Donato Telesca è attualmente campione mondiale e detentore di numerosi record nel sollevamento pesi paralimpico. Ai nostri microfoni ci parla della sua carriera e degli obbiettivi futuri, con un focus sulle prossime Paralimpiadi di Tokyo 2021
LO SPORT È MERITOCRATICO
Come ti senti in questo periodo?
Sono molto gasato, siamo agli sgoccioli e sicuramente la pressione è tanta. Siamo sul pezzo e focalizzati, per me è importante non perdere il focus in questo momento e riuscire a tenere botta abbastanza bene. La situazione Covid, da un certo punto di vista, mi ha aiutato tantissimo a non deconcentrarmi. Diciamo alla grande sotto tutti i punti di vista, ma non ti nascondo che sto facendo tante cose al momento, sono un atleta si, ma ho diversi interessi in diversi ambiti e a tutti gli effetti questi condizionano un minimo la mia mentalità e la mia energia mentale. Riguarda ciò che sta oltre la prima impressione dell’atleta e quello che fa oltre agli allenamenti.
Partiamo dall’inizio, come ti sei appassionato a questo sport?
Sono sempre stato uno sportivo, fin da piccolo, ma non potendo fare calcio ho dovuto cercare un’altra disciplina che mi potesse stimolare. Mia madre mi consigliò di andare in palestra e a questo si collegò il mio desiderio di diventare forte. Da bambino sognavo di diventare come Hulk e, anche se sembra banale, i miei idoli erano i supereroi, sinonimi di forza. Dopo un po’ di anni quel passatempo iniziava a diventare sempre di più una passione, che mi stimolava a lavorare con sempre più serietà. Entravo in palestra per la prima volta a 9/10 anni, ovviamente a “cazzeggiare”, però mi è servito per iniziare a entrare nella mentalità e capire cosa avrei potuto fare. A 14/15 anni ho iniziato a lavorare molto più seriamente, iniziai a notare che la mia forza cresceva e diventavo anche più forte delle persone più grandi di me.
Casualmente scoprì l’esistenza di questo sport, la pesistica, e iniziai a informarmi mettendomi in contatto con la Federazione. Purtroppo però non c’era nessuna società affiliata alla federazione nella mia zona, ma cercai comunque un modo per tesserarmi. Feci la mia prima gara pochi mesi dopo aver compiuto 17 anni, e vinsi la mia prima gara nazionale. Il mese successivo partecipai al campionato italiano, era il mio primo campionato assoluto e mi presentai confuso e con molte idee in testa, ma malgrado tutto con mia grande sorpresa riuscii a vincere, e quindi da lì in poi la voglia di è andata sempre più in crescendo. Venni poi chiamato dalla Nazionale Italiana per collaborare con loro e a prepararmi per le gare successive.
Dopo qualche mese partecipai a una gara internazionale in Polonia e successivamente a una gara internazionale ufficiale a Dubai, la gara del mio esordio ufficiale. Si trattava della Coppa del Mondo a cui arrivai subito secondo, non me lo aspettavo proprio perché ero l’ultimo arrivato. Iniziai a fare altre gare per qualificarmi per il Mondiale Junior a fine del 2017 dove riuscii non solo a vincere, ma anche stabilire due record del mondo e a diventare il primo campione italiano maschile nella storia di questa disciplina. Nel 2019 ho vinto i mondiali junior, titolo ancora in mio possesso, e attualmente ho stabilito otto record del mondo nella mia categoria.
Come si svolgono di norma le tue giornate di allenamento?
Ci alleniamo principalmente in palestra, facendo sollevamenti sulla panca piana. Abbiamo ogni giorno due sessioni di allenamento. Io mi sveglio alle 7 e dopo la colazione vado in palestra fino alle 11. Di pomeriggio verso le 16:30 abbiamo la seconda sessione di allenamento, in pratica dalle 3 alle 4 ore di allenamento al giorno tutti i giorni.
Qual è stata la gara che ricordi con più nostalgia?
Sicuramente la gara che ricordo con più entusiasmo sono i primi Mondiali Junior. Lì ho dovuto dimostrare il mio valore, e sempre lì ho vinto i mondiali, stabilendo anche il record del mondo, quindi un esordio che è andato nel migliore dei modi e che aveva superato le mie previsioni. In quell’occasione ho avuto modo di conoscere anche atleti di alto livello e da lì ho iniziato a farmi conoscere in questa disciplina.
Sei molto giovane, ma hai già vinto quasi tutto e stabilito innumerevoli record. Quanto è difficile non perdere la concentrazione e rimanere focalizzato sulla vittoria?
Credo che il senso implicito di questa domanda riguardi un problema tipico di molti atleti, ovvero quello di spingere molto per poi appoggiarsi sugli allori una volta conquistato qualche titolo. In molti ambiti della vita questa è un’analogia che però non comprendo. Io dopo ogni gara penso subito a quella successiva e mi sono sempre focalizzato sul diventare il migliore di sempre.
La mia mentalità mi porta sempre a raggiungere un livello superiore rispetto al precedente, probabilmente per dimostrare qual è la mia forza di volontà. Quello che credo faccia la differenza è il porsi sempre degli obbiettivi più importanti e più difficili, ed è quello che mi ha dato una grossa mano nel vincere tutto. Basta un momento per abbassare la guardia, uscire fuori gara e ti crolli tutto il mondo addosso. Mi definirei un atleta classico, un vero vincente si va a prendere tutto quello a cui ambisce, e per vincere tante gare devi avere la mentalità giusta, da vero campione.
