Olimpiadi invernali 2018. Sofia Goggia è oro nella discesa olimpica. Le dichiarazioni e le emozioni dell’atleta bergamasca a fine gara.
Terza medaglia d’oro (e nona medaglia complessiva) ai Giochi di Pyeongchang 2018 per l’Italia grazie a una Sofia Goggia strepitosa, che ha preceduto la norvegese Ragnhild Mowinckel e la statunitense Lindsey Vonn. Le emozioni della discesista bergamasca raccolte dal nostro inviato Luca Lovelli.
OLIMPIADI INVERNALI 2018, SOFIA GOGGIA È ORO: “LO SOGNO DA QUANDO HO SEI ANNI!”
Sofia, che voto ti dai oggi?
“Se non mi do un dieci quando vinco le Olimpiadi…!”.
Hai fatto la differenza in quella parabolica, dove tu hai schiacciato l’acceleratore e le altre no.
“E meno male, perché la Mowinckel era a 0.4 lì. Sono contentissima, ho fatto una bella discesa. È stata la discesa della maturità, un po’ come l’anno scorso secondo me. Ci sono tante analogie, tanti punti in cui bisognava stare attenti e dei punti invece in cui bisognava avere un’interpretazione leggermente diversa. Me la ero prefissata esattamente così. Quello che mi aiuta in velocità è usare le pendenze come voglio io, che a volte significa anche fare dei metri in più. Però se prendi quei metri giusti in spinta, poi riesci a uscire dalla curva con una diagonale tale da fare la differenza. Ho avuto questa sensazione sotto quel salto dove è uscita Nadia Fanchini…”.
Ti sei spaventata?
“Sì, ho preso un bello spavento… Ho rivisto me stessa a Cortina… Comunque lì è ripido, in quelle tre curve sono stata anche attenta: mi ero prefissata di uscire dal salto un pochino più a destra, così da avere più diagonale verso sinistra, ma non sono riuscita. Però ho aspettato il momento giusto per attaccare e far bene quella dopo e quella dopo ancora, che secondo me erano il motore per il piano”.
Quali sono state le tue emozioni quando sei arrivata giù?
“Mi sono detta: hai fatto la tua discesa. Poi ho visto il tempo ed era comunque un tempo competitivo. Non sapevo se sarebbe bastato, anche perché sopra non ho sciato benissimo, anzi ho avuto la sensazione di una curva che ho tirato senza spingerla. Però sono contenta”.
Non sembri ancora aver realizzato che cosa è successo…
“Sì, forse lo si realizza più avanti. Magari mi avete visto più euforica per un terzo posto in Coppa del Mondo. Il fatto è che oggi forse ho avuto talmente tanta concentrazione per tutte le mie cose, ero concentrata solo su quello, che probabilmente ho sparato sulla pista il mio livello attentivo e sono ancora sotto l’effetto di quella concentrazione”.
Cosa ti ha detto Lindsey Vonn?
“Lei è arrivata qui per prendere l’oro, avrebbe voluto vincere e ha comunque conquistato un bronzo. Però il mio allenatore mi ha detto che alle Olimpiadi l’oro è l’oro!”.
Che cosa farai di questo tappo? Lo sotterri qui? Qual è la sua storia?
“No, lo restituirò alla ragazza che me lo ha dato la prima volta. L’anno scorso avevo vinto qui la mia prima discesa. Il giorno dopo ho rivinto in super g. L’ambasciatore della Corea aveva portato una bottiglia pensando che fosse champagne, invece era Lambrusco. Immaginatevi i festeggiamenti… Allora una ragazza è venuta lì, mi ha preso le mani e mi ha detto: Sofia, questo è il tappo della bottiglia, l’anno prossimo, quando vincerai qui, me lo ridarai. E allora io l’ho tenuto sul comodino e, prima delle tappa di Coppa del Mondo a Garmisch, gli ho detto: è tempo di venire con me! Dopo quella gara sarei partita per la Corea… Per la gara di super g non l’avevo messo nel saccone dell’arrivo, ma nello zaino che sapevo sarebbe arrivato dopo. Ieri però mi sono detta no: oggi faccio il saccone per bene. Allora l’ho messo nella tasca sinistra. Poi non so se lei intendesse una vittoria alle Olimpiadi o una vittoria qualsiasi, sta di fatto che glielo restituirò!”.
Hai sciato con gli sci che avevi usato qui l’altr’anno?
“No, ho sciato con gli sci di Peter Fill, un paio di sci veloci che però per lui non va bene perché (a parte il fatto di essere un uomo che quindi scarica più potenza) risultavano troppo morbidi sulle barrature della Coppa del Mondo e non riuscivano a tenere la quota, secondo lui”.
Quali altri amuleti hai oltre al tappo? Cos’hai fatto di particolare?
