A tre mesi circa dal suo primo intervento ai nostri microfoni, abbiamo intervistato nuovamente Gianmarco Pozzecco durante ”Minuti di Gloria”, la nostra trasmissione radiofonica in onda ogni venerdì dalle 18 alle 19 su Radio Ticino Pavia (FM 91.8 e 100.5): ecco il suo giudizio sugli Europei dell’Italbasket, e sul nuovo corso della Nazionale italiana.
GIANMARCO POZZECCO INTERVIENE AI MICROFONI DI ”MINUTI DI GLORIA”
Istrionico, irriverente, strafottente, capace tanto di farti morire dalle risate a suon di battute improvvise, quanto di fare analisi lucide e puntuali: Gianmarco Pozzecco è questo e molto altro, ed è stato (ed è tuttora) uno dei volti più amati del basket italiano, nonchè uno dei giocatori di maggior talento ed estro della Nazionale azzurra che conquistò la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene 2004. Dopo il ritiro e dopo le mirabolanti stagioni tra Varese, Bologna, Capo d’Orlando &co., Poz ha fatto di tutto, dal commentatore televisivo, al team manager (Milano), all’allenatore per Capo d’Orlando prima e Varese poi, salvo poi effettuare un passo indietro e diventare vice al Cibona Zagabria: attualmente Pozzecco è libero dopo la conclusione dell’avventura croata, abita in Spagna ed è stato ben lieto di intervenire di nuovo (qui la sua prima intervista a ”Minuti di Gloria”) ai microfoni di ”quei disperati di Pavia”, come gli piace chiamarci. Ecco dunque le parole dell’ex playmaker, che ha compiuto proprio ieri 45 anni, ai nostri microfoni, e il suo giudizio sulle prestazioni dell’Italbasket agli Europei, che ci hanno visto eliminati ai quarti dalla Serbia (che sfiderà in finale la Slovenia).
EUROPEI BASKET E TROPPI STRANIERI NEL NOSTRO CAMPIONATO: L’ANALISI DI GIANMARCO POZZECCO
Ciao Poz, partiamo dagli Europei: come hai visto questa nazionale? Si poteva fare di più, oppure l’Italia (uscita ai quarti) ha ottenuto il massimo?
”Abbiamo ottenuto il massimo, perchè il talento era di fatto circoscritto a 3-4 giocatori e se vuoi andare più in là dei quarti mi sembra un po’ poco. Se devo essere sincero, ti dico che la colpa non è assolutamente dei 12 giocatori e dello staff della nazionale, perchè secondo me questa è una nazionale che è figlia di una normativa e di un regolamento assurdi: da quando io litigai coi Maifredi nel 2003, dicendogli che doveva proteggere gli italiani dai cambiamenti scatenati dalle liberalizzazioni della legge-Bosman, perchè io avvertivo che poteva fare malissimo alla pallacanestro e alla nazionale italiana, ho solo ottenuto conferme della mia previsione. L’ultima medaglia vinta è arrivata nel 2004, ad Atene, con protagonisti dei giocatori che erano titolarissimi e assoluti leader nei loro club, e con protagonisti nei club intendo che giocavano 25-30′ a partita ed erano sempre in campo alla fine: ora non voglio far nomi perchè loro non sono colpevoli, ma dei 12 presenti all’Europeo, sono pochissimi quelli che hanno un ruolo simile, e quindi diventa davvero difficile vincere in Nazionale con un contesto molto competitivo e tanti leader nelle altre nazioni. È un discorso molto semplice, che fa parte di una logica che esiste da sempre: se vuoi essere considerato forte, devi avere un ruolo di un certo tipo. Se non ce l’hai, o non lo sei, oppure non diventerai mai un leader: quando io firmai con Varese (a 20 anni) avevo come competitor nel ruolo di playmaker Biganzoli e Bulgheroni, e ho imparato tantissimo da loro, mentre non avrei ottenuto lo stesso lottando con due stranieri. Ai tempi le società investivano sugli italiani, credevano in loro e spesso uscivano giocatori come Basile, Meneghin, Galanda ecc, mentre oggi non ne hanno più bisogno e minimizzano gli investimenti in patria: adesso si va in Africa, in Uganda, in Etiopia, nelle nazioni Cotonou e si prendono giocatori che sono più pronti dei giovanissimi italiani, investendo su di loro e non sull’autoctono, e quindi siamo rovinati. In più, e qui riprendo un discorso di Melvin Booker e quindi di un americano, con cui ho giocato al Khimki, lui mi disse che ”in Italia avete commesso un grandissimo errore, quello di passare da due stranieri forti a 5-6 scarsi (un discorso che aveva fatto con noi Luca Garri, ndr), perchè 5-6 stranieri tolgono spazio agli italiani, che invece avrebbero potuto imparare molto dai due stranieri forti”. E questo è verissimo, perchè io ho imparato tantissimo dagli stranieri incontrati in carriera, e non ho sicuramente imparato da giocatori incontrati dopo come Okoye e tanti altri, senza voler togliere nulla a loro. Lo spirito d’emulazione nei giovani fa tantissimo, ed è insito in ogni giocatore di talento: se tu non trovi giocatori come Richardson o Komasev, e ti trovi di fronte a buoni giocatori ma non eccelsi come Okoye, impari e non impari, e possiamo spiegare così lo stallo di alcuni giovani e il loro non imporsi”.
LE PREVISIONI DI GIANMARCO POZZECCO SU MEO SACCHETTI, NUOVO CT DELL’ITALBASKET
Messina ha lasciato dopo l’Europeo per tornare a dedicarsi totalmente ai San Antonio Spurs, e ora tocca a Meo Sacchetti: come sarà il suo regno da ct?
”Sono di parte perchè Meo Sacchetti è una persona che adoro e stimo tantissimo, è un grandissimo allenatore. Ci sono varie tipologie di allenatore: Messina, che al preolimpico non fece bene, in questo Europeo e dopo aver allenato la squadra per tanto tempo, ha dimostrato di essere un grande, perchè è più allenatore che selezionatore o commissario tecnico, vive del lavoro quotidiano. Meo, secondo me, è molto adatto ad allenare una squadra in tempi più corti e con meno tempo per preparare la squadra: ha un modo di intendere una pallacanestro, e questo si è capito da una sua intervista, più semplice ed essenziale. Si affida di più al talento, e quindi ha una pallacanestro che si assimila velocemente. Secondo me è la persona più adatta per guidare la nostra Nazionale”.
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