Atletica leggera: Alberto Cova, campione europeo, mondiale e olimpico sui 10.000 metri a Los Angeles 1984, il magrolino che domina il mezzofondo. Questa è la sua storia.
ALBERTO COVA: LE PRIME GARE E LA MAMMA CHE DICE “QUANDO VAI A LAVORARE?”
Alberto Cova. L’unico atleta italiano a vincere i 10.000 metri a Europei, Mondiali e Olimpiadi. Consecutivamente. Il suo soprannome è “ragioniere”, sia per aver conseguito effettivamente il diploma in ragioneria, sia per il fisico estremamente magro, filiforme, unito a un modo pianificato e mai dispendioso di affrontare le gare.
Alberto Cova nasce a Inverigo, in provincia di Como, il 1° dicembre 1958. Passa l’adolescenza a Mariano Comense, papà operaio, mamma sarta. Prima vivevano a Cremnago e il papà ogni giorno si alzava alle cinque, percorreva un chilometro in bici, prendeva il treno per Milano e poi un altro chilometro a piedi per raggiungere la fabbrica.
La sua è una terra in cui il basket la fa da padrone, tutti pensano al canestro. Forse è anche per distinguersi dagli altri che Alberto sceglie l’atletica leggera. Intorno al palazzo dove abita c’è un cantiere che sarebbe poi diventato un complesso residenziale. Lì, da solo, inizia a praticare l’attività motoria: corsa, bicicletta, una libertà e naturalezza di movimento che lo accompagnano già da bambino.
Alberto muove i suoi primi passi da atleta all’età di 14 anni. L’atletica leggera in quel periodo non è un fenomeno di massa, è uno sport di nicchia, conosciuto e praticato da pochi, e sicuramente non è uno sport con cui si diventa ricchi. Quando Alberto Cova si iscrive a Ragioneria, la mamma comincia a cucirgli i completi da bancario. È naturale per lei che lui vada a lavorare in banca: sedici mensilità, ferie pagate, un impiego di tutto rispetto. E quelle giacche sono pronte per lui da tempo. Quando le dice che vuole fare l’atleta, la mamma gli risponde: “Sì, ma dovrai pur lavorare, che lavoro è fare l’atleta?”. Alberto le risponde che prima di vedere qualche soldo avrebbero dovuto aspettare quattro o cinque anni, ma lei non vuole aspettare.
La sua scelta di studio gli fa guadagnare presto anche il soprannome di “ragioniere”: ma Alberto Cova viene chiamato così anche e soprattutto per la sua disciplina, per il suo senso della gara, per la misura e la capacità di lettura che mette in ogni competizione. In più, alto 1,76m per 58 kg, ha un fisico filiforme e scattante.
Alberto ottiene i primi successi nel 1977, quando diventa campione italiano juniores sui 5.000 m, distanza che preferisce a quella doppia fino al 1980.
Agli Europei juniores di Donetsk, all’epoca facente parte dell’Unione Sovietica, sua prima trasferta internazionale, Alberto Cova ha diciannove anni. Una vera e propria esperienza di vita, che lo segna dal punto di vista umano: non si mangia quasi nulla, la fame viene appagata da un atleta vicentino, Fattori, la cui decisione di portare la scorta di vaschette di Nutella si rivela provvidenziale. Gli avversari sono piccoli soldati, con cui è negato familiarizzare. La sua è la generazione che ha assistito allo sbarco dell’uomo sulla Luna: vedere abbattere un simile confine permette ai giovani di crescere con l’idea che molte barriere si possono superare. E sono anche gli anni della contestazione: spesso le proteste bloccano il bus che porta Alberto da Mariano a Seregno per la scuola oppure direttamente le lezioni. Quando sente che c’è aria di sciopero, si mette le scarpette che porta sempre con sé e va ad allenarsi.
ALBERTO COVA E I MAGNIFICI ANNI 80: L’ASCESA DI UN CAMPIONE
Nel 1980 conosce l’allenatore che lo porterà a vincere in Italia e nel mondo: Giorgio Rondelli della Pro Patria. Rondelli intuisce subito che Alberto ha le qualità per dominare sui 10.000 m piani.
Quando vince la prima medaglia davvero importante, a Tokyo nel 1980, torna a casa e la mamma lo accoglie dicendogli: “Te se semper n’gir com ‘n strasc”, che tradotto indicativamente vuol dire “Sei sempre in giro, sei un vagabondo”. Beppe Mastropasqua, presidente della Pro Patria, ha una piccola società e propone ad Alberto di lavorare lì come ragioniere part time e poi dedicare il resto della giornata all’allenamento. Così mamma e papà vedono uno stipendio e sono contenti.
Dopo un anno di interdizione Cova si presenta agli Europei di atletica di Atene, in Grecia, nel 1982, come outsider sui 10.000 m. Vince a sorpresa la competizione continentale e finalmente fa i primi “soldi veri”, per la gioia della mamma. Anche se viene pagato pochissimo, intorno all’atletica non girano molti soldi. È in questa circostanza che mette in risalto per la prima volta le caratteristiche che lo porteranno in molte occasioni al successo: la capacità di resistere durante la gara ai cambi di ritmo, anche frequenti, imposti dagli avversari e l’incredibile velocità che riesce a raggiungere nei rush finali.
In quello stesso anno Cova si aggiudica anche l’argento ai Campionati europei indoor nei 3.000 m.
