È stato uno dei grandi della ginnastica artistica italiana, ed ora si diletta nel ruolo di commentatore tecnico per la Rai: Igor Cassina è una delle leggende della sbarra, ed ha coronato una carriera straordinaria, nella quale ha avuto anche l’onore di vedere due movimenti prendere il suo nome (Cassina 1 e Cassina 2), con l’oro alle Olimpiadi di Atene 2004. Abbiamo realizzato con Igor una lunga intervista, nella quale siamo partiti dalla sua carriera e da ciò che ha fatto dopo il ritiro, per poi arrivare al commento alla spedizione azzurra a Rio 2016, ed eccone la prima parte: parliamo del Cassina atleta, della sua storia, dei suoi risultati e delle sue sensazioni, ed ecco di seguito le parole dell’ex ginnasta, classe ’77.
Ciao Igor, partiamo dagli esordi: com’è arrivato il giovane Cassina alla ginnastica, e perchè hai scelto questa disciplina? Inizialmente ti dedicavi al judo, uno sport totalmente diverso…
”Mi sono avvicinato alla ginnastica artistica grazie a mia sorella Mara, che già la praticava: quando praticavo il judo ero molto vivace, non stavo mai fermo e per mettere il judogi creavo qualche difficoltà, quindi ho deciso di darci un taglio e seguire la passione di mia sorella: ho scelto di provare, mi sono appassionato e da lì è nato tutto il mio percorso”.
Il tuo attrezzo ”forte” è sempre stata la sbarra anche in gioventù, oppure prima avevi una passione maggiore per altri attrezzi (anche se ovviamente Igor si è sempre cimentato nelle gare all-around, ndr)?
”Nella ginnastica artistica si cresce completi, cimentandosi con tutti e sei gli attrezzi: la sbarra è dunque venuta col tempo, verso gli 11-12 anni, quando ho visto che avevo un feeling diverso e quel qualcosa in più rispetto agli altri attrezzi. Ho scelto quindi di dare sempre più attenzione alla sbarra rispetto al resto, senza trascurare nulla, e poi ovviamente negli ultimi anni mi sono specializzato sulla sbarra”.
Hai partecipato per la prima volta alle Olimpiadi a Sydney, nel 2000: quali sono state le sensazioni dei tuoi primi Giochi, cosa ti è rimasto particolarmente impresso? Tra l’altro il Cassina atleta è stato anche una sorta di enfant prodige, visto che hai vinto il primo titolo italiano da juniores…
”L’Olimpiade di Sydney è stata la realizzazione di un sogno: ogni bambino che si avvicina allo sport si immedesima nel sogno olimpico, ed anch’io, quindi ho vissuto la prima Olimpiade non tanto per il risultato finale, quanto per il godermi questo risultato ed il pass per i Giochi. Mi è piaciuto ovviamente stare con gli atleti di tutto il mondo, soprattutto quelli della ginnastica artistica, perchè l’ho vissuta quasi in senso maniacale: tutti quei ginnasti che facevano buoni o ottimi risultati per me erano dei miti, dunque stando con loro mi sentivo un privilegiato. E poi è stato anche bello, nel Villaggio Olimpico e nella sala giochi, poter giocare al fianco di Sotomayor, il primatista mondiale del salto in alto: trovarsi al suo fianco mentre giochi ad una gara delle macchinine è stato veramente bello, parliamo di un atleta che ha fatto la storia del suo sport”.
Mauro Nespoli ci parlava del suo incontro con Kobe Bryant: c’è un tuo idolo della ginnastica che hai avuto modo di vedere e conoscere proprio al Villaggio Olimpico, coronando così un sogno?
”Allora, il mio idolo è sempre stato Dmitry Bilozerchev, da quando avevo 10 anni: purtroppo, quando io ho iniziato a gareggiare ad alto livello, lui aveva già smesso da diversi anni, e dunque non ho mai avuto il piacere o la fortuna di incontrarlo. Però, sono stati tantissimi gli atleti che ammiravo da giovane e poi ho avuto il piacere di conoscere, ad esempio Valerij Ljukin, oppure Aleksej Nemov con cui ho avuto il piacere di condividere due Olimpiadi: a Sydney lui ha vinto ed è diventato campione olimpico, ad Atene invece l’ho ritrovato in finale da campione uscente. Metterei Nemov al primo posto insieme a Bilozerchev nella lista dei miei idoli: hanno due storie diverse, però quando ho fatto i campionati del mondo ad Anaheim nel 2003 e sono arrivato 2° davanti a lui, non mi sembrava vero di essergli arrivato davanti e mi sono emozionato tantissimo. Comunque, ho un amore smisurato per i ginnasti, perchè capisco i loro sacrifici, che sono gli stessi che ho fatto io: ho vissuto per questo sport, e dunque ammiro chi fa ginnastica, sento un legame con chi pratica questa disciplina”.
