Due settimane fa calava il sipario sui Giochi della XXXI Olimpiade. Due settimane fa i sogni d’oro dell’Italvolley s’infrangevano sul muro brasiliano, diventando realtà d’argento. Ne abbiamo conquistati 12 di argenti a Rio: ben 3 in più rispetto a Londra 2012, a parità di medaglie totali (non ci siamo schiodati dalle 28 di quattro anni fa).
Era pronosticabile tutto questo alla vigilia? Lo abbiamo chiesto al giornalista Dario Ricci, corrispondente per Radio 24 – Il Sole 24 Ore dalle Olimpiadi di Rio 2016: “Questo risultato ha sopreso un po’ tutti. Inizialmente c’era un certo scetticismo, come aveva fatto intendere lo stesso presidente Malagò. Soprattutto relativamente ad alcune discipline come l’atletica… In realtà l’andamento della spedizione azzurra è stato più che soddisfacente. Abbiamo ribaltato le previsioni fatte da Sports Illustrated, che ogni quadriennio ci buttano puntualmente a terra, ma che raramente ci azzeccano per fortuna. Ci confermiamo sui livelli di Pechino e di Londra. A Rio è emerso il lavoro fatto da alcune Federazioni, come quelle del tiro a volo e a segno, discipline che si sono rivelate il nostro forziere. Insieme al lavoro della Federnuoto che ci ha garantito medaglie in tutte le discipline d’acqua, pallanuoto compresa”.
Il primo oro olimpico è stato conquistato dal judoka Fabio Basile, un ragazzone torinese classe ’94, che ha bruciato decisamente le tappe: “Essendo giovanissimi, lui e Odette Giuffrida (la judoka vincitrice della medaglia d’argento, ndr) erano coinvolti nel progetto Tokyo 2020: di fatto la loro Olimpiade sarebbe dovuta essere la prossima. Giustamente, avendo tutti i mezzi per farlo, a Rio hanno anticipato i tempi della loro maturazione: a Tokyo partiranno da favoriti. Ma il nostro judo si toglie spesso belle soddisfazioni ai Giochi: di fatto ci porta continuitamente medaglie da Mosca 1980 ad oggi”.
Più vecchio di due anni e di tutt’altra provenienza (Catania, ndr), il secondo ragazzo d’oro della nostra spedizione è stato il fiorettista Daniele Garozzo, fratello minore di Enrico Garozzo anche lui sul podio a Rio 2016 (argento nella spada a squadre, ndr): “Anche il suo oro non era preventivato, è stato una sorpresa. Sapevamo che i fiorettisti potessero far bene, ma paradossalmente credevamo che potesse fare meglio la squadra di fioretto che invece è naufragata presto. Alla spedizione della scherma darei un 7.5 perchè ha portato a casa comunque 4 medaglie (un oro e tre argenti, ndr). E lo ha fatto in un anno in cui ci mancavano rispettivamente la sciabola a squadre maschile e il fioretto a squadre femminile per colpa di questo assurdo regolamento che impone la rotazione olimpica, mettendo fuori gioco alcune specialità. Inoltre, l’assenza della squadra di fioretto femminile ha fatto sì che nella prova individuale potessimo qualificare solamente due atlete: questo limite, unito alla brutta prestazione della Errigo, ci ha penalizzato ancora di più. Sulla carta, queste tre assenze hanno pregiudicato la conquista di altre tre medaglie”.
Lunedì 8 agosto è arrivato il primo dei quattro ori conquistati dai tiratori azzurri: “Il 50% dei nostri primi posti sono stati conquistati nel tiro. Niccolò Campriani, Gabriele Rossetti e Diana Bacosi ci hanno permesso di eccellere in questa disciplina. Siamo su livelli altissimi, rappresentando una vera e propria potenza mondiale subito dietro agli Stati Uniti”.
E poi arrivò il giorno di Gregorio “Greg” Paltrinieri, carpigiano classe ’94, uno degli ori annunciati delle Olimpiadi di Rio: “Paltrinieri è giovanissimo, però ad alto livello c’è già da un paio di anni: nel 2015 ha vinto il Mondiale a Kazan nei 1500 m stile libero, la sua specialità. A Rio si è affermato con facilità, complice il forfait del cinese Sun Yang suo rivale numero uno. Di fatto per Paltrineri vincere una medaglia diversa dall’oro sarebbe stato sorpredente: tagliare il traguardo per primo era nelle sue possibilità e così è stato”.
Il 15 agosto poi è arrivato l’ultimo oro, grazie all’impresa di Elia Viviani nel ciclismo su pista: “Alla vigilia Viviani era tra i favoriti. In passato, per motivi diversi, era arrivato sempre ai piedi del podio. Anche a Rio ha rischiato di mancare l’appuntamento complice quella brutta caduta, ma sono stati tutti bravissimi, sia lui che tutto il suo staff, a restare attaccati alla gara. E poi la corsa a punti è molto difficile da gestire sotto tutti i punti di vista: Viviani ha fatto un capolavoro”.
A Rio la fortuna ha fatto pace anche con Tania Cagnotto che, anche se non ha vinto l’oro, d’oro ha avuto la carriera intera: “Ho visto la sua vittoria nel bronzo individuale: con il doppio successo di Rio, sua ultima Olimpiade di fatto, ha coronato il suo percorso agonistico. Tania è stata ripagata dall’amarezza che aveva subito a Londra, dove le medaglie erano sfuggite per pochi centesimi di punto. Ma soprattutto è stata a brava a capitalizzare lo status di grande campionessa che a livello internazionale le veniva già riconosciuto. A Rio ha fatto la gara migliore nel momento più importante della sua carriera”.
E il nome di un futuro “Azzurro di Gloria” in vista di Tokyo 2020? Chi potrebbe crescere a tal punto da arrivare già pronto per l’oro tra quattro anni? “Sicuramente dico Simone Giannelli nel volley: considera che ha già vinto l’argento a vent’anni. E poi qualcosa si muove nell’atletica: c’è un giovane diciottenne che si chiama Filippo Tortu e sta facendo registrare dei tempi molto importanti. Alle Olimpiadi di Tokyo potrebbe ritrovarsi sul palcoscenico olimpico già competitivo, con grandi possibilità di vittoria”.
Che cosa ci lascia questa Olimpiade? “I Giochi ci permettono di seguire discipline che altrimenti non vedremmo mai in tv: dopo Rio qualche nostro ragazzo potrebbe appassionarsi al tiro, ad esempio. Ma il senso ultimo delle Olimpiadi rimane pur sempre lo sport: vederle ci deve spingere a fare del movimento, incrementando il numero di coloro che si dedicano all’attività fisica in generale, non necessariamente a livello agonistico. Le Olimpiadi devono essere un volano in questo senso: e lo dovranno essere anche a Tokyo 2020”.