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Arianna Garibotti (fonte: Posati Nazionale Italiana Pallanuoto.Avezzano(AQ)..Photo G.Scala/Deepbluemedia.eu)

Prima Olimpiade, condotta con grinta, personalità, estro e gol, tanti gol. Sono state ben 13 le marcature di Arianna Garibotti nel corso del torneo olimpico di pallanuoto. L’attaccante classe 1989 dell’Orizzonte Catania e del Setterosa è stata una delle artefici principali della straordinaria cavalcata delle azzurre, giunte seconde alle spalle degli USA. Arianna ha gentilmente concesso un’intervista ad Azzurri di Gloria, in cui ha parlato della sua avventura a cinque cerchi e dei progetti per il futuro.

Buongiorno Arianna, com’è stato il ritorno da Rio?

<<Il rientro da Rio è stato un po’ traumatico perché continuo a fare lavatrici (ride ndr). A parte questo, sono tornata da poco perché mi sono fermata una settimana in più in Brasile, quindi non ho avuto la stessa accoglienza delle mie compagne. Quella parte l’ho vissuta da lontano, ma mi è mancata. Sono contenta di essere tornata perché tutti erano entusiasti per quello che abbiamo fatto. Felici per me e con me. C’è chi mi ha raccontato che si è messo a piangere. È una bella emozione vedere questo calore intorno alla pallanuoto, cosa che non c’è mai o accade raramente>>.

L’impresa del Setterosa, insieme a quella della pallavolo maschile, ha avuto un grande seguito mediatico in Italia. Ha avvertito subito la portata del vostro cammino? Quando ha compreso realmente quello che Lei e le Sue compagne avete fatto?

<<Sinceramente, ancora adesso non ho realizzato di aver vinto una medaglia olimpica e che abbiamo giocato una finale. Per quello che riguarda le persone che si sono avvicinate al nostro sport, già a Rio sia al nostro rientro è stato evidente il cambiamento. Mi sono arrivati diversi messaggi di persone che raccontavano di non aver mai visto la pallanuoto e di volerla seguire da adesso, ringraziandomi per le emozioni. Mi hanno detto che è uno sport bellissimo e mi hanno chiesto perché non se ne parla e si fa spazio solamente al calcio. Ho ricevuto tanti messaggi di questo tipo>>.

Lei ha toccato anche il tema della scarsa considerazione di cui godono diversi sport in Italia. Secondo il Suo parere, cosa si può fare per migliorare questa situazione e rendere più seguita la pallanuoto?

<<Sicuramente promuovendolo di più, anche solo con la pubblicità, magari andando anche nelle scuole, visto che ora è stata nei centri estivi, per parlare della nostra esperienza e di quelle che c’è dietro questa medaglia. Anche avvicinarli a questo sport facendo provare i ragazzi, facendoli andare in piscina. Ci sarebbero tante cose da fare, però sicuramente dev’essere un lavoro del collettivo, non individuale. Deve partire da tutti>>.

Quale obiettivo vi eravate poste per questa Olimpiade? Vi aspettavate di arrivare fino in fondo?

<<Il nostro obiettivo era vincere l’Olimpiade. Questo era l’obiettivo modesto che ci eravamo date… (sorride ndr). E soprattutto giocarla con il sorriso, senza ansia o timore di fare qualsiasi cosa perché si è all’Olimpiade. Avevamo deciso di viverla con il sorriso e di prendere tutto di petto. Quello che viene, viene. Giocare la partita fino in fondo, non perdersi nemmeno un particolare di quello che sta accadendo intorno, partendo dal villaggio olimpico fino al match stesso. Ci siamo sempre dette: “Noi giochiamo, facciamo quello per cui abbiamo lavorato e a fine partita alziamo al testa e guardiamo il tabellone. Poi se abbiamo vinto, bene, ci facciamo un applauso. Se abbiamo perso, si guarda avanti”. Questa è stata la nostra filosofia. La cosa fondamentale è stata vivere l’Olimpiade con il sorriso>>.

