Atletica leggera: Livio Berruti, oro olimpico azzurro nei 200 metri piani a Roma 1960. Ecco la sua storia.
LIVIO BERRUTI, DA RINCORRERE I GATTI ALL’ORO OLIMPICO DI ROMA ‘60
Disinvoltura, coordinazione ed eleganza. L’uomo alato dell’atletica leggera italiana Livio Berruti nasce a Torino il 19 maggio 1939.
Un ragazzino magrolino, miope fino a quattro diottrie e mezzo, con pochi soldi e neanche l’idea di poter guadagnare con lo sport. I primi sprint del piccolo Livio sono per rincorrere i gatti: li spinge in un vicolo cieco e cerca di prenderli. Senza riuscirci. Poi arrivano gli scatti sul greto dei torrenti, a Stroppiana, nel Vercellese, zampettando fra un sasso e l’altro, o all’oratorio: una discesa, velocissima, alla fine della quale si ferma ansimando. Sprinta anche giocando a calcio e a tennis, pattinando sulle rotelle o sul ghiaccio, pedalando, perfino camminando in montagna.
Livio Berruti comincia a praticare seriamente lo sport per caso: al liceo Cavour di Torino, nel 1955, il suo insegnante gli suggerisce di dedicarsi al salto in alto o in lungo, visto il suo fisico longilineo (1,80 m per 66 kg). Un giorno, mancando un professore, uniscono la sua classe a un’altra dove milita il più veloce della scuola: i compagni allestiscono una sfida nel cortile che Livio vince con disinvoltura.
Livio Berruti è istintivo, naturale, puro. Si allena due volte la settimana se domenica è in programma una gara, altrimenti tre volte. Un po’ per pigrizia, un po’ per paura dell’allenatore. I suoi sono allenamenti tragicomici: 10-20 minuti intorno alla pista, piano, poi sei-sette allunghi di 80 metri, due volte i 150 metri, doccia e via. L’importante è non stancarsi. Resistenza, zero. Pesi, neanche a parlarne. Il giorno della gara non fa neppure riscaldamento, arriva in pista 20 minuti dopo gli altri, ma alla fine li batte. Sempre.
Studia e consegue la maturità classica. Studente di chimica, ha solo 21 anni quando partecipa ai Giochi olimpici di Roma 1960, che cambiano la sua vita.
LIVIO BERRUTI E L’ORO CONQUISTATO ALLE OLIMPIADI DI CASA
Livio Berruti prende parte a ben tre Olimpiadi: Roma ’60, Tokio ’64 e Messico ’68, sia nei 200 metri sia nella staffetta 4×100 metri.
È proprio nella Capitale che l’azzurro firma il suo capolavoro olimpico.
Nelle semifinali dei 200 metri corre in 20”5, eguagliando il record del mondo. La prestazione lo proietta tra i favoriti della finale, che si svolge a poche ore di distanza.
3 settembre 1960, ore 18, Roma, Stadio Olimpico. 80 mila spettatori e, in tv, diretta mondiale. Corsia numero 5. Dorsale numero 596. In finale, Livio Berruti corre indossando gli occhiali da sole: la sua perfetta uscita dalla curva, la sua corsa regale, il beneaugurante volo dei colombi, il record del mondo (ripetuto due volte, 20”5, in semifinale e in finale). L’italiano sconfigge gli statunitensi, favoriti della vigilia, e si mette al collo la medaglia d’oro.
Livio Berruti diventa per tutti “l’angelo” per la leggerezza della falcata e la grazia con la quale esprime la sua potenza, e un modello di tecnica di corsa veloce. Il suo record viene realizzato su terra battuta e non sulle superfici sintetiche moderne, che restituiscono la spinta impressa.
Livio Berruti sfiora una seconda medaglia a Roma ‘60 con la staffetta 4×100 metri, che si classifica quarta.
Come premio per la vittoria olimpica, il giovane azzurro riceve dal Coni 1.200.000 lire e una Fiat 500. Dono che non appaga totalmente la sua passione per le auto: Livio Berruti non ritira la 500, ma paga la differenza per una 1100, che regala al padre. Con le 800 mila lire della vittoria e le 400 mila del record del mondo, più altre 600 mila personali, acquista per sé la Giulietta sprint dell’Alfa Romeo.
LIVIO BERRUTI: LE GARE OLIMPICHE, I RICONOSCIMENTI, GLI INTERVENTI NELLE SCUOLE
La vittoria olimpica, conseguita all’inizio della carriera, rimane il miglior risultato di Livio Berruti.
Le tre partecipazioni agli Europei gli regalano solo un 7° posto nella finale dei 200 metri nel 1966.
Vince per 6 volte consecutive i titoli italiani dei 100 e 200 metri dal 1957 al 1962, e altri 2 titoli sui 200 metri nel 1965 e nel 1968. Nel 1959 è anche campione nazionale con la staffetta 4×100 metri.
Livio Berruti partecipa ad altre due edizioni dei Giochi olimpici, a Tokyo 1964 e a Città del Messico 1968. In entrambe le occasioni si qualifica alle finali con la staffetta 4×100 metri e si classifica 5° nella finale dei 200 metri del 1964, il primo degli europei. In occasione di questa Olimpiade nipponica, si accentua la rivalità con l’altro italiano Sergio Ottolina: è per lui che Livio Berruti decide di partire per il Giappone. Sergio Ottolina rilascia un’intervista a fine ‘63 affermando incautamente che ormai Livio Berruti è finito. È lo sprone psicologico che gli permette di sostenere meno esami all’Università e di dedicarsi con più intensità ai 200 metri. Purtroppo a Tokyo, ultime Olimpiadi su terra rossa, in finale a Livio Berruti viene assegnata la prima corsia, completamente rovinata dalle gare lunghe: lo battono due atleti che aveva superato in semifinale e chiude 5°, ma comunque davanti a Sergio Ottolina 8°.
Livio Berruti si ritira dall’attività agonistica nel 1969.
Il 26 febbraio 2006 è portatore della bandiera olimpica nel corso della cerimonia di chiusura dei XX Giochi olimpici invernali, tenutisi nella sua Torino.
Nel maggio 2015, una targa a lui dedicata è inserita nella Walk of Fame dello sport italiano a Roma, riservata agli ex atleti azzurri che si sono distinti in campo internazionale. Nel medesimo anno, viene insignito del Collare d’oro al merito sportivo come “Campione olimpico del 1960 – Corsa piana m. 200”.
Nel 2018 Livio Berruti viene nominato Presidente Onorario dell’Isef Torino.
La sua attività, fino a poco tempo fa, era andare nelle scuole e descrivere, raccontare, spiegare. Far capire ai giovani che fare sport è bello, è importante per la socializzazione, per la salute fisica e mentale, per sviluppare sicurezza in se stessi, doti di leadership e di team building. E soprattutto fare sport pulito è fondamentale: poter correre all’aria aperta, sentirsi liberi, diventare uomini e donne alati, angeli della velocità, come appunto Livio Berruti.
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