Uno dei più celebri violinisti della storia, Niccolò Paganini, è noto ai più per la celebre frase “Paganini non ripete”: la sua arte, basata molto sull’improvvisazione, poteva essere ammirata una volta soltanto nella vita.
Circa due secoli dopo, un suo collega violino diventerà un “anti-Paganini”: perché Alberto Gilardino i suoi gol li ripete. Diavolo, se li ripete.

Alberto Gilardino, dopo aver segnato contro gli USA al Mondiale 2006 (fonte: FinanzaOnline.com)

I RECORD NELLE GIOVANILI

Tutto comincia con l’inizio del Nuovo Millennio, quando l’attaccante nato nel giorno in cui Paolo Rossi faceva piangere il Brasile di Falcao e Sócrates viene chiamato per la prima volta in Under-21, dopo tutta la trafila delle Nazionali giovanili. Gilardino, però, è ancora solo un diciottenne apprendista: bisognerà aspettare ancora quattro anni per vederlo suonare da maestro.

È il 2004, l’anno degli Europei in Portogallo. L’anno del “biscotto” tra Danimarca e Svezia, che condanna l’Italia dell’ultimo Trapattoni ad un altro mesto e rabbioso ritorno a casa, dopo quello dei Mondiali 2002. In campo i giocatori, che hanno dato tutto loro stessi per battere la Bulgaria, sono distrutti: le lacrime di Cassano, leader e talento purissimo di quella Nazionale, fanno il giro del mondo.

Tra i molti giocatori che tentano di consolare Fantantonio, manca appunto Gilardino. Manca dal campo, dalla panchina, dallo spogliatoio: nonostante lo strepitoso anno passato a Parma, con 23 reti segnate in Campionato (dietro al solo Shevchenko), Trapattoni decide di non portare Alberto in Portogallo. Forse, vedendosi escluso dalla Nazionale maggiore, Gilardino avrà provato fastidio, delusione: non sapeva ancora che fortuna aveva avuto.

(Fonte: it.uefa.com)

Gilardino non parte per il Portogallo, ma non rimane nemmeno a casa: parte invece alla volta della Germania, dove, poco prima dell’Europeo 2004, si sarebbe svolta l’edizione Under-21 dello stesso torneo continentale. E lì, Gilardino inizia a suonare: quattro gol, capocannoniere del torneo (assieme allo svedese Elmander) e trascinatore della Nazionale verso il suo quinto titolo di categoria.

Un inizio d’estate stellare. Appunto, un inizio, perché gli Azzurrini quell’anno hanno ancora bisogno di Alberto. Un paio di mesi dopo l’ubriacatura in Under-21, Gilardino ha in mano un altro biglietto aereo: destinazione, le Olimpiadi di Atene. Diverso posto, diversa squadra (Under 23, questa volta), ma il Violino sembra non accorgersene: un gol al Ghana, due al Giappone. Poi, i digiuni contro il Paraguay nel girone e quello più pesante in semifinale, contro l’Argentina dei futuri fenomeni, che ci annienta 3-0. Ed è allora, nel momento più difficile, nella finalina per il bronzo contro l’Iraq, che Gilardino offre l’ultima sua esibizione in una Nazionale giovanile: gol del definitivo 1-0 e secondo trofeo nel giro di tre mesi portato a casa. Un ultimo gol che gli regala anche il record di reti tra gli Azzurrini, con 19 gol in 30 presenze.

IL VIOLINO E IL MAESTRO

Dopo la strepitosa estate 2004, il nuovo CT della Nazionale Marcello Lippi capisce che l’Under ormai a Gilardino va stretto. Approdato in Nazionale maggiore, il nuovo palcoscenico non fa certo scordare il Violino, che in tandem con un’altra punta d’eccezione, Luca Toni, continua a segnare.
Si arriva perciò al 2006 e Lippi consegna a Gilardino un biglietto aereo che fa scattare ad Alberto una sorta di deja-vu. La meta è ancora la Germania, il torneo i Mondiali di calcio.

Questa volta, Gilardino non è esattamente un musicista che ruba la scena: fatica, fa a sportellate, si sacrifica, ma la casella dei gol segnati, al termine del torneo, mostrerà il numero “1”. Nonostante ciò, il Violino risuonerà più forte dei “Popopopo” in due occasioni.
La prima, appunto, è l’occasione del gol: è la seconda partita del girone, contro gli Stati Uniti, e intorno al 20′ ci viene assegnato un calcio di punizione. Per far suonare un’orchestra, serve un grande direttore: dirige il Maestro Andrea Pirlo, si esibisce Alberto Gilardino. Il lancio di Pirlo, come al solito, è calibrato alla perfezione, e la testa di Gilardino è già lì, pronta a colpire: il risultato è scontato.

L’Italia, tra lo stupore generale, continua ad andare avanti, ma Gilardino proprio non riesce a dire la sua. Non lo farà nemmeno nella partita simbolo di quel Mondiale, durante quell’Italia-Germania che ha mostrato forse l’Italia migliore del torneo. Ma in realtà, tra le percussioni di Fabio Grosso e Alessandro Del Piero, anche il Violino ha suonato.
È il secondo tempo supplementare e stiamo strenuamente difendendo il vantaggio appena conquistato con Grosso. La Germania, con la forza della disperazione e del tifo dello stadio portafortuna, è tutta avanti, alla ricerca di una rete che significherebbe rigori. Ma mentre Podolski cerca di mettere a terra un pallone sulla trequarti, qualcosa scatta. O meglio, qualcuno scatta: è il capitano Fabio Cannavaro, che gli soffia letteralmente da davanti al naso il pallone e fa partire il contropiede. Prima Totti, poi Gilardino, che deve fare una sola cosa, come fa notare Fabio Caressa in telecronaca: “tenerla vicino alla bandierina” e attendere quel triplice fischio che sembrava non arrivare mai.

(Fonte: milanlive.it)

Ma Gilardino non lo fa: affronta palla al piede l’unico difensore rimasto indietro. Davanti ha ormai solo Lehmann, l’istinto forse gli sta urlando di entrare in area, di cercare il tiro. Ma Gilardino, da punta pacata quale è, segue un altro grido: è quello di Alessandro Del Piero, che ha seguito l’intera azione di corsa, urlando il nome di Alberto per tutto il tempo. Gilardino non lo vede, eppure sa esattamente dove si trova. Gilardino non lo vede, ma con una sola, breve, precisa sviolinata, serve il suo compagno senza neanche guardarlo. Al resto, ci pensa Pinturicchio.
E poco importa se quell’umiliazione inflitta ai tedeschi gli costa un calcione da parte di Lehmann visto solo da pochissime telecamere: il Violino ha suonato e, due anni dopo quel magico 2004, ha portato di nuovo l’Italia in finale.

Non è l’ultimo trofeo vinto in Azzurro, ma è l’ultimo da protagonista: parteciperà alla vittoria del bronzo nella Confederations Cup 2013, ma senza segnare alcun gol. Tuttavia, la sua convocazione gli vale la quarta medaglia della carriera: un oro e un bronzo nelle giovanili, un oro e un bronzo in Nazionale maggiore. Gilardino, eccome se ripete.

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Giornalista in erba, sono un appassionato di sport, con un occhio di riguardo per il calcio (banale!) e la boxe.

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