Si può dire che il vostro segreto sia stato proprio questo, affrontare la competizione con il sorriso?

<<Vivere con il sorriso vuol dire che se anche una cosa è andata male si cancella e si va avanti. Questo è stato il nostro credo. Sempre, sempre, sempre, sempre. Ed è stato importante pensare positivo, senza criticare. Se anche si sbaglia si cerca di incoraggiare la compagna, invitandola a non ripensare all’errore. Questa è stata la chiave del nostro successo>>.

Più si andava avanti e maggiori erano le aspettative in vista di una possibile medaglia. Come si gestisce questa pressione?

<<Personalmente, ho sempre giocato tutta l’Olimpiade pensando di essere al Beach waterpolo al mare, con incoscienza. E penso che pure tutte le altre abbiano fatto così. Se si inizia a pensare di essere all’Olimpiade, di dover far bene, che ci sono tante persone a guardarti, si perde perché la pressione ti cade addosso. E non va bene, è controproducente. Io penso che sia stato importante essere un po’ spensierate, soprattutto quando ci si avvicinava alle sfide per la medaglia. C’erano la spensieratezza, la concentrazione e la voglia di andarsi a prendere quella medaglia a tutti i costi>>.

All’interno dello straordinario percorso di Rio, quali partite olimpiche ricorda con più piacere?

<<A me sono piaciute tanto due partite. Quella contro l’Australia perché abbiamo iniziato subito forte, abbiamo imposto il nostro gioco e non abbiamo subito i loro muscoli. Strutturalmente, sono molto più grosse di noi e quindi potevamo patire questa differenza fisica, ma siamo state brave a metterla sulla tattica piuttosto che sulla fisicità. E poi mi è piaciuta molto la partita contro la Russia, che invece è iniziata in tutt’altro modo. Abbiamo presto subito due gol, ma siamo state brave a non disunirci. Ci siamo compattate ed abbiamo conquistato la finale. Queste due sono state le partite che ricordo più volentieri>>.

Purtroppo la finalissima contro gli USA non è andata come si sperava. Se ci fosse la possibilità di rigiocare quella partita, Lei cosa farebbe? Non ha rimpianti particolari o cambierebbe qualcosa?

<<Ah sicuramente. Se avessi la possibilità di rigiocare la stessa partita farei tante cose diverse, perché non tutto è andato nel verso giusto. Sicuramente loro sono fortissime, però noi non abbiamo giocato la nostra miglior partita. La rigiocherei tutta la vita, fino a quando non la vinco>>.

Si spieghi meglio, anche per chi non è avvezzo a guardare la pallanuoto. Sotto quali aspetti si poteva fare meglio?

<<Dovevamo rimanere più attaccate a loro, non concedergli grandi spazi. All’inizio le abbiamo lasciate tirare troppo facilmente. Conclusioni centrali, cosa che alle americane non devi concedere perché poi fanno male. Sicuramente non concederei più questo. Ma sono le uniche cose, per il resto non è andata malissimo. Abbiamo fatto il nostro gioco, però resta il rimpianto di averla persa concedendo tiri facili>>.

Cosa vuol dire segnare un gol all’Olimpiade? Come ci si sente?

<<Lo dici a me che sono una malata del gol! Penso di essere l’attaccante puro, che se non segna sta male. Segnare ai Giochi Olimpici è emozionante, senti i brividi lungo tutto il corpo. Pensi: “Ok, sono arrivata all’Olimpiade”. Quando ho segnato il primo gol ho pensato: “Ecco, Arianna è arrivata, ed ora non se ne va”>>.

Qual è stato il gol olimpico che ricorda con più piacere?

<<A me piacciono tutti i gol, è sufficiente che la palla vada dentro la porta. Non saprei dire un gol in particolare che mi ha colpito. Forse la palomba al volo (variante del tiro classico volta a scavalcare il portiere ndr.) contro la Russia, perché è un gesto tecnico che solitamente non eseguo. Invece, a questa Olimpiade mi sono trovata a fare>>.

