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Laura Giombini in azione a Rio 2016 (fonte: pagina Facebook ufficiale)

Un pallone, una rete, un campo sulla sabbia. La vita di Laura Giombini è legata a tutto ciò. Dal 2009, il beach volley è diventato a tutti gli effetti lo sport dell’atleta perugina, inizialmente cresciuta con la pallavolo indoor. Protagonista ai Giochi Olimpici in Brasile, ha gentilmente rilasciato un’intervista esclusiva ad Azzurri di Gloria, in cui si parla dei recenti impegni e dei progetti futuri.

Buongiorno Laura, come procede il post Rio 2016?

<<Diciamo che tra una cosa e l’altra non mi sono ancora fermata. Sono contenta ovviamente. Appena tornata dal Brasile mi sono allenata per il campionato italiano e per le finali in Canada. C’è stato un impegno dopo l’altro>>.

Ha già un’idea di come sarà il calendario dell’ultima parte di stagione?

<<Dopo la finale del Grande Slam a Toronto, in Canada, non si sa di preciso cosa succederà. Lo deciderà la Federazione. Dopo un quadriennio olimpico, si rivedranno molte cose. Dobbiamo aspettare la decisione. È un grande punto interrogativo. Sarà sicuramente un periodo di attesa per vedere che succede>>.

Facciamo un passo indietro: com’è stata la Sua avventura a Rio?

<<Rio è un’emozione grandissima, che non si cancellerà dal cuore. È il sogno di ogni atleta partecipare all’Olimpiade. È qualcosa che ti segna. Per me è stato inaspettato. Ho cercato di vivermi il momento appieno, di godermi questo evento, combattendo su ogni pallone con la mia compagna Marta Menegatti, che per me è una grandissima amica, oltre che un’atleta fantastica. Rio mi rimarrà per tutta la vita>>.

Lei è arrivata in Brasile per sostituire Viktoria Orsi Toth, con cui è amica ed è stata per qualche stagione compagna di squadra. Come ha vissuto questa vicenda?

<<Da una parte, pensando all’Olimpiade in sé, è stata un’esperienza magnifica, ma dall’altra parte, ci sono state tante emozioni contrastanti. Al momento di partire eravamo tutti scossi da questa notizia tragica. Viky, per me, è un’amica e la sua vicenda ha fatto male. Ho vissuto l’Olimpiade con sentimenti molto differenti tra loro>>.

Tra l’altro, Lei fu scelta dopo la mancata ammissione di Rebecca Perry, sua compagna di team. Una serie di eventi certamente non semplici da gestire.

<<Diciamo che è stato un susseguirsi di notizie del genere. Tra l’altro Viky è una giocatrice di muro e gioca a sinistra, così come Becky. Dunque è stato normale che la prima scelta sia stata lei. Aveva le stesse caratteristiche. Invece, io sono una giocatrice di destra e difensore come Marta e questa era una difficoltà in più perché ci siamo dovute adattare nuovamente. Lei ha giocato a sinistra, mentre io mi sono messa a muro. Quindi è stato complicato. Però, quando c’è un obiettivo per cui un atleta ha lavorato, non ci si può tirare indietro. Siamo scese in campo come due guerriere. Due guerriere che hanno messo il cuore in campo, che hanno dato tutto. Alla fine, nonostante tutte queste difficoltà, abbiamo disputato un ottimo torneo, dando il massimo. Arrivare none, alla luce di queste vicissitudini, non è un risultato di poco conto>>.

Dall’esterno, è parso di vedere che, gara dopo gara, Lei e Marta abbiate trovato un’intesa sempre migliore. È proprio così?

<<E’ vero, è stato un cammino in cui abbiamo cercato, partita dopo partita, di aggiungere qualcosa al nostro gioco. Effettivamente il tempo a disposizione per prepararci è stato poco, anche perché io sono arrivata quattro o cinque giorni prima dell’inizio del torneo. Anche la partita è stata un modo per creare intesa. Siamo stati tutti contenti, anche il nostro allenatore. Lui ci ha detto di andare in campo e combattere su ogni pallone. Noi lo abbiamo fatto e siamo stata l’unica squadra che ha vinto un set contro le campionesse olimpiche. Inoltre siamo state eliminate da Walsh, tre volte campionessa dei Giochi olimpici. Quindi niente di cui lamentarsi. Abbiamo fatto tutto il possibile>>.

Qual è stata la gara che ricorda con più piacere nel percorso olimpico?

<<Forse la partita più bella è stata quella contro le tedesche Walkenhorst e Ludwing. È stata una gara, che ci ha permesso di passare il turno ed approdare agli ottavi. Pass alla portata anche conquistando un solo set. Sicuramente è stato un match sentito, come tanti altri, ma vincere un set contro una coppia così forte, lottando punto a punto, è stato uno dei ricordi più belli>>.

