Apriamo l’album dei ricordi per ripercorrere, ancora una volta, la sfolgorante carriera di Maurilio De Zolt.
Se qualcuno non sa o non dovesse ricordarsi di chi stiamo parlando la soluzione sarebbe solo una. Chiedere ai norvegesi, in particolare ad una folla trepidante di 100 000 persone che quel 22 febbraio 1994 assiepavano la Birkebeineren di Lillehammer, teatro della staffetta di sci di fondo maschile della XVII^ Olimpiade Invernale, chi è Maurilio De Zolt. Tutto era stato apparecchiato per vedere trionfare i beniamini di casa, il quartetto “imbattibile” di fondisti norvegesi che cannibalizzava da anni la disciplina e che, in quell’Olimpiade, sembrava proseguire nella sua conquista egemonica. Ma gli dei dello sci avevano riservato un finale diverso, unico, epico appunto.
E qui entra in scena De Zolt, il più grande fondista azzurro di tutti i tempi, circondato dai suoi fidi scudieri e compagni d’avventura Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner. La staffetta è la gara più sentita e la più attesa, gli azzurri si presentano in buona condizione grazie anche ai bronzi conquistati nelle gare individuali da Albarello e Fauner e decidono che sarà Maurilio ad affrontare la prima frazione. Questa scelta, senza saperlo, sarà quella che porrà il primo mattoncino verso la conquista dell’Olimpo. Tutti infatti rimangono sorpresi nel vedere De Zolt in gara, ritenendo che a quasi 44 anni non si abbiano più quella freschezza atletica e resistenza che servono in competizioni di quel livello. Eppure il suo palmares è già ricco, spiccano in particolare i due argenti olimpici conquistati nella 50 km tecnica libera a Calgary ’88 e poi ad Albertville ’92.
Sembra però che la fatica e la grinta che Maurilio ha sempre messo in ogni allenamento e in ogni gara non basteranno. La critica, oltre ad essere ingenerosa, è anche poco attenta in quanto non tiene sufficientemente in conto che proprio l’azzurro è, a tutti gli effetti, il miglior interprete del passo pattinato, la nuova tecnica dei fondisti diffusasi a partire dalla fine degli anni ’80, e che ancora a Lillehammer divide gli sciatori in due fazioni. C’è chi rimane fedele all’alternato, come i norvegesi, e chi, come De Zolt, prova già pioneristicamente a confrontarsi con questa novità, non senza fatica.
La grinta tricolore
Ma torniamo con la mente a quell’innevato percorso mai così infuocato di ribollente passione. L’obiettivo di De Zolt è lineare nel concetto quanto arduo nell’esecuzione: terminare la prima frazione con meno di 30’’ dai primi prima di cedere il testimone ad Albarello. Dopo i primi 10 km Maurilio arriva con un distacco dai primi di soli 9’’ e 8’… ha centrato, e alla grande, il suo obiettivo. La seconda frazione vede Albarello sopravanzare i suoi diretti concorrenti e portarsi in testa prima di dare il largo al terzo frazionista azzurro Vanzetta. In questa fase della gara ormai si è capito che saranno in tre a contendersi le medaglie: Norvegia, Italia e Finlandia. Con queste convinzioni si apre l’ultima, decisiva e palpitante frazione che vede protagonisti l’italiano Silvio Fauner, il finlandese Isometsa e il padrone di casa, strafavorito, Daehlie.
L’ultimo stacco
Ai -5 km dall’arrivo Isometsa si stacca dagli altri due, vinto dall’acido lattico, e nel rettilineo finale anche Daehlie cede inesorabilmente, incapace di reggere l’urto dei guizzi dell’azzurro che, con il tempo complessivo di 1:41:15,0, arresta definitivamente gli entusiasmi della folla di casa, mai tacita come in quel momento. Addirittura il re Harald V di Norvegia, presente alla festa annunciata, lascia l’impianto sconsolato, senza assistere alla premiazione.
La Norvegia è annichilita, l’Italia si mette l’oro al collo e De Zolt è portato in trionfo da tutti, è lui ora il più anziano fondista olimpico a vincere la medaglia più preziosa. Ha dimostrato al mondo come si può eccellere anche a 43 anni, alla fine è lui a poter dire di avere avuto la meglio su tutti e tutto e che i suoi scatti e cambi di ritmo, fondamentali nello sci di fondo, hanno contribuito a renderlo il re del Circo Bianco.
L’atleta azzurro si ritirerà al termine di quella stagione con al collo 6 medaglie mondiali e altri successi nazionali tra i quali spiccano l’oro nella 50 km, sua distanza preferita, conquistato a Oberstdorf nel 1987 e ben 4 allori nella “Marcialonga” , la classicissima italiana di granfondo.
La vittoria dei quattro moschettieri azzurri a Lillehammer è ancora oggi una delle più belle pagine azzurre dello sport a cinque cerchi al punto che la stampa estera si riferisce a quella gara come “The Great Race”. Per questo noi tutti dovremmo sempre ricordare con piacere queste imprese, questi campioni, a maggior ragione quando uno di loro compie gli anni. Tanti auguri Maurilio!!