Azzurri di Gloria ha avuto l’onore ed il piacere di fare quattro chiacchiere con Bruno Pizzul, un autentico totem del giornalismo sportivo, ricordando le sue esperienze ai Giochi Olimpici a cui prese parte da commentatore.
Per anni le sue cronache hanno raccontato le gesta di tanti campioni. Molte generazioni sono cresciute ascoltando i suoi resoconti attenti ed accurati, sempre precisi e puntuali, mai scontati, emblema di un modo di fare giornalismo ormai scomparso. La sua voce è entrata nelle case di tutti gli italiani. “Senza suonare il citofono” aggiunge scherzosamente Bruno Pizzul, ripensando divertito alla sua straordinaria carriera, nel corso della quale ha commentato qualcosa come 9 Olimpiadi, 5 Mondiali e 4 Europei di calcio. Numeri considerevoli che dimostrano il ruolo importante ricoperto dal telecronista friulano dal 1970 (anno in cui commentò la sua primissima gara) fino ai primi anni del nuovo Millennio. Nel corso della sua carriera da giornalista ha raccontato incontri di calcio, match di pugilato, tennis da tavolo, gare di bocce, vela e corse ciclistiche, a dimostrazione di una completezza ragguardevole in ogni ambito sportivo.
Pizzul racconta il suo esordio, piuttosto traumatico se si considera che ebbe subito a che fare con discipline insolite e poco note alla maggior parte della platea internazionale dell’epoca. Non fu dunque un’esperienza semplice, almeno inizialmente: “Ho vissuto le prime Olimpiadi in modo un po’ impreparato dal punto di vista della conoscenza dello sport. Tuttavia sono riuscito a gestire una situazione del genere cercando di essere il più tranquillo possibile, dicendo il nome del contendente ed il risultato, ma in genere te la potevi anche cavare a meno che non ti dovesse capitare di fare la cronaca di sport assolutamente sconosciuti, come il judo o discipline simili. Per il resto è chiaro che se andavi a fare cronache della pallacanestro cercavi di seguire lo svolgimento del gioco senza fare eccessivi riferimenti di carattere tattico e via dicendo. Pero in alcune discipline francamente non era facile. Ad esempio nello stesso sollevamento pesi si può raccontare se l’atleta riesce a sollevare l’attrezzo ma non conosci la tecnica”.
E a proposito del suo debutto nei Giochi Olimpici del 1972, Pizzul racconta due aneddoti particolari ma anche significativi sull’approccio del giovane cronista ad un grande evento: “A Monaco 1972 dovevo commentare la finale dei pesi massimi di Judo. Non sapevo nulla dei contendenti e mi sono documentato leggendo qualcosa in auto mentre mi avvicinavo alla gara. Al termine dell’incontro commentai: << Ha vinto Tatami>>. In realtà Tatami altro non era che la marca del materassino… Tra l’altro un divertito Enzo Jannacci mi disse in seguito: << Bruno, ho registrato tutto >>. Sempre a Monaco commentai le gare di nuoto per tutta la prima settimana. Beppe Viola una volta mi disse: << Vale di più una rimessa di Biasiolo dell’avanti-indietro di questi qui >>”.
Monaco 1972 rappresentò solamente la rampa di lancio della carriera del giovane Bruno, poi sempre presente alla rassegna olimpica fino ad Atene 2004, l’ultima tappa di un viaggio incredibile e denso di ricordi, più o meno intensi: “Ho lavorato a tutte le Olimpiadi, dal 1972 fino ai Giochi di Atene del 2004. Un’edizione particolarmente bella e brillante dei Giochi Olimpici è stata quella di Montreal 1976. Il Canada è un paese molto bello, i canadesi sono simpatici. E poi ricordo con piacere tutte le esperienze delle Olimpiadi fatte oltreoceano anche se è stato faticosissimo all’inizio perché gli americani non erano in grado di far funzionare l’audio. Avevano il mito del lavoro che cambia continuamente e quella volta alle Olimpiadi servivano mille tecnici audio. In effetti hanno assunto mille persone ma erano incapaci di fare quel tipo di lavoro. Per questo c’erano dei problemi terrificanti ed ogni volta dovevamo mandare i tecnici dell’Eurovisione per controllare che tutto fosse a posto”.