È una rete speciale per il colpo che non rientra nel suo repertorio abituale, quindi?

<<Partiamo dal presupposto che non tiro forte, ma la palomba era un po’ il mio punto debole. Invece, in quella partita è riuscita perfettamente>>.

Allarghiamo l’orizzonte all’Olimpiade in generale. Si immaginava il Villaggio olimpico in quel modo?

<<Sì sì, anche perché nel 2011 ho fatto le Universiadi, le Olimpiadi degli studenti universitari. Praticamente è uguale, anche se in questo caso alla mensa puoi trovare Nadal, Serena Williams, Bolt. Per quanto riguarda il villaggio è uguale, anche se più amplificata naturalmente>>.

Federica Pellegrini ha affermato di voler fare la foto con Usain Bolt, una volta arrivata a Rio. Anche Lei avrebbe voluto o ha fatto la foto con qualche altro celebre sportivo?

<<Io ho fatto la foto con Velasco. Questo perché sono un po’ svampita e non ho visto nessuno dei vari Nadal, Djokovic o Bolt (sorride ndr.). Mentre le mie compagne hanno visto tutti, io non ho incontrato nessuno. L’unica persona che ho notato, per merito delle mie compagne, dal momento che non me ne ero accorta, era Velasco e quindi ho avuto il piacere di fare la foto con lui>>.

Qual è stato il Suo rapporto con le Olimpiadi? Le ha sempre seguite? C’era un atleta, non necessariamente del Suo sport, che L’ha ispirata?

<<Io ho sempre seguito gli sport. È da 12 anni che faccio pallanuoto. La prima partita che ho seguito è stata la semifinale olimpica di Atene 2004, quando l’Italia ha vinto contro gli Stati Uniti. Ho visto l’ultimo gol, che ha segnato Manuela Zanchi, a tre secondi dalla fine, che permise alle azzurre di raggiungere la finale. Io sempre visto la Zanchi come l’idolo sportivo, volevo diventare come lei, fare un gol importante come aveva fatto lei, soprattutto in un’Olimpiade. Non l’ho fatto così importante perché non mi è capitato, ma è stata comunque una persona che mi ha ispirato. Nel mio percorso pallanuotistico, ho avuto la fortuna di crescere con quelle campionesse olimpiche. Tutte mi hanno lasciato qualcosa, perché sono persone fantastiche, disponibili ad insegnare, a spiegare mille volte se non capivo. Insieme a loro, ho avuto per tre anni a Catania anche l’allenatore che le guidava all’epoca, cioè Pierluigi Formiconi. Lui mi ha dato una visuale della pallanuoto completamente diversa da quella che avevo. Possedevo un gioco molto individualista, volevo fare tutto da sola. Ero la fantasista della squadra quando ero piccolina. Invece, lui mi ha raddrizzato un po’>>.

Insegnamenti solamente tattici o anche caratteriali ed umani?

<<Non solo tattico, assolutamente. Mi hanno insegnato molto dal punto di vista pallanuotistico, ma anche a livello umano, confrontandomi con le persone, stando insieme ad una squadra, comportandomi bene all’interno di un gruppo, portando rispetto ai compagni e all’allenatore>>.

Un’ultima domanda: quali sono i Suoi progetti per il futuro?

<<Finita l’Olimpiade, con il mio club, l’Orizzonte Catania, c’è un obiettivo da raggiungere in tre anni: conquistare lo scudetto e magari anche la Coppa Campioni. Per quanto riguarda la nazionale, sicuramente il traguardo è vincere e continuare questo percorso iniziato, anche se non sarà facile senza Di Mario e Frassinetti. Comunque credo che con il giusto lavoro e la giusta preparazione si possa fare bene anche nei prossimi anni. E magari, chissà, andare a Tokyo e rigiocare la finale contro gli USA… >>

 

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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