A poco meno di un mese dall’inizio dei Giochi Olimpici, Gabriele Rossetti, vincitore a Rio 2016 dell’oro individuale nello skeet, racconta ai nostri microfoni la sua vita sportiva e le sue ambizioni.
Quali sono le tue sensazioni dopo la Coppa del Mondo di Lonato del Garda?
Le sensazioni sono ottime perché il nostro è uno sport particolare. Alle volte si può perdere facendo una grande gara, così come sparando malissimo. A Lonato, per esempio, ho fatto una bella gara con una alta qualità nello sparo. Ho sbagliato il solito piattello e per questo devo migliorare l’approccio al piattello che non si deve sbagliare. Ora la mia testa è rivolta all’Olimpiade, anche perché io voglio sempre portare a casa il risultato. Attualmente è per me importante avere qualità. Il pensiero è rivolto a ciò che succederà a Parigi ad agosto.
Che cosa ti aspetti dalla spedizione olimpica di Parigi?
Mi aspetto una forte emozione. Io sono metà francese, perché i miei genitori sono nati in Francia. L’unico dispiacere è che la nostra gara si disputerà a 300 chilometri da Parigi ma così è stato deciso e non ci si può fare nulla.
Avere un padre famoso ed essere un figlio d’arte ti ha pesato all’inizio della tua carriera?
Mi ha stimolato perché quando ero piccolo, avendo un carattere forte, da lottatore, volevo costantemente superare mio papà, fare meglio di lui. Col passare del tempo quel pensiero è mutato, ed è subentrato l’orgoglio di avere un padre che ha fatto grandi cose. A quel punto non volevo fare meglio di lui, bensì aumentare le medaglie della famiglia Rossetti.
Cosa significa per un ventunenne, nel 2016, vincere l’oro olimpico come hai fatto tu a Rio?
Significa raggiungere un sogno. Io ho passato la mia gioventù e l’adolescenza a vivere di sport. Il mio obiettivo è sempre stato quello di vincere l’Olimpiade, anche se la vittoria olimpica non mi ha mai cambiato. Io sono sempre il solito ragazzo, consapevole del mio valore e di ciò che ho vinto. La vittoria di Rio ha portato nella mia vita solo cose belle, da ricordare un domani, oltre a lasciarmi la voglia di ripetermi un domani. Allo stesso tempo una volta raggiunto un obiettivo di quella portata la magia che si cela attorno tende a perdersi un poco, proprio perché hai conquistato ciò che hai tanto desiderato.
Come spieghi il 10° posto di Tokyo?
A Tokyo ho affrontato in maniera sbagliata la gara. Il ricordo più bello di Rio che mi rimane, al di là ovviamente della vittoria, è di come ho vissuto la gara. A Tokyo, invece, non mi sono goduto la competizione. L’Olimpiade è una grande festa, solo pochi atleti al mondo riescono a prendervi parte. Di Tokyo, invece, porto con me il ricordo di un’esperienza che dovevo godermi diversamente, invece ho pensato solo ed esclusivamente ai risultati e infatti sono uscito per un solo piattello.
Qual è la tua vittoria più difficile?
La gara più importante e più difficile per me non è stata l’Olimpiade, perché in quell’occasione ero come in una bolla e sono riuscito a godermela appieno. La gara più difficile in assoluto è stata al Campionato del Mondo di Mosca 2017. Lì c’erano sei gradi, vento e acqua e io in quella gara sapevo che mio padre sarebbe scomparso di lì a poco per una malattia. Per questo mi sono imposto di portare a casa il risultato anche e soprattutto per lui.
Quanto è importante il supporto delle Fiamme Oro?
Personalmente ritengo che quando c’è una qualsiasi competizione sportiva è l’atleta che vince, ma ciò non sarebbe concretamente possibile senza un team e il mio team è composto dalle Fiamme Oro, dalla Federazione, dalla famiglia e dagli sponsor. È fondamentale che tutto quello che c’è dietro all’atleta funzioni al meglio.
Nel tiro a volo, e nello skeet in particolare, conta di più la tenuta mentale o il gesto tecnico?
Sicuramente conta di più la tenuta mentale, senza ombra di dubbio. Poi ci vuole una buona tecnica e una buona preparazione fisica, considerando che nel mondo ci sono atleti che hanno sfumature tecniche diverse. L’aspetto mentale, in fin dei conti, rileva per l’80%. Noi tiratori sappiamo rompere il piattello in tanti modi, ma per romperlo sempre e comunque ciò che fa la differenza è la tenuta mentale. Io ho perso gare pur essendo tecnicamente a posto e ho vinto gare in cui non ero in condizioni fisiche buone ma avevo una grande tenuta mentale. La testa è fondamentale.
Come trovi la concentrazione prima di una gara?
Una percentuale di concentrazione la si trova automaticamente, anche perché lo faccio da vent’anni. Poi parlo con me stesso tanto, anche ad alta voce, e porto avanti gli insegnamenti di mio padre che non c’è più.
Mi potresti dire tre motivi per i quali, secondo te, un giovane dovrebbe affacciarsi al mondo del tiro a volo?
Io incoraggio sempre lo skeet, ma anche la fossa olimpica, e quindi il mondo del tiro a volo in generale. Ho spesso a che fare con i giovani ma questo è uno sport in cui sei contro te steso, non contro un avversario. L’arma, che in questo Paese è vista alle volte negativamente, è per me uno strumento sportivo, è come la racchetta da tennis. E poi nel nostro sport non ci sono infortuni. È l’essere soli contro sé stessi la cosa più stimolante in assoluto. Inoltre, noto che i giovani che si avvicinano a questo sport maturano più velocemente. Si tratta infatti di uno sport che ti responsabilizza, ti dà maturità e consapevolezza. È l’essere contro sé stessi. In questo sport non c’è pericolo, quando si inizia si viene subito affiancati dagli istruttori.
Chi sono i rivali più temibili a Parigi?
Me stesso, sono io il mio principale avversario. Io sono in grado poter vincere qualsiasi gara, e di rivincere anche quella olimpica, a patto di avere la giusta concentrazione. Per gli atleti in gara c’è grande rispetto, non li considero avversari. Io temo me stesso, Vincent Hancock e il mio compagno di squadra Tammaro Cassandro per l’alto livello a cui siamo arrivati. C’è grande rispetto anche per il tiratore egiziano Mehelba. Se io faccio il mio dovere e riesco ad affrontare me stesso sono consapevole di non avere particolari timori.
Che cosa si allena di più in vista di una gara olimpica?
Sicuramente si allena di più l’approccio mentale perché tecnicamente mi preparo per tutte le gare: Campionato italiano, Coppa del Mondo, Mondiali e Giochi Olimpici. La gara olimpica implica una più intensa preparazione mentale per affrontare al meglio la sfida che rappresenta per qualsiasi atleta.
In copertina: Gabriele Rossetti durante una fase di gara della stagione 2022, presso il centro sportivo Concaverde di Lonato del Garda (foto: profilo Facebook ufficiale Gabriele Rossetti)