E’ stato nominato “Atleta Italiano del secolo” (ventesimo) ma ancora ci si sbaglia nello
scrivere il suo nome di battesimo: Juri con J e non con Y.
I genitori lo hanno battezzato così in onore del primo uomo in assoluto che andò nello spazio, il russo Jurij Gagarin, e lui nella sua vita ha volato forse più di chiunque altro tra gli anelli.
Da piccolo è un terremoto e rischia di sfasciare la casa e così, a soli 6 anni, i genitori lo portano in palestra a Prato. È minuto e fragile ma ha una grande forza di di volontà che gli permette di entrare nel giro della nazionale juniores a 12 anni nel 1981.
La svolta della vita arriva tre anni più tardi quando, su consiglio dei tecnici federali, l’adolescente Juri si trasferisce a Varese agli ordini di Bruno Franceschetti, il suo tecnico storico che dalla prima, fatiscente, palestra lo porterà a mietere successi su ogni palcoscenico e che lo specializzerà agli anelli.
Nel 1987 ai mondiali di Rotterdam è il primo italiano, dopo Menichelli nel 1966, a tornare in finale negli anelli piazzandosi sesto, primo degli “occidentali”. Questo gli vale il pass per le olimpiadi di Seul 1988, in una squadra dove la stella è Boris Preti, dove sarà ottavo a squadre e sesto individuale agli anelli.
Dopo Seul Juri esplode, sale a podio praticamente in qualsiasi competizione internazionale e, ovviamente, stradomina in casa. Campionati italiani, Giochi del Mediterraneo, Universiadi, Europei, Mondiali e i giornalisti iniziano a chiamarlo “Il Signore Degli AnellI”. Si avvicina alle Olimpiadi di Barcellona da naturale favorito ma il destino è in agguato.
Poco dopo l’europeo di Budapest, appena prima della partenza per i giochi, il 6 luglio si rompe il tendine d’Achille in allenamento ed è costretto a vivere i giochi solo da commentatore.
Lui però ha sempre avuto una volontà di ferro, torna ad allenarsi concentrandosi maggiormente sugli anelli e a maggio del 1993 è già in pedana a vincere l’oro mondiale. Il quadriennio che lo porta ad Atlanta è costellato di successi il cui zenit è proprio l’oro olimpico in Georgia dove domina dall’inizio alla fine.
Dopo aver vinto tutto per anni, si sente meno motivato e nel 1997 decide di ritirarsi ma senza mai veramente smettere di allenarsi. A inizio 2000 infatti decide di rientrare per andare a Sidney a difendere il titolo olimpico ma, ancora una volta, la sfortuna lo colpisce. A maggio in allenamento subisce il distacco del tendine del bicipite del braccio sinistro. È un infortunio tremendo e a 30 anni, per uno specialista degli anelli, sarebbe un de profundis alla carriera.
Anche un uomo dalla volonta d’acciaio come lui sembra essersi messo l’animo in pace ma nel 2003, al mondiale di Anaheim, dove è presente come rappresentante degli atleti della delegazione italiana, matura l’idea di rientrare Un’idea consolidata poi per una promessa fatta al padre mentre lotta contro la morte.
Sembra un patetico tentativo di un ex atleta nel non volersi rassegnare e andare avanti con la propria vita. Tutti sono scettici e molti remano contro. A gennaio supera un test in nazionale e convince i tecnici a portarlo agli Europei. Dopo 7 anni di stop dalle competizioni entra in finale agli anelli e chiude all’ottavo posto.
Si guadagna quindi il pass per Atene dove è il portabandiera della spedizione azzurra. La sua, negli anelli, dovrebbe essere un’apparizione simbolica, un premio a una carriera esemplare. Invece, contro ogni pronostico, arriva in finale e alla fine conquista uno straordinario bronzo, questa volta sì, atto finale di una carriera irripetibile.
Da allora è stato impegnato in politica e in televisione come commentatore o partecipando a reality. Nel cuore però è sempre quel bambino che distruggeva l’arredamento di casa sognando di essere in pedana: Jury Chechi.
[…] di Jury Chechi, il quale saltò ben due edizioni dei Giochi per infortunio (Barcellona ’92 e Sydney 2000) […]