“Niente di che, sono stata molto concentrata e molto presente. Ho cercato di concentrarmi sulle cose essenziali che dovevo fare per fare la mia discesa, e così è stato. Poi sentivo che avrei potuto farcela: dopo quel super g mi era rimasta una sensazione di sciata giusta in quelle curve. Ho avuto un sacco di problemi fisici in quest’ultimo periodo: a Garmisch stavo bene, poi il secondo giorno di gigante ho avuto di nuovo male al ginocchio. Sono quindici giorni che non riesco a fare nulla, ma alla fine non conta mai quello che puoi fare gli ultimi giorni: io mi sono allenata tutta un’estate, ho fatto tutto ciò che dovevo fare. Sciare è una delle cose che mi fa meno male, perché comunque anche nel fare le scale ho avuto problemi in questi giorni. Quando sono sugli sci, e i miei piedi sono negli scarponi, invece non ho male. Mi fido delle mie gambe. Alla fine conta quello che vuoi al cancelletto e ciò che pensi di poter ottenere, anche se per questa gara non ho pensato minimamente al risultato”.
Sei la prima discesista italiana a vincere un oro Olimpico: sei “Zena Colò”!
“No, vi sbagliate: io sono la Befanona! [ride] Sapevo che avrei potuto farcela. Oggi ho fatto riscaldamento gigante e mi sono detta: dai, oggi è la tua giornata! Poi non sai mai, anche al super g me l’ero detto. Sono contenta perché ero concentrata solamente sulle cose che dovevo fare io, sapevo che le medaglie sono giù, però bisogna arrivare al traguardo e con me non è scontato: basta un imprevisto che mi metto a pensare ad altro. Non si può mai sapere”.
Cos’è “la Befanona”?
“Il gigante quest’anno è stato una sconfitta più di Caporetto, non avevo un bell’andazzo. Quando ho fatto podio a Kranjska Gora era l’Epifania. Allora ho fatto la story con Facchinetti su Instagram, abbiamo detto: “Chi ci ha portato questo podio? La Befana!”, e lì è nata “la Befanona” e tutte le volte, quando siamo insieme alle gare, la tiriamo fuori. L’altro giorno ho fatto un take over sull’account FISI e ho detto: se volete tifare Sofia Goggia, e se avete visto la storia dopo Kranjska, commentate qua sotto con l’hashtag #iostoconlabefanona. Mi sono arrivate anche foto di bambini dell’asilo con la lavagnetta con scritto “Io sto con la Befanona”!”.
Dopo il super g tu avevi detto di sentirti tranquilla e di sciare bene. Non sentivi un po’ la pressione di essere con le spalle al muro?
“Zero. Ma sapete perché? Perché indipendentemente dal fatto che io oggi abbia vinto la medaglia, sono sempre io. Non cambia niente. Quelli che mi vogliono bene, mi vogliono bene lo stesso. Pensare a questa cosa mi ha dato sicurezza, mi ha fatto capire che non sarebbe cambiato nulla, che quella bambina che a sei anni sulla neve di Foppolo sognava di vincere le Olimpiadi, che si era ripromessa che un giorno l’avrebbe fatto, l’ha vinta. Per Sofia, per l’Italia, per tutti quelli che mi vogliono bene, ma non cambia assolutamente niente. Certo è che l’hashtag #iostoconlabefanona avrà più follower!”.
In questi anni di incidenti e di dubbi, come sei riuscita a venirne fuori e a pensare che un giorno avresti anche potuto pensare di vincere i Giochi?
“Ripartendo dalla passione che si ha. Avete presente quando il fuoco smette di ardere, ma magari c’è ancora qualche scintilla? Bisogna ripartire da quello per alimentarlo nuovamente. Io sono stata fortunata: penso di avere talento sugli sci, ma nessuno mi ha mai regalato niente. Mi sono dovuta sudare tutto, da sola, lottare con le unghie e con i denti. Non è stato facile: se adesso ripenso a quei giorni…”.
Se ripensi alle cinque operazioni?
“Quattro… Comunque ho un’altra storia di sport, se volete…”.
Certo…
“Oggi, quando ho vinto, sono andata alle televisioni con Ellade Ossola. C’era lì Dominique Gisin. Io avevo commentato la sua performance quattro anni fa a Sochi. Il 5 dicembre 2013 ero in aeroporto in carrozzella col crociato rotto e cercavo un biglietto per la business class, per viaggiare un po’ più comoda. A un certo punto sento qualcuno che mi picchietta sulla spalla: mi sono girata ed era Dominique. Mi ha preso il biglietto dell’economy che avevo in mano e m’ha dato il suo della business class. E mi fa: tieni, facciamo a cambio. Io sapevo che era lei, perché era un volto della Coppa del Mondo, ma non la conoscevo ancora. L’anno dopo a febbraio l’ho commentata e ha vinto le Olimpiadi: è un po’ come se il testimone oggi qui fosse passato a me”.
Cosa farai con i soldi del premio?
“Vediamo. Non sono una spendacciona, ma quando trovo qualcosa che mi piace spendo. Magari un regalino me lo concederò, anche se in realtà ho già tutto”.
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