Potenza, classe, eleganza. Con queste tre qualità si può descrivere Sante Giovanni Gaiardoni, grande campione su pista. Nato a Villafranca di Verona il 29 giugno 1939 in una famiglia contadina, da ragazzo mostra un carattere molto vivace ed orgoglioso. Fin da subito la bicicletta diventa la sua compagna e Sante scopre di avere un grande talento per le corse ciclistiche. A vent’anni vince la Milano-Busseto, una classica prestigiosa per i dilettanti. Presto però inizia a coltivare un’altra passione, quella per la pista. Gaiardoni si scopre un grande pistard, fatto per essere veloce e spericolato, per volare sull’ovale del Vigorelli di Milano, dove è solito allenarsi.
Ma Sante non è la stella delle piste in quegli anni. Al termine degli anni Cinquanta il campione indiscusso è Valentino Gasparella. Vicentino, classe 1935, ha conquistato la medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1956 a Melbourne nell’inseguimento a squadre. Nel 1958 a Parigi vince anche i campionati del mondo proprio ai danni di Gaiardoni. Si ripete l’anno successivo ad Amsterdam. Sono sconfitte che a Sante bruciano come il fuoco e si incomincia a vociferare di una sorta di una sua sudditanza psicologica verso l’acerrimo rivale.
Arriva il 1960, ci sono le Olimpiadi a Roma. Gaiardoni partecipa insieme alla squadra italiana, favoritissima alla vigilia, ma lui è un outsider. Ci sono tanti altri atleti più quotati per le vittorie. Ma ci sono giornate speciali, in cui tutto va nel migliore dei modi, anche più di quanto ci si potrebbe aspettare. Così il 26 agosto Gaiardoni realizza la prima impresa. Dopo aver superato brillantemente le batterie nella disciplina della velocità, Sante si dedica alla finalissima del “chilometro da fermo”, gara a cronometro. La pista è resa scivolosa dall’umidità della sera romana. C’è il tedesco Dieter Gieseler; quello vola, stampa un tempo da paura: 1’08”75. Nessuno di coloro che scendono in pista dopo di lui riesce a fare meglio. Gaiardoni è l’ultimo a tentare di abbattere quel muro. È riposato visto che nelle batterie non ha dovuto affrontare avversari particolarmente ostici. Eppure qualcosa va storto all’inizio: il giudice di gara si scontra con il tecnico azzurro, discutendo sulle modalità di partenza. Ne fa le spese il povero Sante che inizia malissimo la sua gara, penalizzato da un via disastroso. La gara sembra compromessa. E invece, metro dopo metro, pedalata dopo pedalata, Gaiardoni recupera, rimonta e sorpassa. Già perché sul traguardo il tempo è il seguente: 1’ 7” 20. Oro e primato mondiale.
Una serata così basterebbe al buon Sante ma ci sarebbero le semifinali di velocità. E allora è giusto provare a centrare una straordinaria doppietta. Appuntamento con la storia previsto per il 29 agosto. Il belga Léo Sterckx vince a sorpresa la sfida contro Gasparella. È un colpo di scena che spiazza gli italiani che speravano nella finale tutta azzurra. Forse l’unico che prova un minimo sollievo è proprio Gaiardoni che si scrolla di dosso quell’ombra ingombrante e quella sudditanza psicologica. Ma prima di arrivare in finale bisogna superare l’australiano Baensch. In due manche l’azzurro ha ragione dell’avversario, nonostante qualche scorrettezza da parte dell’avversario. È arrivato il momento della finalissima, la stessa dei mondiali di Lipsia del 1960. Quella volta aveva vinto Sante ma stavolta l’atmosfera olimpica rende tutto diverso. La finale, come le gare precedenti, è al meglio delle tre manche. La prima va all’italiano: lo scatto a 300m non lascia scampo al belga. Ora bisogna vincere la seconda manche per concludere l’opera. La prima fase della gara è caratterizzata dalla grande tensione. I due protagonisti si studiano, rallentano, si fissano. Poi Gaiardoni tenta l’allungo ma viene superato dal belga. Che sia la mossa decisiva? E invece no. Sterckx continua la sua progressione ma la pedalata si fa sempre più pesante e legnosa. Sante lo riacciuffa e lo supera all’ultima curva andando a prendersi gara e titolo olimpico, il secondo in quella magica edizione. Il velodromo esplode di gioia. Tra la prima e la seconda medaglia Sante si trova a festeggiare con gli amici e con due persone particolari e speciali: il padre Bepi, meccanico, che lo abbraccia dopo l’impresa nel chilometro ed il maestro delle scuole elementari. L’uomo che spedì il piccolo Sante in ultima fila, forse l’unico ad essersi permesso di non vederlo nei primi tre…