Al termine della stagione sportiva abbiamo intervistato Sara Morganti, campionessa mondiale in carica nel Paradressage freestyle e prima atleta italiana della storia a salire sul podio paralimpico nella medesima disciplina.
Qual è stata l’emozione più forte che ha provato nel ricevere il Collare d’Oro al Merito Sportivo poco meno di un mese fa?
E’ stata una gioia immensa perché rappresenta un premio a quello che c’è dietro, al duro lavoro, al sacrificio e all’impegno. Poi, in questo caso, come dice il nome, si premia il merito e il merito è soggettivo. Per questa ragione vedere gli altri che percepiscono l’impegno che ci si mette nell’attività agonistica è ancora più bello, soprattutto per una persona come me che presta attenzione al giudizio altrui. Ovviamente ero anche un po’ incredula.
Cosa ne pensa dell’approvazione del provvedimento che da più di un anno permette alle atlete e agli atleti paralimpici di accedere ai Corpi dello Stato e ai Gruppi Sportivi militari?
Un passo epocale, sintomo del cambiamento culturale che c’è stato e che continua ad esserci. C’è una nuova percezione dell’atleta paralimpico, che oggi è visto in un’ottica di parificazione rispetto agli olimpici. Il Presidente del Comitato Paralimpico Italiano, Luca Pancalli, ha lottato in questo senso per molti anni, era il suo sogno ed è lui che ci ha regalato questa splendida cosa. Io, attualmente, sono tesserata nelle Fiamme Azzurre, come atleta.
Cosa c’è in mezzo, a livello sportivo, tra il 2009 e il 2022, tra Dollaro de Vilanova e Royal Delight?
In questi tredici anni è cambiato molto la pratica sportiva dell’equitazione paralimpica. Le riprese di gara sono diventate più difficili, gli accessi sono diventati più complicati e, ovviamente senza nulla togliere a Dollaro de Vilanova (il primo cavallo di Sara Morganti, ndr), anche lo standard dei cavalli è aumentato. Royal, inoltre, è l’unico cavallo che ha vinto tre mondiali, peraltro consecutivi, in tutti questi anni, e questo assume uno speciale valore se comparato al fatto che, come le ho detto prima, il livello qualitativo non ha fatto che crescere sempre di più, anno dopo anno. Io e Royal, insieme, abbiamo seguito questi standard riuscendo a migliorarci. Io e la mia cavalla nel campo gara ci siamo trovati avversari molto forti. Poi, un aiuto imprescindibile per competenza e professionalità giunge sempre da Laura Conz e Alessandro Benedetti, i miei tecnici. Sono fondamentali con il loro lavoro, al punto che ogni anno siamo riusciti a migliorare il nostro livello prestazionale, ottenendo sempre migliori percentuali.
Quali caratteristiche sono fondamentali per creare un binomio cavallo-amazzone vincente?
E’ fondamentale instaurare un forte rapporto tra cavallo e cavaliere, che derivi dalla conoscenza che il cavaliere ha del cavallo. Lo scopo del nostro sport è che il cavallo svolga la ripresa in massima collaborazione con il cavaliere. A questo punto entra in gioco il cavaliere e, più precisamente, la sua capacità di modulare le richieste da fare al cavallo durante la ripresa. In sostanza ci deve essere una comunicazione invisibile tra cavallo e cavaliere.
Oltre a Royal Delight lei ha altri due cavalli, quali sono le prospettive che nutre per loro?
Ferdinand di Fonteabeti è un cavallo eccezionale, dotato di una grande sensibilità, lui in gara si preoccupa e questo si evidenzia nel tipo di riuscita della ripresa. Lui lo monto essenzialmente per il piacere di montarlo, ora lo monta anche mio nipote. Magari, in futuro, potrebbe competere in qualche gara. Mariebelle è eccezionale, con uno splendido carattere. Nella prima gara che ha fatto era tesa ma poi, con l’andar del tempo e con tanto allenamento, è migliorata nell’esecuzione delle riprese e ancora oggi ha ampi margini di miglioramento. Mariebelle è arrivata in Italia dal Belgio ed era destinata al salto ad ostacoli. Quest’anno c’era il dubbio se portare in gara lei o Royal, anche perché Mariebelle ha già raggiunto dei livelli, delle percentuali, quasi sovrapponibili a quelle ottenute in gara da Royal.
Che cosa è imprescindibile nella cura del cavallo che poi porta al mantenimento prestazionale ad alti livelli?
Serve tanto allenamento. Occorre un rispetto del cavallo a tutto tondo, e per rispetto intendo nel senso di rispettare l’evoluzione psicofisica del cavallo, di avere la capacità di ascoltarlo. Ci sono cavali che apprendono più velocemente, altri invece che hanno una maturazione tecnica più lenta. Di sicuro non è fattibile mettere l’acceleratore, i cavalli non sono macchine, è essenziale ascoltare i ritmi dettati dal cavallo.
