Lo chiamano “Piccolo Principe” o ”Astore del Montello”. Sicuramente a Damiano Cunego calzerebbe bene anche il soprannome “Stupore del mondo” attribuito a Federico II di Svevia in epoca medievale. In effetti, sono pochi i ciclisti che hanno lasciato il segno così velocemente. Ancora meno sono stati quelli dotati della sua precocità e duttilità. Il successo al Giro d’Italia 2004, ad appena 22 anni, è stato il trampolino di lancio di un atleta capace di imporsi su più fronti, dalle corse a tappe alle classiche monumento. Nonostante il tempo trascorso, la classe del ciclista scaligero è rimasta immutata. Da tre stagioni veste la maglia della Nippo Vini Fantini, formazione italiana con licenza Professional Continental, alla quale va il più sentito ringraziamento per aver reso possibile questa splendida chiacchierata.
L’ATTUALITA’
Buongiorno Damiano, quali sono le Sue condizioni? Si è ripreso dal brutto infortunio rimediato sulle strade argentine?
<<Direi di sì. L’incidente è avvenuto a febbraio, sono passati quasi due mesi. Ho avuto modo di riprendermi in quest’ultimo periodo>>.
Quali sono gli obiettivi dei prossimi mesi?
<<Dopo il debutto al Giro dell’Appennino, prenderò parte al Giro del Trentino ed al Giro del Giappone, per arrivare al top della forma ai campionati italiani>>.
Dunque queste prime corse saranno volte unicamente a trovare la miglior forma fisica.
<<Sì, considera che mi sto allenando solo da due settimane non ho condizione fisica perfetta. Queste corse mi serviranno per riassaporare diverse sensazioni, come il clima del gruppo. La competizione è sempre qualcosa di diverso dall’allenamento>>.
L’ESCLUSIONE DAL GIRO
Quest’anno la Sua formazione Nippo Vini Fantini non prenderà parte al Giro d’Italia per scelta degli organizzatori. Quanto Le ha fatto male questa esclusione?
<<È ovvio che manchi il Giro. Sono sempre stato abituato a parteciparci. Sapere che non posso farlo dispiace, soprattutto per la mia squadra, che si è sempre data tanto da fare in questi anni>>.
Negli ultimi mesi si è letto di tutto su queste scelte a sorpresa degli organizzatori. Gianni Savio ha persino ipotizzato una sorta di fusione temporanea tra la sua Androni Giocattoli Sidermec e la Nippo Vini Fantini. Lei che idea si è fatto?
<<Beh posso solo dire che sono molto dispiaciuto per l’esclusione. Tuttavia, sono cose di cui spetta a loro discutere. Io faccio l’atleta, loro sono i dirigenti. Ovviamente mi dispiace non poter partecipare, ma non dipende da me>>.
Se Le dico Giro d’Italia, cosa Le viene in mente?
<<Mi viene in mente una corsa di tre settimane. Per chi vuole vincere tappe ci sono sempre tante occasioni praticamente una ogni tre giorni circa. E poi c’è sempre un grande pubblico. Dispiace per chi è escluso>>.
LA VITTORIA NEL 2004
Lei ha anche vinto la corsa rosa nel 2004. Quali sono i Suoi ricordi di quella vittoria?
<<Tutti mi conoscono per quel Giro d’Italia. È stata indubbiamente la corsa che mi ha lanciato. Onestamente non ho particolari ricordi. Sicuramente posso affermare che è stata una grandissima soddisfazione>>.
Lei ha conquistato il Giro d’Italia giovanissimo, a soli 23 anni. A distanza di tempo, pensa che quel successo precoce abbia influito positivamente sulla Sua carriera o sia stata un boomerang per le eccessive pressioni mediatiche?
<<Ci sono due tipi di atleta: quelli che maturano tardi e quelli che vincono subito, come accaduto a Beppe Saronni per esempio. Onestamente, credo sia stata un’importante vittoria ed una svolta della mia carriera. Io non cambierei proprio nulla di quanto fatto finora. E non mi occupo di pressioni o voci simili>>.
