Le Olimpiadi di Rio si avvicinano e con loro anche i sogni di gloria azzurri. Uno dei punti di forza della truppa azzurra è sempre stata la squadra pugilistica. Per capire meglio quali sono le reali aspettative degli atleti impegnati in Brasile, abbiamo deciso di sentire il parere di Federico Falzone, tra i migliori conoscitori di pugilato in Italia, collaboratore di Losport24 per la boxe nonché ideatore e direttore della fortunata rivista BoxBoxe, che riscuote ormai un successo strepitoso.
(Foto gentilmente concessa dal collega)
Cosa ne pensi della truppa azzurra?
“Ho buone sensazioni. La squadra azzurra è forte. Certo, c’è ancora qualcosa da migliorare, ma ricordiamo che è in corso un cambio generazionale. Vianello è in crescita, mentre magari può aver deluso Domenico Valentino. Se c’è da fare una critica, posso dire che purtroppo la federazione ha preferito puntare su pugili di sicuro affidamento senza investire su alcuni pugili dalle grandi potenzialità. Ciononostante questa può essere una Olimpiade a tinta azzurra, perché abbiamo dei ragazzi validi e motivati. Credo che potremmo aspettarci dei risultati a dispetto delle critiche pervenute da alcune voci di settore che vedono una Nazionale allo sbando”.
Te la senti di fare dei pronostici? Chi è in odore di medaglia?
“Io per motivi scaramantici non voglio fare pronostici. Premesso questo, credo che Valentino Manfredonia abbia grandi chance di salire sul podio. Poi possiamo discutere sul colore della medaglia. Mi auguro che anche Vianello possa ottenere una medaglia, visto che è in grande forma. Nell’ultimo anno e mezzo ha avuto una crescita tecnica e fisica impressionante, sviluppando persino il colpo da ko, che nei primi tempi non si vedeva. Io credo molto in questo ragazzo. Poi c’è Irma Testa: lei ha avuto la fortuna di venire fuori nel periodo d’oro del pugilato femminile. L’Italia, infatti, dispone delle migliori atlete in circolazione, sia a livello giovanile che professionistico. Irma fa incetta di mondiali da quando aveva 16 anni. L’importante è non metterle troppe pressioni addosso, sia perché le Olimpiadi sono una tappa fondamentale per ogni atleta sia perché ha solo 18 anni. Ha molte potenzialità: combina tecnica e potenza, ma non voglio caricare di aspettative una ragazza di diciotto anni che ha bisogno di tempo per crescere”.
Chi passerà ai pro dopo le Olimpiadi? Manfredonia sembra essere l’indiziato numero uno…
“Io penso che alcuni ragazzi decideranno di passare nei professionisti solo a una condizione: che la federazione garantisca, oltre allo stipendio, anche un ‘extra’. Se ci sono questi presupposti, allora io credo che molti ragazzi passeranno pro. Altri, invece, saranno costretti ad effettuare questo passaggio soprattutto per una ragione di età, come Domenico Valentino. Poi, ci sono altri pugili che personalmente gradirei passassero nei professionisti: primi fra tutti, Guido Vianello e Valentino Manfredonia. Il primo, tra l’altro, è seguito da uno dei migliori trainer italiani, Simone D’Alessandri, che ha sfornato molti campioni Neo pro ”.
A proposito di professionisti: cosa ne pensi della scelta della federazione AIBA di aprire le porte ai professionisti?
