Leonardo David: storia di una promessa dello sci alpino con il destino avverso. Ripercorriamo i suoi successi prima della morte.
Noi di Azzurri di Gloria abbiamo raccontato e raccontiamo storie di donne e uomini che sono stati protagonisti alle Olimpiadi in rappresentanza dell’Italia. Questa è la storia di un campione che il destino ci strappò prima che potesse partecipare e, probabilmente, vincere ai Giochi olimpici.
IL PREDESTINATO
Leonardo nasce in Valle d’Aosta da padre, Davide David, ex nazionale di sci e due volte iridato nella discesa libera. È un predestinato che fin dalle giovanili dimostra di avere un talento superiore alla media.
Crescendo sviluppa anche la passione per i rallies ma l’amore per lo sci prevale ed essere di Gressoney-Saint-Jean aiuta!
L’Italia sciistica sta vivendo una vistosa fase calante dopo i successi della valanga azzurra: Thoeni, Gros e gli altri salgono sempre meno sul podio mentre appare imbattibile lo svedese Ingemar Stenmark. In questo scenario il giovanissimo Leo brucia le tappe.
Nel 1977 diciassettenne è già argento in combinata e bronzo nella libera agli assoluti. Partecipa anche alla Coppa Europa dove domina vincendo con largo vantaggio la classifica generale e la classifica di Slalom Speciale mentre in quella di Gigante è secondo, dietro al compagno di squadra Alex Giorgi, per soli 3 punti.
LA NAZIONALE ED I SUCCESSI IN COPPA DEL MONDO
Con questi risultati si guadagna la chiamata in Nazionale A per la stagione 1978-79 dove impressiona già negli allenamenti i suoi leggendari ed attempati compagni di squadra come Pierino Gros. Nella prima gara stagionale, Slalom Gigante a Schladming, arriva terzo, dietro ai due mostri del momento: lo svedese Ingemar Stenmark e lo svizzero Peter Luscher.
L’Italia dello sci esulta, già si parla di lui come il nuovo Thoeni e nelle gare successive conferma l’impressione. Tantissimi piazzamenti interessanti e i podi, terzo a Kranjska Gora e secondo a Jasna sempre in speciale e primo a Oslo il 7 febbraio 1979, a 18 anni e 5 mesi scarsi davanti a sua maestà Stenmark. È il personaggio del momento e tutti i riflettori sono puntati su di lui. Si allena anche in discesa libera (all’epoca il supergigante non esisteva) per poter essere competitivo nella classifica generale di Coppa del Mondo, grazie alle combinate, e in vista delle Olimpiadi invernali di Lake Placid dell’anno dopo.
L’INCIDENTE, IL COMA, LA MORTE
Ma il destino è in agguato. Dopo le gare di Are la coppa del Mondo si ferma per un mesetto per dare spazio anche ai campionati nazionali. A Cortina d’Ampezzo, durante le prove della libera iridata, Leonardo cade e batte la testa. Inizialmente non sembra grave, anche se il ragazzo fatica ad allenarsi per le emicranie ed è soggetto a giramenti di testa frequenti, come poi testimoniato dai compagni di squadra.
Il controllo neurochirurgico evidenzia l’ematoma cerebrale ma l’elettroencefalogramma esclude complicazioni. Dopo qualche giorno di riposo, a Leo viene quindindato il via libera per andare negli Stati Uniti e partecipare alle gare di Coppa del Mondo di Lake Placid, la stessa pista sulla quale si disputeranno un anno dopo le Olimpiadi.
Il 3 marzo 1979 Leo è al cancelletto di partenza e si butta nella sua prima libera di Coppa del Mondo. A poche centinaia di metri dal traguardo cade, si rialza con uno sci solo e taglia il traguardo in piedi per poi svenire tra le braccia di Piero Gros. Viene ricoverato d’urgenza in “coma vigile” e l’8 marzo viene operato nel Vermont. Durante il primo intervento si accorgono del sottostante ematoma, probabile causa prima dello stato di incoscienza di Leonardo che viene operato altre due volte in una settimana e può rientrare dagli Stati Uniti solo a metà maggio ma continua un tour per ospedali e mezza Europa che lo restituiscono a casa ai suoi genitori solo ad agosto ed in stato vegetativo.
LA BATTAGLIA LEGALE
Leonardo sopravviverà in questo stato fino al febbraio dell’85 quando un’emorragia cerebrale porrà fine alla sua esistenza. La famiglia intraprenderà una lunga battaglia legale contro FISI e CONI, colpevoli di non averlo fermato e anzi averlo “forzato” a continuare l’attività nonostante lamentasse cefalee e vertigini in continuazione. Il processo per omicidio colposo si è concluso con l’assoluzione delle federazioni e la famiglia costretta a pagare 140 milioni di spese legali.
Una vita breve e una carriera ancora più breve che ha lasciato intravedere il grande campione che sarebbe potuto diventare molto prima di Alberto Tomba. Ci piace pensare che in paradiso sia sul podio con i suoi riccioli biondi, le medaglie al collo e quel contagioso sorriso che fece sognare l’Italia.
LE STORIE OLIMPICHE DI AZZURRI DI GLORIA
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