Da zero a cento, nel giro di un attimo. È questa la storia di Enrico Fabris. Da semi-sconosciuto ad eroe osannato nella Medal Plaza di Torino. E poi? Quel post olimpiade visto come un’occasione persa.

Enrico Fabris esulta dopo l'oro ottenuto nei 1500 metri a Torino 2006
Ultimo giro di pista, Enrico Fabris è in piena lotta per il podio. Le gambe sembrano non reggere più, anche lui lo confermerà di lì a poco. Quella prima medaglia olimpica italiana nel pattinaggio su pista  lunga sembra sfuggire. Pazienza, penserà qualcuno, ci sono ancora le altre distanze ed Enrico sembra in forma smagliante. E invece no, quel pubblico tanto caloroso non può aspettare, è pronto per esplodere. Fabris lo sa, alza gli occhi e vede attorno a sé  un tripudio di tricolori pronti a far festa. Da dove prenda le energie non lo sa neanche lui, ma le gambe cominciano a girare nuovamente: è bronzo! Il primo nella storia del pattinaggio azzurro su pista lunga. La gioia è immensa, l’entusiasmo di tutta Italia lo è ancor di più. I telegiornali aprono con la faccia stanca ma piena di felicità di chi sa di aver fatto la storia. E poi la premiazione, un momento che forse ricorda con maggior piacere del traguardo. Una piazza piena, in festa, trepidante di attesa per veder salire  Enrico sul podio.Momenti impressi nella memoria di Enrico e di tutti i presenti in piazza, ma anche di chi, davanti alla TV, si gode la cena davanti la premiazione.

 

L’appetito vien mangiando


Ma come si dice, l’appetito vien mangiando. E allora guai a festeggiare più di tanto, è solo la prima di tante gare. In fondo, l’inno di Mameli, deve ancora essere cantato. Ci sono i suoi 1500 metri e l’inseguimento a squadre dove si può anche andare oltre il bronzo. La festa, almeno per il momento, può aspettare. Pattini ai piedi e ancora in pista. Ma stavolta le attese sono alte, gli occhi sono fin dalle eliminatorie sul pattinatore italiano. Ormai è una star. da sconosciuto o quasi, ad osannato. Il passo è breve. Brevissimo. Nei 1500 metri è un fulmine. Imbattibile. Stavolta la medaglia è di un altro materiale. Del più bello, del più pregiato. Enrico Fabris è medaglia d’oro a Torino 2006. La piazza che solo poche ore prima sembrava gremita in ogni ordine di posto, a confronto, sembra quasi vuota. La voglio di scendere a cantare l’inno, il nostro inno, è troppo forte. Arriva il momento, Enrico se lo gode per ogni singolo secondo. È il suo momento, la sua Olimpiade. Ma badate bene, non è ancora finita. Ora è la faccia copertina dell’Olimpiade di casa, la voglia di diventare leader non è mai mancata e allora nella gara ad inseguimento ha più fame di prima. Il risultato? Un altro incredibile oro. Di gruppo, da festeggiare tutti insieme, con Luca Stefani e Matteo Anesi. Fuori il casco e dentro i tricolori, per un (anzi tre per la verità) giro d’onore che resterà per sempre nella memoria di Enrico Fabris e dei suoi compagni di avventura. Adesso gli impegni sono finiti, la festa può cominciare.

 

Enrico Fabris, la star dell’Olimpiade

È la star dell’Olimpiade. Un outsider da questo punto di vista. Tutti lo cercano, lo intervistano. Tutti sono pazzi di Fabris che ora, non sazio, ha un altro sogno nel cassetto, quello di portare alle luci della ribalta il suo sport, il suo movimento, anche una volta finita l’Olimpiade. Purtroppo non sarà così, è il triste destino degli atleti di quelli che tutti chiamano “sport minori”. Quello splendido ovale ricco di storia e di magia verrà demolito, come da programmi. A nulla servono gli impegni di atleti ed addetti ai lavori. Un’altalena incredibile di emozioni e notorietà, è questo quello che ha vissuto Fabris in quell’incredibile esperienza torinese. A chi gli chiede cosa sarebbe accaduto se quell’edizione dei giochi invernali non si fosse disputata a Torino risponde “Ero al top della forma, però giocare in casa mi ha dato benzina. E forse anche qualcosa di più”. Insomma, tutto si è incastrato alla perfezione. Deluso per come è andata dopo Torino? No “il bicchiere è tutto pieno. Però un po’ dispiace per non avere contribuito a far crescere in maniera decisiva il pattinaggio”. A soli 30 anni si è ritirato perché quando fai la valigia per una trasferta e la voglia è meno dell’emozione è giusto smettere. E allora grazie Enrico per aver reso unica un’edizione dei Giochi Olimpici Invernaili davvero speciale.

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