Stefano Oppo, membro dell’Arma dei Carabinieri e atleta della Nazionale Italiana Canotaggio, parla della sua carriera e dell’ultima medaglia d’oro conquistata agli Europei di Poznan. Con un focus sulle prossime Olimpiadi di Tokyo 2020
Stefano Oppo: “Grazie al Canottaggio ho conosciuto nuove culture”
Come hai iniziato a praticare canottaggio?
Ho iniziato a 9 anni, lo faceva già mio fratello con gli amici e di conseguenza io con il mio gruppo di amici ho iniziato a praticarlo, ma solo per gioco. Ho iniziato a praticare canottaggio a Oristano, in una piccola società, diciamo che non è il luogo perfetto per iniziare a praticare canottaggio in quanto si è solito praticarlo nei laghi o in acque solitamente calme.
Quando hai capito che il canottaggio sarebbe diventato il tuo “lavoro”?
Ho capito questo quando, nel 2010, ho preso una strada diversa dai miei amici, mi sono trasferito a Terni, al Centro Federale di canottaggio. Lì ho finito gli ultimi tre anni di superiori allenandomi nelle strutture federali. In quel momento ho fatto una scelta importante, anche se avevo ancora 15 anni e non sapevo sarebbe diventato il mio lavoro. L’ho capito quando nel 2012/2013 sono arrivati i primi risultati importanti, e sono riuscito a entrare nel gruppo sportivo Forestale, oggi Carabinieri, cosa che mi ha permesso poi di renderlo a tutti gli effetti la mia occupazione, e continuare la mia carriera serenamente.
Quanto è importante il supporto dell’Arma dei Carabinieri?
È molto importante, perché ci dà la possibilità di allenarci senza brutti pensieri. Soprattutto in un anno particolare come questo, ci hanno aiutato a risolvere problemi logistici di spostamenti, ci sostengono ogni giorno su tutta l’attività.
L’11 ottobre hai vinto la medaglia d’oro agli Europei di Poznan insieme al tuo compagno di squadra Pietro Ruta, arrivando di tredici centesimi davanti alla Germania, quali emozioni hai provato al termine della gara?
Prima della gara sapevamo di poter fare un ottimo risultato, ma il Belgio e soprattutto la Germania sono equipaggi di altissimo livello, tant’è vero che lo scorso anno ci siamo alternati con loro diverse volte nei risultati. Io e Pietro non eravamo mai saliti sul primo gradino del podio ai campionati Europei, quindi c’era un po’ il tabù della medaglia d’oro. Subito dopo la gara ho guardato il tabellone e ho avuto un po’ di paura, vedendo quei tredicesimi di secondo di vantaggio ho avuto emozioni contrastanti, poi quando è uscita la scritta “winner” è stata una liberazione perché finalmente eravamo riusciti a vincere.
Parlando del tuo compagno di remi Pietro Ruta, quanto ti è servita la sua esperienza?
Pietro ha qualche anno in più di me, la sua esperienza si riscontra soprattutto sulla gestione della gara e sulla preparazione in vista della gara, compresa l’importanza dell’allenamento. Sulla crescita mentale, che si riscontra nel momento della competizione, credo che sia io che Pietro siamo cresciuti tanto insieme in questi quattro anni, cioè d quando siamo in barca insieme.
Quanto ti senti pronto per Tokyo 2020?
Ci tengo a ricordare che noi nel 2019 ai mondiali in Austria abbiamo qualificato l’imbarcazione, non Pietro Ruta e Stefano Oppo, quindi le cose potrebbero anche cambiare, ovviamente speriamo di no e ci prepariamo al massimo per tenerci il posto. In ogni caso penso che quest’anno abbiamo fatto un’ottima preparazione in vista delle Olimpiadi, a parte la parentesi lockdown e Coronavirus. Avere un anno in più ci permette di realizzare quanta fatica fatta fino ad ora e cercare di capire se si può migliorare ancora qualcosa
Quali saranno gli avversari più ostici secondo te?
Sicuramente i soliti degli ultimi anni, che sono Irlanda, Germania, Norvegia e Belgio indicativamente, ovviamente non si sottovaluta nessuno. Le Olimpiadi sono una gara particolare dove tutti si preparano per quattro anni, in questo caso cinque, per quell’apuntamento, quindi non bisogna dare niente e nessuno per scontato.
Durante la tua carriera, qual è stata la gara che ti ha lasciato un ricordo più bello delle altre?
Sicuramente non la gara singola ma il percorso delle Olimpiadi di Rio 2016, è stata una gara che mi ha lasciato tanti ricordi ed emozioni, dal punto di vista personale e di esperienza sportiva. La gara pi più bella ed emozionante è stato il mondiale Junior del 2012 che penso sia stato il trampolino di lancio per tutto quello che è arrivato dopo.
Infine, cosa ti ha insegnato fino ad oggi il canottaggio?
Io mi porto dietro tanti insegnamenti, a partire dal rapporto con le altre persone e del sacrificio fatto. In ogni sport c’è del sacrificio, ma poi si ha sempre un ritorno, non solo dai risultati, anche se il risultato non è quello che vorrei ho sempre una lezione che mi porterò avanti e mi servirà nella vita di tutti i giorni. La fortuna di fare canottaggio è stata per me quella di poter girare tutto il mondo. Anche da un punto di vista extra sportivo ho incontrato nuove persone e conosciuto nuove culture.
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