“Andare alle Paralimpiadi è tanta roba, sotto tutti i punti di vista: quando vai ad un’Olimpiade, fai tanta fatica prima, ma anche durante la competizione. Soffri molto, perché ci sono le aspettative, la tensione, la paura di non fare bene, insomma: tutte queste emozioni ti colpiscono con impeto e devi stare attento a non farti travolgere. Davvero, è tutto estremamente forte dal punto di vista emozionale, nel bene e nel male”. Quando inizia a parlare di emozioni olimpiche, Antonio Squizzato non si tira di certo indietro: “Una volta – spiega – quando mi chiedevano cosa vuol dire partecipare ad una competizione del genere, rispondevo sempre con frasi del tipo ‘una bella emozione’, però quella non era la risposta vera”. Con il tempo e con l’esperienza, però, le parole per descrivere quello che un atleta prova quando si trova ad affrontare i Giochi vengono fuori. E di esperienza, Antonio Squizzato, ne ha fatta un bel po’: quella di Rio, per il velista friulano, sarà infatti la terza partecipazione alle Paralimpiadi dopo le presenze a Pechino nel 2008 e a Londra, quattro anni più tardi.
Velista della Canottieri Garda Salò, Squizzato si avvicina alla vela quasi per caso: “Mi sarebbe sempre piaciuto fare sport – racconta – poi, per vari motivi, forse un po’ per timore, non avevo mai iniziato a praticarlo”. La svolta arriva grazie ad un amico che lo avvicina al mondo della vela, un mondo che affascina subito Antonio: “A Lignano Sabbiadoro arrivò un circolo che portò anche queste barche, le 2.4: decisi di provarle e da lì iniziai a fare qualche “regatina” a livello locale nel nord Adriatico”. Nel 2008 l’atleta friulano conosce anche i velisti che si preparano a volare in Cina per prendere parte proprio alle Paralimpiadi ed è in quel momento che, ancora una volta quasi per caso, Antonio Squizzato si trova a fare il salto di qualità: “Conobbi due ragazzi che dovevano andare con il Sonar a Pechino, ma alle visite preolimpiche del CONI all’Acqua Acetosa venne riscontrato un problema al cuore al prodiere e questi ragazzi si ritrovarono, a sei mesi dall’evento, a doverlo sostituire”. A quel punto arriva la chiamata per iniziare gli allenamenti in vista dei Giochi: “Optarono per me e altri due ragazzi, in modo tale che fossimo vicini e potessimo coordinare gli allenamenti assieme. In questo modo entrai in squadra: evidentemente nelle mie regate avevo dimostrato che in me qualcosa di buono c’era”.
Tornato dall’esperienza olimpica l’Azzurro decide di proseguire la sua esplorazione all’interno del mondo della vela e si concentra su diverse imbarcazioni: “Decisi di provare anche altre barche, facendo così esperienze di tipo diverso. In quel periodo entrai in contatto con la Canottieri che ha rappresentato per me una svolta”. E con la Canottieri arriva anche il contatto con la Federazione: è il 2011 e da lì ad un anno sono in programma i Giochi Paralimpici di Londra. Anche questa volta Squizzato partecipa ai Giochi con un Sonar, ma in qualità di timoniere: “Quell’anno entrai in un altro mondo: mi trovai infatti a contatto con istruttori di alto livello. Si può dire che, forse, da un certo punto di vista lì iniziai a fare vela in modo serio”.
Al ritorno da Londra, Squizzato decide di cambiare barca: “Al rientro fu difficile continuare a gestire una barca da tre per la quale è necessario organizzare gli allenamenti, cosa questa che rende tutto più difficile. Quindi decisi di salire su un 2.4 e fare un quadriennio su questa barca. Una barca molto bella perché effettivamente ti permette di competere ad armi pari tra disabili e non”. Senza una gamba a causa di un incidente avvenuto quando aveva appena tre anni, il velista friulano non si è mai confrontato con altri disabili prima di intraprendere l’avventura sportiva: “A dire il vero, quando sono in barca non penso a che tipo di disabilità abbiano i miei avversari: siamo tutti velisti e si gareggia con il coltello tra i denti, con chiunque. Poi, ovviamente, impari: le Paralimpiadi ti insegnano qualcosa di più per esempio sul coraggio che hanno le persone, perché c’è qualcuno che veramente ha una grinta e una determinazione incredibili. Ci sono dei ragazzi che magari per salire in barca devono rotolare sul pontile, devono tirare le cime con i denti perché non hanno modo di fare altrimenti e, che ci sia il mare piatto o che ci sia vento, non mollano e magari ti arrivano anche davanti”.
Squizzato si sta ora preparando per andare a Rio, allenandosi con la 2.4: “Se oggi posso permettermi di preparare la terza Paralimpiade, lo devo soprattutto alla Federazione, che mi mette a disposizione anche un nutrizionista e uno psicologo dello sport, alla Canottieri e al mio datore di lavoro, che mi permette di assentarmi per allenamenti e trasferte. Senza il loro aiuto – conclude – sarebbe oggettivamente impossibile prepararsi ad una competizione come questa”.