A cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 c’era una squadra che faceva sognare gli italiani: si trattava della Nazionale di pallavolo dei vari Bernardi, Lucchetta, Tofoli, Zorzi e Cantagalli. Una selezione fortissima, ribattezzata la “Generazione di fenomeni”. Una definizione che riflette l’impatto avuto da quella nazionale sugli italiani e sul volley internazionale. Nel giro di pochi anni arrivarono trionfi in ogni competizione a cui gli azzurri presero parte: Mondiale, Europeo, World League. Sfumò solamente l’Olimpiade di Barcellona 1992. Di quella selezione di campioni, abilmente guidata da Julio Velasco, ha fatto parte anche Claudio Galli. Centrale, nato a Milano il 12 luglio 1965, è stato protagonista indiscusso del campionato italiano con Milano, Parma e Cuneo. Con la Nazionale ha conquistato due World League (1991, 1992) e un titolo europeo (1993). Azzurri di Gloria ha avuto il piacere di parlare con questo grande campione della pallavolo italiana.
Inevitabilmente la chiacchierata non poteva non esordire con qualche considerazione proprio su quel Dream Team tricolore, per tanti anni protagonista della scena internazionale. C’era un segreto alla base di quel gruppo e dei tanti successi? Galli risponde: “Beh non esiste un segreto. Piuttosto si verificò una concatenazione di fattori importanti per determinare il nostro successo. Si trattava di un progetto lungimirante voluto da Pittera, attraverso selezioni di ragazzi di 14 anni, avviato dalla fine degli anni 70, precisamente dopo il Mondiale del ’78. Ci fu un lungo lavoro sulla Juniores da parte di Alexander Skiba. Si formò un gruppo con etica di lavoro ed attenzione per i risultati. Inoltre, alla fine degli anni ’80 si è verificato un calo delle superpotenze dell’epoca come Russia e Stati Uniti. La nostra crescita è coincisa con l’arrivo di Velasco. Si è verificato un miglioramento globale con contatti, motivazioni e voglia di raggiungere l’obiettivo. L’individuazione dei migliori quattordicenni è stato importante anche per formare lo stesso gruppo dei mondiali juniores di Milano, chiusi al secondo posto alle spalle dell’URSS”.
E a proposito del gruppo pigliatutto di quegli anni, il discorso cade sulle Olimpiadi, con tanti ricordi positivi e negativi, tra i quali quella della maledizione della medaglia d’oro. Galli ripercorre quei momenti così unici e speciali: “Nonostante rappresentino il cruccio più importante da sportivo, ho un ricordo meraviglioso delle Olimpiadi. Ho iniziato a fare sport guardando l’edizione del 1976. Sono rimasto colpito dallo spirito olimpico presente un questa festa sportiva, con valori insiti. Ho iniziato a fare sport per parteciparvi un giorno. Ho partecipato a due Olimpiadi, nel 1988 e nel 1992. Sono un evento unico, forse solo le Universiadi si possono paragonare in qualche modo anche se non esistono mondiali per ogni singola disciplina. Alle Olimpiadi si possono conoscere il top dello sport in ogni disciplina ed è bello confrontarsi con tanti campioni. Non è inusuale vedere durante la sfilata i grandissimi favoriti far foto con altri atleti desiderosi di dimostrare di averli incontrati”.
Non può mancare un pensiero dal forte retrogusto amaro sulla famosa partita del 5 agosto 1992 contro l’Olanda, il match che estromise il Dream Team azzurro dalla corsa alle medaglie olimpiche. Un ricordo che fa ancora male a distanza di tempo: “Devo confessare che da quel giorno di agosto non ho più messo piede a Barcellona, anche se ora credo di poter superare quel dispiacere. Il ‘92 fu stregato: persi due partite al quinto set per un cambio palla, sempre 17-16. Prima ci fu la finale di Coppa delle Coppe contro Montichiari, con Milano; poi, appunto, il quarto della rassegna olimpica contro l’Olanda”.
Dai ricordi si passa all’attualità: dove potrà arrivare la Nazionale di Blengini? “Innanzitutto diciamo che siamo una delle tre nazioni qualificate insieme a Stati Uniti e Brasile, in quanto paese ospitante. Questo perché la pallavolo è l’unico sport in cui il Mondiale non qualifica di diritto. Per questo l’Italia ha ottenuto un grandissimo risultato. Attualmente è molto difficile saper dire dove può arrivare. Bisognerà capire quali saranno gli organici delle altre squadre e come vi arriveranno. Inoltre prima c’è la World League. Quindi è difficile ipotizzare dove arriverà l’Italia. Certamente una Nazionale così bella come quella di Blengini, con un ricambio generazionale importante, deve puntare ad finire nei primi tre posti. Nello sport solitamente conta chi vince ma nelle Olimpiadi è diverso. La medaglia sarebbe un premio importante ed è il minimo per una grande squadra. Una possibile sorpresa? Difficile dirlo adesso che mancano tanti mesi. Forse ragionando nel nostro contesto, direi Simone Giannelli perché non ha mai partecipato alla rassegna olimpica per la sua giovane età. È un neofita sotto questo aspetto anche se in poco tempo è diventato uno dei protagonisti assoluti”.
Una domanda che lo mette in difficoltà riguarda la scelta di un ideale sestetto di base tra i grandi protagonisti che ha visto all’opera alle Olimpiadi: “Ci sono tante squadre che hanno avuto un gioco straordinario. Ricordo ad esempio la sfida di Seul 1988 tra Russia e Stati Uniti, con gli americani che proponevano un gioco innovativo per l’epoca. Poi c’è stato il Brasile dei primi anni 2000, che aveva un gioco velocissimo. Insomma è difficile e quasi impossibile stabilire un sestetto di migliori in ogni reparto perché la pallavolo è cambiata tanto”.
Infine una domanda sul suo futuro: andrà alle Olimpiadi di Rio 2016 nelle vesti di commentatore Rai? “Non so nulla al momento. Dalla Rai non ho ancora avuto comunicazioni. Credo che ci saranno altri due colleghi per la pallavolo indoor. Potrei anche raccontare il beach volley. Si vedrà”.