Hai parlato degli allenamenti e dei sacrifici: quanti sacrifici si fanno per arrivare ad altissimo livello? E quanto si allenava Igor Cassina?
”Indubbiamente si fanno molti sacrifici, però ci tengo a precisare che sono stati più rinunce che sacrifici: il sacrificio, per definizione, implica il fatto di non poter fare determinate cose per farne altre, mentre la rinuncia avviene per una decisione precisa, perchè si crede in un obiettivo e lo si vuole raggiungere ad ogni costo. Quindi magari si frequentano meno le amicizie, non si esce la sera, ma in maniera spassionata e serena perchè c’è un’altra priorità, nel mio caso quella di fare del mio meglio per arrivare alle Olimpiadi e vincere. Sono scelte e rinunce che però bisogna fare, e sono tante: il forte credo in quello che si sta facendo, però, te le fa vivere in maniera spensierata, e se dovessi tornare indietro, rifarei tutto perchè in cambio ho ottenuto tantissimo. Gli allenamenti? Mi sono sempre allenato lunedì, martedì, giovedì e venerdì mattina e pomeriggio, quindi dalle 4 alle 6 ore al giorno, mentre mercoledì e sabato facevo mezza giornata, 3-4 ore circa, e la domenica era di riposo. Molto spesso, però, di domenica c’erano le gare, e quando non c’erano gare, per farti capire quanto stavo bene nel mio ambiente, andavo in palestra e facevo un po’ di scioltezza, oppure stavo lì a guardare gli attrezzi: sai quante volte la domenica c’erano delle bellissime giornate ed io andavo in palestra? Stavo lì da solo, ascoltavo l’ambiente, magari immedesimandomi in ciò che avrei dovuto fare il giorno dopo o in una particolare gara che sarebbe venuta: questo mi faceva star bene, e l’essere umano deve fare ogni cosa che lo faccia stare bene, o almeno io la penso così”.
Il tuo amore per questo sport si vede anche dalla tua scelta per il post-carriera, ovvero quella di diventare allenatore nella società Pro Carate…
”Ho allenato per tre anni, però da quando son tornato da Rio mi son trasferito dalla mia ragazza (Valentina, ndr) a Treviso, e adesso sto portando avanti un progetto insieme a lei di nutrizione e sport, un binomio vincente: quindi la componente sportiva c’è sempre, perchè seguo le persone in un percorso di rieducazione, allenamento e pratica dello sport, che è fondamentale, ma ad oggi e da circa un mese e mezzo non alleno più in una società di ginnastica artistica. Anche se inizierò delle collaborazioni dove andrò ”a spot” in qualche società ad aiutare, perchè la ginnastica è la mia vita e sarò sempre collegato a questa disciplina: il mio sogno per il futuro è quello di aprire un centro sportivo nel quale ci sarà una palestra di ginnastica artistica, e poter dare a tanti ragazzi la possibilità di vivere quelle esperienze che io stesso ho vissuto, dando vita anche in maniera indiretta ad una società in cui venga portato avanti il messaggio positivo della ginnastica artistica”.
Soprattutto in un paese come il nostro, nel quale ci sono problemi con le strutture: ricordo ad esempio i problemi logistici evidenziati negli anni scorsi da Vanessa Ferrari…
”Sì, per farti un esempio qui a Treviso manca una società di ginnastica artistica maschile e c’è solo la femminile. Quindi, ben venga questo mio progetto”.
Raccontaci un po’ quella giornata magica che ti ha portato all’oro di Atene: una medaglia che, tra l’altro, è stata la 500a dell’Italia ai Giochi. C’è stato un momento, magari nei giorni precedenti alla gara, in cui ti sei detto ”questa la vinco”?
”Guarda, sapevo di avere un esercizio che, se fatto bene, mi dava tutte le carte in regola per vincere l’oro: ero consapevole che, facendo il mio, avrei potuto portare a casa quel risultato. Ero in forma, stavo bene e c’erano tutti i presupposti per vincere: diciamo che la mia attenzione non è stata focalizzata troppo sul risultato finale, perchè questo può anche essere deleterio: ho semplicemente ripercorso nella mia testa, sia quel 23 agosto che nei giorni precedenti, le mie sensazioni abituali, ciò che facevo normalmente, l’approccio che avevo per fare quell’esercizio e gli automatismi/schemi mentali che sono quelli che poi servono per essere totalmente concentrati e non fare errori in uno sport complesso come la ginnastica. In pochi secondi ci si gioca tutto, ci vuole veramente poco per sbagliare e mancare l’obiettivo, anche perchè, a differenza di altri sport, non c’è il tempo materiale per recuperare l’errore. Ogni sbaglio può essere fatale”.