Anche quando corre in una Olimpiade o in un Mondiale rimane il ragazzo che sa fare bene i conti. Nel 1983 Alberto Cova compie un altro capolavoro andando a vincere i 10.000 metri nella prima edizione dei Campionati del mondo di atletica leggera, ad Helsinki, in Finlandia. Il grido “Cova! Cova! Cova!” di Paolo Rosi rimane nella storia, scrivendo uno straordinario racconto di sport.
ALBERTO COVA E LA TRIPLETTA DORATA: LA VITTORIA ALLE OLIMPIADI DI LOS ANGELES 1984
Ai Giochi olimpici di Los Angeles, negli Stati Uniti, del 1984, Alberto Cova completa la sua tripletta sui 10.000 metri e corona il suo sogno olimpico. L’azzurro resiste e, negli ultimi 200 metri della gara, passa al contrattacco: vince la medaglia d’oro, per la prima volta per distacco, con il tempo di 27’47″54.
Nel 1985 Cova ribadisce la sua superiorità sulla distanza trionfando in Coppa Europa, dove addirittura si prende il lusso di raddoppiare vincendo anche i 5.000 m.
Nel 1986, ai Campionati europei di Stoccarda, in Germania, la quinquennale dittatura del “campione con i baffi” termina: Alberto Cova viene sconfitto sui suoi 10.000 m da Stefano Mei, giovane e potente atleta spezzino che conquista così la sua prima vittoria internazionale. In finale i tre atleti italiani, Stefano Mei, Alberto Cova e Salvatore Antibo, danno prova di superiorità, firmando la prima tripletta in una gara di corsa, da parte di un’unica nazione, in tutta la storia dei Campionati europei.
Stoccarda è l’ultima competizione ad alto livello del ragioniere di Inverigo. Sempre nel 1986 si aggiudica la prestigiosa gara di cross Cinque Mulini precedendo il connazionale Gelindo Bordin: è il primo italiano a vincerla dal 1964 e ultimo azzurro in grado di compiere questa impresa.
Nel 1987, ai Campionati mondiali di Roma, Cova finisce fuori dalla finale, così come l’anno dopo, alle Olimpiadi di Seul, in Corea del Sud, dove non riesce a qualificarsi dopo aver corso una brutta batteria. Ma ai Giochi di Seul del 1988 non piange per la delusione della sua prova, ma piange di gioia per Gelindo Bordin che vince l’oro nella maratona.
Dopo i Giochi olimpici sudcoreani, Alberto Cova si ritira, a soli 30 anni, dalle competizioni agonistiche, lasciando però la memoria delle sue imprese e un record: è stato il primo atleta nella storia dei 10.000 m ad aver conquistato la medaglia d’oro ai Giochi olimpici, ai Campionati del mondo e ai Campionati europei; ventotto anni dopo vi sarebbe riuscito solo il fuoriclasse britannico Mohamed Farah.
ALBERTO COVA E LA VITA AL DI LÀ DELLA CORSA
Alberto Cova è sempre stato “il campione con i baffi”. Oggi non li ha più. Li ha tagliati quando ha cominciato a vedere che stavano diventando grigi. Prima di farlo, per un attimo pensa: “Ma la gente così mi riconoscerà per strada?”. Per un attimo solo, poi li taglia. E dà un taglio anche al suo passato.
La sua casa di Mortara è un piccolo museo personale: le scarpe delle vittorie, le medaglie, la maglia azzurra, la foto con Pertini.
Nel 1994 si dedica alla carriera politica: è candidato alla Camera nel collegio di Olgiate Comasco per il Polo delle Libertà in quota Forza Italia, venendo eletto con il 61,9% dei voti. Nel 1996 è ricandidato dal Polo nel collegio di Erba, ma ottiene solo il 35,6% dei voti e viene sconfitto.
In questo periodo stacca completamente con l’atletica. Pesa 82 chili nel 1998, dopo aver smesso di correre da 8 anni. Dopo anni sulle piste di tutto il mondo, Alberto Cova ha bisogno di fermarsi, è stanco, fisicamente e mentalmente, vuole fare cose diverse. Non corre più, si gode il cibo e il riposo. Poi dimagrisce e riprende un po’ a correre, ma non ha rimorsi per il suo periodo fermo.
Alberto Cova riceve molti riconoscimenti per la sua meravigliosa carriera sportiva. Il 2 giugno 2010, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, riceve a Roma il titolo di Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana. Nel maggio 2015, una targa a lui dedicata è inserita nella Walk of Fame dello sport italiano a Roma, riservata agli ex atleti azzurri che si sono distinti in campo internazionale; e il 15 dicembre dello stesso anno viene insignito del Collare d’oro al merito sportivo.
Alberto Cova è un atleta, e come tutti gli atleti ha sempre pensato a correre, a gareggiare, a vincere. Ha pensato alla pista, al terreno, alle scarpette, alla pioggia e al sole. Ognuno è fatto in un modo diverso e la cosa magica è che la costituzione fisica di un atleta oggi lo incorona e domani lo sconfigge. È lo sport, è la gara, è la vita. Alberto Cova non è mai stato abituato a considerare le sconfitte come qualcosa di negativo, ma si sforza di vederle dentro un disegno più completo. Così come le vittorie. Nello sport e nella vita. Perché lo sport è lo specchio della vita. Non ci sono avvenimenti brutti o belli: ci sono tasselli di un percorso che va sempre letto nel suo insieme.
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