed è il mio obiettivo: Alessandro (Pittin, ndr) è invece bravissimo nel fondo, e quindi sta cercando di migliorare nel salto per colmare le sue lacune: nel nostro sport, la cosa più difficile è proprio riuscire a bilanciare le due parti che compongono la gara. Se riesci a farlo, hai automaticamente successo e sei da podio o vittoria finale”.

L’INIZIO DELLA CARRIERA DA COMBINATISTA E LE SPERANZE PER IL 2017-18 E PER PYEONGCHANG: SAMUEL COSTA SI RACCONTA

Torniamo un attimo alle tue origini: perchè hai scelto la combinata nordica?

”Da piccolo, come quasi tutti qui in Val Gardena, ho iniziato a fare sci alpino e freestyle, poi mia sorella ha iniziato a fare la combinata nordica, aggregandosi a un progetto avviato da Romed Moroder qui, e ho iniziato anch’io prima col salto speciale (perchè mi piaceva fare i salti), facendo solo quello fino a 15 anni. Ma il salto è diventato presto troppo monotono, perchè avevo tante energie da spendere e mi mancava lo sci, o comunque qualcosa in cui potevo scatenarmi: ho chiesto a Romed se lui voleva allenarmi per la combinata nordica, ed è stato l’unico ad aiutarmi allora, perchè tutti mi rifiutavano dicendo che iniziare la disciplina a 15-16 anni era impossibile. Invece ce l’ho fatta, e posso dire che sono un combinatista solo grazie a Romed Moroder: senza di lui, avrei seguito un’altra strada, e lo ringrazierò sempre”.

Dando uno sguardo al futuro, che cosa ti aspetti dalla stagione che porterà ai Giochi invernali di Pyeongchang 2018? Sarà la tua seconda Olimpiade, eri già stato convocato per Sochi

”Non ho ricordi bellissimi di Sochi (Samuel andò in Russia a 22 anni, è un classe ’92), ai tempi volevo troppo e pensavo troppo al risultato, cosa che non ha molto senso, perchè trascuravo il fattore delle emozioni e del vivere la gara e l’evento al massimo: i miei obiettivi salgono da anno in anno, e cercherò di riuscire ad arrivare coi primi 10 e fare altri podi. Ovvio che tutti pensiamo a vincere, ma bisogna andare per gradi e crescere pian piano: le Olimpiadi sono un evento molto speciale, e cercherò di migliorare tanti dettagli che alla fine potranno risultare decisivi per farmi fare un altro salto di qualità”.

L’Italia ha saltato l’evento preolimpico che si è tenuto in stagione sulla pista di Pyeongchang: il fatto di non aver provato il tracciato può rappresentare un handicap in ottica-Olimpiadi?

”Io l’ho studiato dalla tv e l’ho visto attraverso un altro punto di vista: ero andato a Sochi l’anno prima dei Giochi e poi le gare non sono andate bene, quindi questa non è una regola fissa. Alla fine l’importante è ”sentire” il trampolino e capire com’è, ma questo si può capire anche parlando con altri atleti, e comunque quando si è in forma e si salta bene, questi diventano dettagli e si riesce a saltare/sciare su ogni pista. Non lo vedo come un grande handicap”.

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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