Parliamo delle prossime Paralimpiadi, ti senti pronto? Pensi di riuscire a mantenere il posto nel ranking e raggiungere la qualificazione?
Sicuramente non sarà facile, perché si tratta del livello più alto con in palio i premi più ambiti, che rendono molto agguerriti tutti gli atleti. Io sono ponto per conquistare il più possibile, attualmente sono qualificato e farò di tutto per mantenere il mio posto nel ranking e andare alle prossime Paralimpiadi, gioco per vincere e non per partecipare. So già che arriverò pronto per la competizione, attualmente sono in un ottimo momento di forma e ho altri cinque mesi per poter migliorare e arrivare ancora più preparato.
Nonostante la tua giovane età stai già collezionando diversi successi, c’è un limite o un obiettivo che ti sei posto?
In realtà si basa tutto sulle mie sensazioni, quando sentirò di aver dato tutto quello che potevo dare, e mancheranno gli stimoli, chiuderò. Diciamo che ci potranno essere cose più accattivanti che mi attirano, ma per ora non mi pongo nessun obbiettivo. Porto avanti lo studio e lo sport insieme, quando sentirò che mancherà quel sentimento allora abbandonerò, può essere tra un anno o sette.
Per esempio, uno degli obbiettivi che mi sono posto dopo le olimpiadi è l’andare a studiare all’estero, non implica che smetta di allenarmi o gareggiare, sicuramente mi rallenterà ma si tratta di porsi un altro obbiettivo. Noi umani viviamo di stimoli e emozioni, sono questi che ci guidano e ci spingono verso traguardi sempre diversi. Diciamo che le paralimpiadi sono l’ultimo step, ovvero quello che in realtà mi manca per completare il palmarès. Si tratta di una competizione davvero difficile, ma darò tutto per vincerla questo anno. In conclusione, non mi pongo limiti, ma neanche mi risparmio fatica e lavoro.
Uscendo dal personaggio sportivo, se Donato Telesca non fosse diventato un atleta, cosa o chi sarebbe diventato secondo te?
Credo una persona molto visionaria, a cui piace molto uscire e interessata a diversi ambiti. Ad esempio io ho sempre visto lo sport come punto di lancio, le persone normali si pongono gli obbiettivi di vita personale dopo aver terminato gli studi o l’università, ma nessuno cambia la propria vita in corso d’opera, nessuno si butta realmente nella vita prima di aver provato a realizzare il proprio obbiettivo lavorativo. Magari mi sarei laureato in economia, forse avrei avuto una mentalità meno determinata ma sicuramente simile a quella che ho adesso.
Cos’è che ti ha ispirato ad andare avanti e a lottare permettendoti di superare i tuoi limiti
I limiti sono ostacoli che noi stessi ci poniamo, perché Filippo Tortu non dovrebbe scendere sotto i 10 secondi? Solo perché lo aveva fatto Mennea? Il fatto che ci sia riuscito qualcuno prima non significa che nessuno ci riuscirà poi. Perché non potresti vincere il milionario solo perché qualcuno della tua famiglia non ci è riuscito prima? O perché non potresti fare il medico se qualcuno della tua famiglia non lo ha già fatto? Che limiti sono questi? Sono delle convinzioni autoimposte, che condizionano la vita, e spesso te la rovinano.
Molte persone si precludono la possibilità di realizzare i propri sogni perché hanno dei limiti imposti dalla famiglia o dalla società. Bisogna capire che quella cosa già fatta tu la puoi fare in modo diverso, con un tuo stile e magari anche meglio. I miei limiti li ho superati, e fortunatamente mio padre inconsciamente non se n’è imposti per me, perché nel momento in cui uscivo con i miei amici o facevo altro non ci pensavo. I limiti da ragazzo disabile io non li ho vissuti, perché in realtà mi sono sempre comportato come se non ce li avessi.
Ora sono indipendente, vivo a Roma da solo, da fuorisede, e un ragazzo disabile fuorisede a Roma credo sia una cosa che non capiti tutti i giorni. Quindi in realtà io ce l’ho fatta non essendomi mai imposto il limite di non poter riuscire in qualcosa. Molte volte il pensare di non potercela fare è un’automatizzare il fatto che non ce la farai mai, lo fai inconsciamente sempre. Le persone si pongono limiti che in realtà non hanno nemmeno, solo perché hanno fallito alcune volte, ma due fallimenti non sono un fallimento definitivo.
Che cosa ti ha insegnato fino ad oggi lo sport? E che consiglio ti senti di dare in merito a ciò che, dal punto di vista psicologico, qualsiasi disciplina può offrire?
Ieri ho fatto un post su Instagram, parlando di come le persone guardino solo la parte finale, cioè quando sei lì sul podio con la medaglia al collo, quando sei diventato campione, e non pensano a tutto il sudore e l’impegno che c’è dietro. Alla fine il vero lavoro è tutto psicologico, tutti quanti faticano tanto, un operaio che lavora in fabbrica magari si stanca quanto me ma ha un carico psicologico molto diverso.
Tutti gli spot ti insegnano a faticare e a guadagnarti ciò per cui sudi, alla fine nello sport tu hai ciò che meriti. Solo il talento non può aiutarti a vincere tante gare, lo sport è quel qualcosa che ti permette di raggiungere sempre il fine. Quindi è l’abnegazione al lavorare tanto e bene che ti portano avanti, perché alla fine tutti possono partecipare, ma a vincere è sempre il vero cavallo, e lo siamo tutti noi, ed è quella persona che ha voglia di sfruttare il proprio talento con il lavoro.
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