Che cosa successe nell’ispezione tecnica di Rio 2016?
Durante la valutazione fisica pre gara, fatta con il cavallo al trotto davanti ad una commissione veterinaria, Royal non ha trottato splendidamente e, per questo, è stata mandata all’ispezione veterinaria fatta da un veterinario delle Paralimpiadi. Quest’ultimo non ha trovato alcun problema. Devo dire che sulla sabbia il cavallo ha trottato bene e per lo stesso veterinario era idoneo alla competizione. Il giorno dopo, antecedente all’inizio delle gare, Royal è passata di nuovo al trotto davanti alla commissione che nuovamente non l’ha ritenuto idonea a gareggiare. Potrebbe essere che Royal non abbia trottato bene davanti alla commissione perché si è mossa sull’asfalto invece che sulla sabbia. Io e la mia squadra, nei giorni successivi anche se non potevamo gareggiare abbiamo fatto muovere un po’ il cavallo e ci è sempre sembrato a posto. La nostra gara è al passo, ma Royal per noi poteva fare passo, trotto e galoppo. E’ andata così.
Qual è stato il Mondiale più difficile tra Caen 2014, Tyron 2018 e Herning 2022?
Nel 2014 ero in gara contro la più grande atleta della storia paralimpica, imbattuta da diversi Mondiali nonché Paralimpiadi. Già vincere una medaglia era difficile. Però non ero per nulla spaventata, potevo solo guadagnare qualcosa e non perdere nulla. Il Mondiale del 2018 è stato particolare. Venivo da due anni in cui ero stato esclusa a Rio e avevo ottenuto due quarti posti ai Campionati Europei del 2017, sia nel tecnico che nel freestyle. Il Mondiale di quest’anno sapevo che sarebbe stato difficile poiché mi sarei dovuta confrontare con avversari fortissimi. Però, dopo l’argento del primo giorno, peraltro ottenuto dopo che un solo giudice mi aveva assegnato un punteggio estremamente basso rispetto agli altri, ho capito che avrei potuto comunque vincere. Ovviamente il fatto di essere seconda non mi ha reso lì per lì molto felice, però poi ho cercato di trovare il lato positivo della situazione che si era venuta a creare, e sono così riuscita a vincere l’oro il giorno dopo.
Qual è la prima cosa che le viene in mente se le dico Tokyo 2020?
Un sogno. Quello che è successo a Tokyo è un sogno. Per ogni atleta già andare alle Paralimpiadi è un sogno, poi ci si arriva e quando si riesce a vincere due medaglie, come è capitato a me, si prova una grandissima gioia. Soprattutto all’inizio mi è sembrato di avere una sensazione un po’ ovattata di ciò che era successo. Ancora oggi, alcune volte, guardo le medaglie, le foto e capisco che è tutto vero, che è successo veramente. Ogni Paralimpiade è accompagnata dalla speranza, si arriva a quell’appuntamento dopo essere passati attraverso un percorso di avvicinamento di quattro anni che poi si sostanzia in una performance agonistica di soli quattro minuti e mezzo. Per certi versi è un rilascio di tensione. Ad aggiungere valore a quanto successo c’è il fatto di essere la prima italiana a vincere una medaglia paralimpica in questa disciplina, per di più con un cavallo che porto con me da undici anni.
Come si mantiene l’equilibrio tra la gioia di partecipare ad una Paralimpiade per la prima volta in carriera come Londra 2012 e, nella stessa occasione, sfiorare il podio più prestigioso per un atleta?
Londra 2012 era la mia prima Paralimpiade in assoluto. E’ stata un’edizione spettacolare, fantastica, con il pubblico. Sono state le Paralimpiadi della svolta, seguite da tantissime persone. Quando sono arrivata quarta Royal Delight era il cavallo più giovane in assoluto del circuito paralimpico. Inoltre, era solo un anno che lavoravo con Royal, lei era ancora acerba fisicamente e tecnicamente. In quell’occasione, però, ho capito che c’era del potenziale che, con il duro lavoro, sarebbe potuto venir fuori in futuro.
Quali sono i rivali più temibili del circuito?
Uno è il lettone Rihards Snikus perché ha un cavallo che è una macchina da guerra, difficile da battere. Poi c’è l’irlandese Michael Murphy. Infine non bisogna dimenticare la statunitense Roxanne Trunnell quando monta Dolton, il suo cavallo migliore. A Tokyo aveva questo cavallo mentre ai Mondiali di Herning si è presentata con un altro cavallo, anche se non conosco il reale motivo di questo cambiamento.
Che cosa manca a livello sportivo, a Sara Morganti, dopo aver già vinto tutto il possibile?
L’oro alle Paralimpiadi e l’oro agli Europei, anche se un argento paralimpico sarebbe comunque il simbolo di un altro miglioramento rispetto ai bronzi di Tokyo.