Olimpiadi. Una spada di Damocle pende sullo sport italiano: mercoledì 27 gennaio il CIO potrebbe sospendere il CONI. Se così fosse, l’Italia sarà esclusa dai Giochi Olimpici di Tokyo 2021. Gli azzurri e le azzurre potranno gareggiare, ma saranno alle Olimpiadi senza tricolore e senza inno.
Italia alle Olimpiadi senza bandiera e inno? Attesa la stangata dal CIO
L’ufficialità dovrebbe arrivare mercoledì 27 gennaio. Tuttavia, secondo un’indiscrezione de “La Repubblica”, la decisione sarebbe già stata presa: l’Italia sarà esclusa dalle Olimpiadi di Tokyo.
Mercoledì 27 gennaio si terrà l’ultimo Executive Board del Comitato Olimpico Internazionale prima del Congresso elettivo. E, tra gli argomenti all’ordine del giorno della riunione, c’è anche l’annosa “questione-Italia”.
Il CIO, infatti, contesta allo sport tricolore l’assenza di indipendenza del CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, «autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali» (come si legge dal sito). Per questo, il massimo organismo sportivo mondiale sarebbe pronto a una decisione che per l’Italia non ha precedenti: la sospensione del CONI e, di conseguenza, l’essenza dell’Italia dalla futura rassegna Olimpica.
Ciò non significa che gli atleti italiani non potranno gareggiare, dal 23 luglio, ai Giochi di Tokyo. Gli azzurri e le azzurre, però, potranno parteciparvi solo come atleti indipendenti, senza tricolore, ad esempio; oppure senza l’inno di Mameli dopo una vittoria. Rimpiazzati dai cinque cerchi, dall’inno e dalle insegne olimpiche, come al momento avviene per gli atleti e le atlete di Russia e Bielorussia. Allorché, secondo il CIO, l’intero movimento italiano, di fatto, è stato espropriato della propria indipendenza.
Una decisione, quella del 27 gennaio, che qualora venisse presa, come appare probabile, comporterebbe gravi sanzioni e innumerevoli problematiche. Oltre all’ovvio e imperdonabile danno d’immagine, infatti, l’Italia rischia di vedersi bloccare gli innumerevoli finanziamenti, previsti dal CIO, per l’organizzazione delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026.
Perché l’Italia rischia di non andare alle Olimpiadi?
Tutto risale a un paio d’anni fa, alla contestata riforma dello sport italiano del primo Governo Conte. Il così detto “Governo giallo-verde”.
Come già scrisse al nostro Paese il Comitato Olimpico Internazionale, un anno e mezzo fa, infatti: «Il CONI non dovrebbe essere riorganizzato mediante decisioni unilaterali da parte del governo. La sua governance interna e le sue attività devono essere stabilite e decise nell’ambito del proprio statuto, e la legge non dovrebbe avere per obiettivo un micromanaging della sua organizzazione interna e delle sue attività. Le entità che compongono il CONI dovrebbero rimanere vincolate agli statuti del comitato, della Carta Olimpica e agli statuti delle organizzazioni sportive internazionali alle quali sono affiliate».
Il CIO e il suo presidente Thomas Bach si riferivano allo stralcio della riforma riguardante il riordino del CONI. La legge impose, infatti, una netta separazione tra Comitato Olimpico e CONI Servizi spa, l’azienda che si occupava della distribuzione della maggior parte dei finanziamenti statali. Quest’ultima, in particolare, fu riformata, divenendo Sport e Salute Spa, i cui vertici sono divenuti, interamente, di nomina governativa. Attualmente la Sport e Salute spa, presieduta da Vito Cozzoli, è ancora “a mezzo servizio”, poiché le sue esatte competenze non sono ancora state chiarite.
«Tutta questa vicenda dell’autonomia del CONI è cominciata alla fine del 2018: noi adesso siamo illegittimi nell’ordinamento internazionale, io sono molto preoccupato» ha dichiarato l’attuale presidente del CONI, Giovanni Malagò. «È una forma di autolesionismo» ha proseguito, «mi auguro che tutto si sistemi prima del prossimo esecutivo del CIO: atleti e tecnici sono preoccupati, è dire poco… Quello che succede è una follia».
Al prossimo esecutivo del CIO, però, mancano ormai meno di quarantotto ore. La soluzione potrebbe essere quella di convocare, in extremis, nelle prossime ventiquattro ore, un Consiglio dei Ministri “lampo”, per risolvere una questione che tiene banco, però, da un paio d’anni. E che potrebbe provocare un’esclusione storica.
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