Storia di una ragazza inglese che è diventata il simbolo dell’atletica italiana. Fiona May porta il tricolore sul gradino più alto del podio per due volte ai mondiali, conquista 2 argenti alle olimpiadi e il cuore di un intero Paese
ll sorriso sincero ereditato dai genitori giamaicani, la tempra e la disciplina inglese, uniti alla passione italiana, un mix esplosivo che ha portato Fiona May a conquistare per due volte il gradino più alto del podio ai mondiali e due argenti olimpici nel salto in lungo. Dal 1994, dopo il matrimonio con Gianni Iachipino, inizia a gareggiare e vincere con la Nazionale azzurra (con l’Inghilterra ha già nel suo palmares un oro europeo e uno mondiale juniores, un argento alle universiadi e un bronzo ai giochi del Commonwealth) e si presenta sotto la nuova bandiera lo stesso anno con un bronzo agli europei di Helsinki. Un biglietto da visita di tutto rispetto, che però non è altro che l’inizio.
Negli anni successivi la sua tecnica e potenza crescono portando la lunghista azzurra a saltare ben oltre quel 6,90m della Finlandia. Sempre in un paese del nord arriva il primo oro mondiale, l’anno successivo le gare si tengono a Goteborg in Svezia ed è il secondo grande palco per l’atleta azzurra. Già nelle qualificazioni Fiona ha alzato l’asticella chiudendo davanti a tutte a 6.78. Il giorno della gara piazza al primo colpo un salto da 6.93, ma è l’ultimo quello della vittoria, Fiona vola a 6.98 e nessuna fa meglio. A Göteborg l’Italia colleziona 6 medaglie (2 ori, 2 argenti e 2 bronzi) e grazie al gradino più alto conquistato proprio dalla May chiude terza nel medagliere generale a pari merito con la Germania. Manca solo una medaglia olimpica e l’occasione sono i Giochi Olimpici di Atlanta 1996. Fiona si supera e supera i 7 metri, piazzandosi con il suo 7.02 alle spalle della nigeriana Chioma Ajunwa, che mette le mani sull’oro al primo salto con 7.12.
Continuano le conferme in campo internazionale anche nelle gare indoor con un oro mondiale a Parigi (1997) e uno europeo a Valencia (1998), oltre ad altri due podi con un bronzo nel ’97 ad Atene e un argento agli Europei 1998 di Budapest in una gara meravigliosa in cui tutte e tre le atlete a podio superano i 7 metri. A fare meglio di Fiona la tedesca Heike Drechsler che vola a 7.17, mentre l’azzurra segna il record nazionale (tutt’ora imbattuto) a 7.11. In vista dei giochi di Sydney 2000 mostra alle avversarie di essere ancora in piena corsa per una medaglia quando conquista l’argento ai Mondiali di Siviglia (1999), per poi confermarsi e conquistare la sua seconda medaglia olimpica in Australia. Ancora una volta è d’argento e diventa l’ancora di salvezza dell’orgoglio nazionale dopo quattro giornate senza podi.
Una medaglia olimpica che forse non sarebbe mai arrivata se non fosse stato per tutti i suoi supporter: “Dopo quel Mondiale volevo smettere e non l’ho fatto solo per tutte le lettere di incoraggiamento che ho ricevuto”, ha ammesso in un’intervista riferendosi alla gara di Siviglia. L’argento spagnolo infatti brucia, l’ultimo salto, contestato, della spagnola Montalvo le toglie l’oro e nella conferenza post gara il rammarico è tanto. Non manca inoltre le replica della vincitrice che ha parole durissime per l’azzurra: “Deve imparare a perdere”. Un mese di indecisioni e dubbi, poi la scelta di continuare. E per fortuna! Oltre alla piazza olimpica l’happy ending tanto sperato arriva nel 2001 con la sua seconda vittoria mondiale a 6 anni dalla prima volta.
A Edmonton, in Canada, la gazzella è di nuovo protagonista sulla pedana del lungo dopo una stagione costellata da infortuni e prestazioni non brillanti. I capelli sono rasati a differenza della chioma ribelle di Goteborg, lo sguardo fisso e fiero, la corsa fluida e potente. Una bellezza di movimenti che esplode nel salto da 7.02 che la porta ancora una volta lassù, al primo posto, a un gradino di distanza da tutte le altre. Ultimo palcoscenico sono i mondiali di Helsinki 2005, proprio dove Fiona May ha iniziato a vincere con il tricolore sulle spalle, l’azzurra non si qualifica per la finale del salto in alto e come aveva già anticipato quello è il suo addio definitivo all’attività agonistica.