“Io sono contrario per diversi motivi. Io vedo l’Olimpiade come l’opportunità per un giovane di vincere ed emergere. Purtroppo, però, questo scopo si è perso quando si è deciso di creare quell’ibrido del pugile dilettante-professionista. Il professionismo potrebbe essere la chiave in grado di far saltare il banco. Ci sono professionisti italiani che stanno cercando di cogliere questa opportunità, sfruttando le federazioni, e andando così a rimpiazzare alcuni pugili che non si sono qualificati, colmando le lacune presenti in determinate categorie di peso. Hanno messo alla prova alcuni pugili pro per capire poi chi sarà il prescelto: tra questi c’è anche Carmine Tommasone (nei pro ha conquistato il titolo italiano, intercontinentale WBA e dell’UE nella categoria dei pesi piuma, ndr). Il pugilato dilettantistico è radicalmente diverso da quello professionistico, visto che si differenzia da quest’ultimo per una condotta più ‘schermistica’, e uno schermidore come Carmine Tommasone in questo contesto ci va a nozze. Lui ha una grande possibilità che non deve essere vista negativamente: l’atleta avellinese non andrà a togliere il posto a nessuno, bensì andrà ad occupare il posto di chi non si è qualificato. Questo gioco di inserire i pro è frutto di un progetto dell’AIBA, che ha l’obiettivo di sfondare nel professionismo, sfidando le altre sigle (WBC, WBA, WBO, IBF, ndr). Il giochino consiste nell’accogliere tutti quei professionisti a cui viene di fatto esclusa la possibilità di disputare un titolo mondiale. Sono curioso di capire che cosa accadrà ai professionisti che hanno scelto di partecipare ai giochi di Rio, perché il pugilato professionistico non può aspettare che rientrino dopo chissà quanti anni”.
Tommasone può diventare il simbolo dell’intero movimento pugilistico italiano? Conoscendo la situazione paradossale tutta italiana…
“Io sogno la medaglia d’oro per Carmine Tommasone. Questo è un ragazzo di un’umiltà disarmante, e questa componente è fondamentale nel pugilato. La boxe non è il calcio, dove esistono più serie differenti per definire la grandezza di una squadra. In questo sport, per dimostrare di essere più forte dei tuoi avversari, è necessario salire sul ring e scendere da vincitore. Clemente Russo, per esempio, è un pugile di grande esperienza, ma gli ultimi risultati non sono stati brillantissimi. Inoltre il suo stile pugilistico non è più efficace negli ultimi tempi: il suo pugilato è fatto di colpi larghi, e ai tempi delle macchinette per il conteggio dei colpi questa sua peculiarità lo favoriva, perché la macchinetta segnava il punto con estrema facilità. Inoltre, anche sotto il profilo del ritmo, ci sono avversari come Egorov in grado di tenergli testa . Io da italiano mi auguro il meglio anche per Russo, anche se non posso esimermi dal dire che ho visto ragazzi molto preparati nella sua categoria (massimi, ndr). Poi è fondamentale conoscere i nomi dei professionisti che entreranno in gioco nella sua categoria, perché il pugno del professionista è più pesante rispetto a quello di un dilettante, perché svolgono un lavoro diverso”.
Prima hai fatto un accenno al rinnovamento della selezione azzurra. E’ inevitabile parlare del valore dell’Olimpiade per un pugile. Clemente Russo è alla quarta partecipazione, un record assoluto per l’Italia. Non passando ai pro, e continuando a combattere per proseguire il sogno olimpico, Russo ha negato la possibilità di accesso ad altri pugili. Qual è la soluzione a questo problema?
“Ha ancora senso discutere del valore di un’Olimpiade? Questa cosa si è persa molti anni fa. Una volta Patrizio Oliva, Nino Benvenuti ed altri illustri pugili azzurri, vincevano le Olimpiadi e poi passavano al pugilato professionistico. Perché quell’oro olimpico ti conferiva il potere di fare questo passaggio fondamentale per la carriera di un pugile. Qualcun altro potrà dissentire ma la medaglia d’oro, specialmente a livello mediatico, ti dà la possibilità di farti conoscere al mondo. Poi è anche vero che non è affatto scontato che un dilettante sia bravo anche tra i pro o viceversa. La federazione deve prendere provvedimenti per arginare il problema: una soluzione potrebbe essere quella di concedere a un pugile la possibilità di partecipare a una sola edizione olimpica, in modo tale da rinnovare costantemente la squadra”.