Con la vittoria ai punti contro il turco Yasin Ylmaz a Vargas, in Venezuela, Carmine Tommasone ha strappato il pass per Rio, entrando nella storia come il primo pugile professionista a qualificarsi alle Olimpiadi, dopo l’apertura ai pro da parte dell’AIBA che tanto sta facendo discutere gli amanti della nobile arte. Il 32enne di Contrada (Avellino), combatterà tra i pesi leggeri. Azzurri di Gloria ha contattato in esclusiva Tommasone, che tra i pro vanta un titolo italiano, un Intercontinentale WBA e un titolo UE dei pesi piuma.
Ciao Carmine. Sei il primo pugile professionista a qualificarsi alle Olimpiadi. Che effetto si prova?
“E’ un’emozione bellissima. Sono il primo professionista ad andare alle Olimpiadi e, inoltre, il primo irpino ad essere qualificato. E’ un’emozione bellissima e indescrivibile, anche perché col passaggio ai professionisti le Olimpiadi erano ormai lontane dai miei pensieri. Sono un sogno che si realizza”.
Il pugilato professionistico è assai diverso da quello dilettantistico. Hai trovato delle difficoltà a combattere sulle tre riprese?
“Sì, la metodologia e i ritmi sono diversi. Sono proprio due sport diversi. Fortunatamente, però, ho alle spalle una lunga carriera da dilettante, avendo modo di conoscere in passato l’ambiente della Nazionale, quindi, sono riuscito ad inserirmi facilmente. C’è da considerare anche che il mio tipo di pugilato, fatto di tecnica, velocità e ritmo alto, mi ha permesso di inserirmi più facilmente in questo contesto”.
Cosa ti ha spinto a scegliere di giocarti questa chance?
“Io ero campione dell’UE e sfidante al titolo europeo (dei pesi piuma, ndr). Mi hanno contattato per conoscere la mia disponibilità, e io penso che il sogno di tutti gli atleti è proprio quello di disputare le Olimpiadi. Mi sono detto ‘Perché non provarci?’. Questo è un sogno che mi era sfuggito già nel 2008. Ciononostante, questa scelta non toglie niente a quanto avevo già deciso prima di volare in Venezuela per il torneo di qualificazione olimpica: io infatti avevo rinunciato al titolo europeo per altri motivi”.
Quindi questa scelta era già stata ponderata prima che ti venisse proposta questa opportunità?
“Sì, avrei dovuto combattere per l’Europeo a settembre, ma ho declinato l’invito perché non avevamo trovato degli accordi sulla borsa”.
Cosa cambierà in ambito professionistico con la tua presenza alle Olimpiadi? Pensi che aiuterà il movimento?
“Io conosco già molte persone che lavorano nell’ambiente che mi hanno detto che un giorno i pugili professionisti mi ringrazieranno. Io spero che sia effettivamente così. So che il progetto dei pugili pro è quello di creare una nazionale dei professionisti, esattamente come c’è quella dei dilettanti. In questo modo si spera di risolvere alcuni problemi che tormentano il nostro pugilato: in Italia non si sa mai con certezza quando devi combattere, e le borse sono minime. Quindi, con questa scelta spero di aver aiutato il professionismo”.
Per un atleta gli obiettivi sono importanti: il tuo è l’oro?
“Sì, è normale. Io vado a Rio con la consapevolezza dei miei mezzi e anche dei miei limiti. Certamente non vado in Brasile per farmi una vacanza, come molti pensavano, ma per fare bene, come ho fatto bene in Venezuela e in tutti gli altri match. Andrò determinato e preparato al massimo”.