In compenso, Lei rimane uno dei pochi ciclisti capace di vincere un Grande Giro e classiche importanti come l’Amstel Gold Race ed il Giro di Lombardia. Come si può vincere in entrambe le competizioni? Oggi sembra impossibile…
<<Negli ultimi anni c’è stata un’altissima specializzazione. È difficile vedere i big delle corse a tappe cercare la vittoria nelle classiche di un giorno, a parte qualche fuoriclasse. Io sono andato bene in entrambi i tipi di competizione grazie ad un gran motore e ad una straordinaria capacità di recuperare le forze. Per 6 o 7 anni queste caratteristiche mi hanno permesso di essere nei primi 5 al Giro d’Italia e di stare con i migliori nelle Classiche. Insomma, non è poca cosa>>.
IL CICLISMO ATTUALE
Il ciclismo è cambiato molto negli ultimi anni. Da ciclista, qual è la Sua percezione? Si divertiva maggiormente prima? Fanno bene questi mutamenti?
<<Sicuramente i cambiamenti ci sono stati. Difficile stabilire se questo fatto è positivo o negativo. Mi limito ad osservare e ad adattarmi da atleta. Certo, il ciclismo in cui ho iniziato a correre era probabilmente più divertente e meno estremo, meno selettivo. Ultimamente la programmazione fa molto la differenza. Vedremo cosa accadrà nei prossimi anni, anche se penso di correre ancora per una o due stagioni prima di smettere>>.
Davvero? E poi? Cosa farà Damiano Cunego quando non gareggerà più?
<<Ah su questo ho le idee chiarissime. Rimarrò nel team in cui sono ora, anche se con altri ruoli. Mi trovo bene con Nippo Vini Fantini. Comunque mi dedicherò anche ad altro. Sto studiando scienze motorie e mi piacerebbe portare avanti questo impegno. Al contempo, mi piacerebbe anche provare altre esperienze in ambiti diversi, come la televisione. Va bene anche come uomo immagine del team>>.
GIOIE, DELUSIONI E CONSIGLI
Si è parlato di fine carriera. E, invece, come è iniziata la storia d’amore tra Lei e la bicicletta?
<<Premetto che provengo da una famiglia di sportivi. Ero abituato a praticare sport, in particolare la corsa a piedi. Ho partecipato a molte campestri. Poi ho deciso di correre in bici. Inizialmente è accaduto per gioco. Poi ho cominciato a vincere, fin da subito. Ho vinto tanto nelle categorie minori. Ricordo anche la vittoria nel Mondiale Under 23 a Verona nel 1999>>.
Beh vincere un titolo iridato in casa non è da tutti…
<<È stato molto bello, qualcosa di speciale. La cosa più bella è che molte persone se lo ricordano ancora adesso. Personalmente l’aspetto che più mi piace è vedere quella corsa con la telecronaca del grande De Zan, voce storica del giornalismo. È una soddisfazione immensa>>.
A proposito di competizioni iridate, purtroppo non è arrivato l’oro anche nel 2008, nel Mondiale di Varese. Quell’argento rappresenta più un dispiacere o una soddisfazione?
<<Certamente è un premio per l’ottimo lavoro di squadra. Abbiamo corso benissimo. Personalmente, dispiace non aver potuto vincere. È il più grande rimpianto della mia carriera insieme al secondo posto nella tappa con arrivo sull’Alpe d’Huez al Tour de France 2006>>.
In compenso le soddisfazioni non sono mancate. Ce n’è una che preferisce tra le varie corse da Lei conquistate?
<<Sono state tutte belle soddisfazioni. Ovviamente, ricordo con piacere la vittoria al Giro 2004, ma anche l’ultimo trionfo al Giro di Lombardia, nel 2008, quando arrivai da solo dopo un’azione spettacolare>>.
Ultima domanda: cosa consiglierebbe ad un bambino o un ragazzino che si avvicina per la prima volta al ciclismo?
<<Mi capita spesso di parlare con loro nelle scuole e do sempre due consigli: studiare, dedicando impegno alla scuola e praticare sport perché è un modo per giocare ed un diversivo per riempire il tempo libero. E poi il ciclismo tempra il carattere, aiuta a crescere>>.
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