Ha suscitato un certo clamore la partita contro l’Egitto, quando il pubblico si è schierato apertamente dalla parte delle vostre avversarie, sperando di allungare un match che sembrava a senso unico. Voi come avete vissuto quel momento?

<<Ogni partita è stata una grande emozione. Diciamo che in quell’occasione abbiamo avuto rispetto per l’avversario, come sempre, ma abbiamo anche sentito il pubblico dalla loro parte. Comunque questo aspetto ci ha caricate. Siamo entrate in quell’arena, in cui tutti, compresi i brasiliani, vivevano intensamente il beach volley. Il pubblico ci ha dato ugualmente tanta energia, che abbiamo preso e trasformato in qualcosa di positivo per noi. È andata bene comunque>>.

C’è stato anche il clamore derivante dal fatto che le egiziane siano scese in campo indossando il loro burkini. Nel villaggio olimpico si è parlato di questo caso?

<<Guarda, non eravamo all’interno del villaggio, perché eravamo al mare. Onestamente non saprei cosa dire>>.

E voi quali sensazioni avete avuto?

<<Niente di strano. Era un avversario come un altro. Per me, c’è stata la massima libertà per quello che pensano e per come vogliono entrare in campo>>.

Mi riaggancio ad una Sua affermazione precedente: quindi, non siete mai state al villaggio olimpico?

<<No, siamo andate al villaggio olimpico. Lì è molto più percepibile la magia dell’Olimpiade perché vedi tutti questi atleti. Magari hai l’opportunità di confrontarti con loro. È qualcosa che ti segna. A volte hai la possibilità di fare domande, di sentire cosa provano durante il match. È stato bellissimo per me>>.

Quale degli atleti che avete incontrato vi è rimasto maggiormente impresso?

<<Onestamente siamo state poco nel villaggio. Abbiamo incontrato Roberta Vinci, ci siamo confrontate con lei. È veramente una ragazza molto umile, alla mano. Ci ha anche invitato ad assistere alla sua gara. E’ stata gentile ed è stato molto bello parlare con lei>>.

Tornando a Lei e Marta Menegatti, durante le partite, sembrava che Lei fosse la più carica tra le due. Lei esultava ad ogni punto, mentre la Sua compagna sembrava più silenziosa.

<<Ognuno reagisce a modo suo. Ovviamente anche lei è una guerriera ed è una che esulta ad ogni pallone. In quel momento ero io a dovermi calmare. Ero molto carica, perché era una gioia essere lì. Quindi ogni punto era una festa. A volte, Marta ha cercato di calmarmi un po’ e capisco che non sia semplice quando il proprio compagno è così determinato. Alla fine era normale che una delle due dovesse controllare l’altra perché, se fossimo state entrambe cariche, sarebbe stato difficile gestirci>>.

È anche questione di esperienza? Marta avendo già fatto un’Olimpiade sapeva come gestire la pressione e l’emozione. Può essere una chiave di lettura? Ne avete parlato?

<<Non ne abbiamo parlato ed abbiamo sdrammatizzato guardando le mie foto, in cui ero così energica. Ci siamo fatte una risata. Marta è stata carina con me. Prima dell’esordio, mi ha detto di esultare e di esternare le emozioni, qualora fossi stata eccessivamente agitata. Ed io ho seguito il suo consiglio>>.

Come si è avvicinata a questo sport? Quale consiglio darebbe a chi decide di praticare questa disciplina?

<<Mi sono avvicinata per gioco. Inizialmente praticavo la pallavolo e d’estate c’erano queste rappresentative regionali con il beach volley. Poi sono stata selezionata dall’osservatore regionale ed abbiamo fatto un torneo, arrivando seconde. È iniziato così il mio percorso. Dall’estate 2006 finivo pallavolo e facevo beach volley per tre mesi. Poi la cosa mi è piaciuta molto perché per me il beach è il primo amore rispetto alla pallavolo. È uno sport completo: devi saper far tutto, mette a nudo i tuoi limiti, il tuo carattere. È la bellezza di questo sport: non puoi nasconderti. Se ci sono problemi o difficoltà, bisogna superarli ed andare oltre, senza buttarsi giù. È come accade nella vita in generale. Per me, il beach volley è anche un insegnamento di vita. Se qualcuno vuole praticarlo, deve sapere che è una disciplina dura, perché c’è la sabbia, c’è il sole, può piovere, c’è il compagno, in cui bisogna saper comunicare e capire di cosa ha bisogno l’altro>>.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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