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La prima pagina della Gazzetta dello Sport dell’epoca, dopo l’oro di Ondina Valla

E pensare che avrebbe potuto vincerla nel 1932 a Los Angeles, quella medaglia, ed entrare ancor di più nella storia dei Giochi e dell’Italia sportiva.

Ma si sa, ai tempi l’ingerenza del Vaticano nelle questioni nazionali era decisamente maggiore rispetto ai giorni nostri, e così l’epopea di Ondina Valla venne bloccata da un ordine dall’alto, di quelli che possono ammazzarti a livello psicologico: ”Sarebbe l’unica donna in mezzo ad un folto gruppo di atleti di sesso maschile: non possiamo mandarla alle Olimpiadi, è sconveniente”.

Detto, fatto, e così la 16enne Trebisonda Valla (nata a Bologna il 20 maggio 1916), chiamata così dal padre per omaggiare quella città turca che l’aveva stregato (gli amici del Bosforo la chiamano Trabzon, da cui il calcistico Trabzonspor), ma già diventata per tutti Ondina in seguito ad un errore di un giornalista ed alla nascita del più classico dei diminutivi (da Trebitonda, a Trebit-ondina, ad Ondina il passo è breve), dovette rimandare il suo debutto olimpico di quattro anni, fino a quel 1936 che la farà entrare nella storia.

Un 1936 nel quale, per sua fortuna, la componente femminile della selezione italiana era decisamente ampia, annullando così quel potere di veto della Chiesa che le aveva impedito di vincere a 16 anni: già perchè, se ora ci scandalizzeremmo per un’atleta olimpica di quell’età, all’epoca il tutto rientrava nella norma, soprattutto quando si parlava di una ragazza che a 13 anni era già tra le migliori d’Italia, ed a 14 vinceva il suo primo titolo nazionale.

La giovane Ondina rientrava infatti perfettamente nel canone dell’enfant prodige, ed aveva una grinta ed una versatilità rare per l’epoca, sommate a delle doti atletiche non indifferenti e ad una statura sopra la media (1,74m per 66 kg): doti che le consentirono di eccellere sin dalla tenera età, instaurando già da allora l’eterno duello nazionale con la conterranea (erano entrambe di Bologna) Claudia Testoni, la sua rivale ed amica di sempre, spesso battuta dalla futura olimpionica (60 vittorie della Valla, 5 ex-aequo e 33 successi della Testoni).

Come avevamo anticipato poc’anzi, i risultati di Ondina le avrebbero permesso di partecipare (e probabilmente vincere) ai Giochi già nel 1932 nella sua specialità, gli 80 ostacoli (anche se la Valla stabilirà svariati record, cimentandosi anche nei 100 piani, nel pentathlon e nei salti in alto ed in lungo), ma la sua apoteosi si avrà nel 1936, quando l’allora 20enne Valla diventerà una delle protagoniste assolute dell’Olimpiade berlinese (proprio l’Olimpiade raccontata da Buffa nella recente intervista ai nostri microfoni, e nel suo spettacolo): l’atleta italiana, eletta dal regime fascista a simbolo della virtù e della gioventù nazionale ed autentica beniamina del popolo italiano, arriverà infatti a Berlino con grande sicurezza nei propri mezzi, e diventerà la prima azzurra a vincere un oro olimpico.

Un grande risultato, quello ottenuto da Ondina Valla, e che già si poteva intravvedere dalla semifinale degli 80 ostacoli del 5 agosto, dominata dalla nostra atleta con lo straordinario tempo di 11”6, che divenne il nuovo record del mondo della specialità (ma, ai giorni nostri, non sarebbe stato omologato per l’eccessivo vento): tutti si aspettavano un ulteriore record in finale, ed invece la Valla vinse col tempo di 11”7 dopo un autentico finale thrilling, nel quale ci volle il fotofinish per convalidare il suo successo, in seguito ad un arrivo a quattro.

Ondina conquistò così l’oro a 20 anni e 78 giorni, diventando la prima campionessa olimpica italiana, e stabilendo un record di precocità per le atlete del nostro Paese, che verrà battuto solo nel 2004 dalla pallanuotista Elena Gigli: un oro che fu il coronamento di un sogno partito da lontano, anzi, da lontanissimo, e pazienza se poi nella 4×100 arrivò solo un quarto posto (una staffetta corsa insieme alla Testoni, già quarta negli 80 ostacoli, alla Bongiovanni ed alla Bullano).

Il mondo intero, infatti, si era innamorato della tecnica della Valla, e della sua capacità di superare gli ostacoli, e la medaglia di Ondina fu subito sfruttata anche dall’Italia fascista, che la trasformò in un simbolo per le giovani italiane e ne ”usò” la popolarità: l’oro nei Giochi di Berlino rappresenterà certamente l’apice nella carriera di Trebisonda ”Ondina” Valla, che però continuerà a gareggiare e mietere record in svariate specialità (da ultima, il getto del peso) fino agli anni ’50, fermandosi solo nell’immediato post-Olimpiade per una fastidiosa spondilosi, che aveva rischiato di pregiudicare per sempre la sua carriera.

Saranno in tutto 18 le sue apparizioni in Nazionale, con un enorme rammarico per quella guerra che le tolse l’opportunità di gareggiare ancora alle Olimpiadi, anche se l’impresa tedesca la renderà eterna nell’immaginario dell’atletica mondiale: sarà proprio la medaglia di Berlino a far tornare alla ribalta l’emiliana, che nel 1978 si vedrà rubare il pregiato oro, e solo sei anni dopo ne riceverà una copia dall’allora presidente della FIDAL Primo Nebiolo.

Ondina Valla morirà a 90 anni nel 2006 a L’Aquila, la sua nuova casa dopo il matrimonio ma, anche grazie al noto film-documentario ”Olympia” di Leni Riefenstahl, la sua impresa è sopravvissuta fino ai giorni nostri, com’è giusto che sia per la prima italiana d’oro dei Giochi: e pensare che avrebbe potuto vincerla nel 1932 a Los Angeles, quella medaglia…

Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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