L’Igor Cassina atleta rientra tra quei ginnasti che hanno l’onore di aver ”creato” un movimento che porta il loro nome: innanzitutto ti chiedo, com’è nato il ”Cassina” (esistono i movimenti Cassina 1 e Cassina 2, ndr)? E poi, cosa significa per un atleta sapere che il tuo nome resterà per sempre, grazie a quel gesto tecnico?
”Indubbiamente è una grande soddisfazione, al di là del fatto di aver fatto quel grande risultato ad Atene, io ero già contento per aver ottenuto il riconoscimento dalla federazione internazionale (nel 2002) per il mio movimento: l’ho iniziato a preparare in giovane età, l’ho poi revisionato e sistemato, e quando è stato veramente pronto l’abbiamo presentato nel 2001 al mio primo campionato del mondo. È stata una grande gioia vederlo riconosciuto dalla federazione internazionale: l‘aver lasciato qualcosa di me che resterà nella storia della ginnastica, anche quando sarò ”a fare ginnastica nell’alto dei cieli”, è fantastico. Ogni volta che vedranno eseguire questo movimento, i commentatori diranno ”questo è il movimento Cassina”, e quindi è una bellissima cosa. A Londra e Rio anch’io ho fatto il commentatore, ed inizialmente è stato strano dire in diretta ”movimento Cassina”, ma pian piano mi ci sono abituato”.
Tu avevi fatto una lettera d’addio alla ginnastica al momento del tuo ritiro, nella quale dicevi che avevi realizzato tutti i tuoi sogni di giovane ragazzo che si avvicinava a quel mondo: c’è un rimpianto in tutta la tua carriera? Magari ripensando a quel 4° posto di Pechino…
”Se vado a guardare la mia carriera, probabilmente, ci sono momenti in cui avrei potuto raccogliere ancora di più, partendo dal campionato europeo del 2009: avevo il primo punteggio in qualifica, la gara si teneva a Milano ed in finale son caduto due volte. Lì ho commesso un errore di approccio mentale, non tanto riguardo alla pressione di vincere in casa, quanto alla troppa sicurezza: son salito pensando ”oggi vinco facilmente”, perchè gli altri favoriti avevano fatto male e pensavo già al dopo-gara, alla festa coi fan ecc. Son salito troppo ”sciallato”, però ti posso dire che questi momenti che ho vissuto mi hanno fatto crescere e mi hanno insegnato di più di quanto avrebbero fatto se avessi vinto: credo che a volte, nel percorso della nostra vita, le difficoltà insegnino tanto. Poi, ovviamente, avrei preferito magari avere 3 medaglie d’oro europee, 12 mondiali, ma il mio percorso ha comunque avuto un senso logico, e tutto è arrivato in maniera ponderata e costruita: lo stesso oro di Atene è frutto di un percorso che mi ha portato al 4° posto al Mondiale 2001, al 3° posto nell’Europeo ed al 2° ai Mondiali di Anaheim, prima di quel successo. Poi ho avuto un momento di ”down”, nel quale sono caduto, mi son fatto male e sono ripartito, ma tutto questo susseguirsi di alti e bassi mi ha portato ad avere un equilibrio maggiore come persona: ho imparato a gestire i momenti di difficoltà e sono una persona più forte, d’altronde gli alti e bassi nella vita li abbiamo tutti e ciò che fa la differenza è riuscire ad avere la mente lucida per gestire le situazioni”.
Se non ricordo male, ad un certo punto della tua carriera avevi abbandonato il Cassina 2 per le cadute: hai mai visto, in seguito, atleti farlo in gara, e qual è la sensazione che si prova nel vedere un altro ginnasta eseguire qualcosa che tu avevi messo da parte?
”Avevo abbandonato per un periodo il Cassina 1 (Kovacs teso con avvitamento a 360° sull’asse longitudinale), perchè ero caduto e mi ero fatto male, e dunque era subentrata la paura: non l’ho presentato per un anno, facendo un passo indietro con un movimento più semplice e riacquisendo quella fiducia che era svanita con l’infortunio, salvo poi ripresentarlo ed ottenere ancora i miei risultati. Poi ho fatto il Cassina 2, mi è riuscito, però la federazione internazionale non mi ha riconosciuto un decimo in più di difficoltà come credevo, ed allora mi son detto: ”mi metto a preparare un movimento molto più rischioso e difficile, con una probabilità di riuscita più bassa, e non ho neanche un premio nel punteggio?”, ed ho deciso di non continuare a farlo. Sono stato comunque il primo a presentare l’esercizio con due avvitamenti (il Cassina 2, appunto)”.
Finisce con queste considerazioni sul movimento Cassina la prima parte della nostra intervista ad Igor: nel pomeriggio pubblicheremo la seconda parte, focalizzata sul Cassina commentatore e sui risultati dell’Italia della ginnastica artistica a Rio.