Daniele Molmenti è un uomo legatissimo al suo territorio e al suo paese con un pensiero fisso: Rio.
L’intervista di oggi è al vincitore della medaglia d’oro a Londra 2012 nella specialità della canoa kayak K1 slalom.
Il canoista friulano racconta i tanti sacrifici fatti in carriera per arrivare sul tetto del mondo e le sue aspettative in vista dei Giochi di Rio 2016.
E c’è anche un futuro da imprenditore…
- Cominciamo con una domanda scontata: che cosa significa vincere un oro olimpico? Hai mai provato un’emozione così forte nella tua vita?
- Da sempre sono legato alla “mia” patria, al mio territorio. Non a caso, nella prima intervista subito dopo la vittoria dell’oro a Londra 2012, ho detto che “Noi italiani facciamo sempre la differenza”. Mi è venuto da dentro perché ce l’ho dentro. Ecco, magari anche riporre in qualche italiano più fiducia nel futuro in un periodo di crisi, e regalare un sorriso, è stata un’emozione enorme. E poi, certo, tutto quello che si sta dietro: sono arrivato lì dopo anni di allenamenti intensi e sacrifici, anche lontano da casa, dalla famiglia.
- Hai iniziato a pagaiare nel 1995 all’età di undici anni: come è cominciato tutto? Perché hai scelto il kayak?
- A dieci anni d’età mi ero stufato di palestre e piscine, facevo judo e nuoto ma avevo bisogno di spazi aperti. Un giorno ho seguito mio fratello che già praticava canoa con il GKC Cordenons, sul Noncello. Da lì è stato amore a prima vista. Sono salito, ho dato qualche colpo di pagaia e tutto mi sembrava così facile. Era bellissimo avere a disposizione un fiume intero dove poter fare qualsiasi cosa.
- Hai venduto la tua Ducati per pagarti tre mesi di allenamento in Australia: quanto ha influito quella scelta sul successo che hai conseguito a Londra 2012?
- Per arrivare a certi livelli ogni piccola scelta diventa fondamentale e bisogna fare scelte, anche se costano sacrifici. Per eccellere in questi sport bisogna andare a svernare in paesi lontani, da noi mancano i canali di gara internazionale, solo così si può pensare di arrivare lassù. Però i costi non sono indifferenti, io ho cercato di aiutarmi anche vendendo la moto.
- Essere scelto come portabandiera italiano per la cerimonia di chiusura che cosa ha significato per te?
- E’ stata la ciliegina di una torta già buonissima! Rappresentare tutti i milioni di tifosi del proprio Paese non è una cosa da poco. Tenere quella bandiera è stata un grande privilegio.
- Sei l’unico canoista ad aver vinto tutto: senti il peso di questa responsabilità?
- Assolutamente non sento nessun peso, di questo record. Ho fatto meglio di chiunque altro e ho segnato il mio nome nel libro della canoa per sempre, prima o poi qualcuno mi batterà, ma intanto sono io il primo. Responsabilità? No, sento orgoglio.
- Ti stai allenando sul circuito olimpico di Rio: quali sono i tuoi obiettivi personali? Quella di Rio sarà la tua ultima Olimpiade?
- Devo ancora iniziare e già chiedete se sarà l’ultima Olimpiade (sorride, ndr)? Vediamo strada facendo, un obiettivo alla volta. E il primo è qualificarsi.
- Invece quali aspettative hai sulla spedizione italiana a Rio in generale? Possiamo fare meglio rispetto a Londra 2012?
- Ci sono giovani talenti che stanno crescendo e venendo fuori molto bene. Già eguagliare Londra non sarà facile, ma ci stiamo preparando al meglio.
- Sei allenato da Pierpaolo Ferrazzi medaglia d’oro a Barcellona 1992: che cosa significa per avere accanto un coach così titolato?
- Grazie a Pierpa, il migliore tecnico in circolazione, ho capito più errori nelle vittorie che dalle delusioni delle sconfitte e così ho cercato di spostare il limite sempre oltre. Per tanti anni nessuno è rimasto al mio passo.
- Cosa significa far parte e gareggiare per il Corpo forestale dello Stato?
- Non dimentico mai di ringraziare il Corpo Forestale dello Stato per l’opportunità che mi ha concesso, e continua a concedermi, di fare l’atleta professionista. Una fiducia che cerco di ripagare allenandomi con il massimo impegno e la massima serietà e professionalità. Sono un appassionato di natura e mi impegno anche per rispettare l’ambiente: far parte della Forestale, per me, ha quel qualcosa in più.
- Dove e quando ti alleni?
- Quando sono a casa, a Torre di Pordenone, sul fiume Noncello che si trova a qualche centinaia di metri. Altrimenti sulla Brenta a Valstagna, dove si trova la caserma forestale, oppure in Slovenia.
- Prevedi un tuo futuro lontano dallo sport?
- Non mi sono cullato nell’oro vinto ma, da mia abitudine, mi sono rimboccato le maniche per costruirmi un futuro. Assieme all’imprenditore Mario Confalonieri sto lavorando per realizzare quello che diventerà il canale di acqua artificiale unico al Mondo: indoor e con acqua calda tutto l’anno. C’è tutto qui: www.dolomitiwaterpark.com. Ma detto questo, ora penso a Rio.
- Vedi qualche tuo erede nel kayak italiano?
- Giovanni De Gennaro è sicuramente l’atleta italiano che ha più margini di crescita.