La boxe dello Sparviero Oliva è superlativa, ed è in parte ispirata al “labbro di Lousville”: Oliva mette in scena sul quadrato un pugilato elegante, estremamente raffinato, incentrato su un grande gioco di gambee su un’arma fondamentale come il jab, su cui faceva un grande affidamento. La sua formazione ha origine nella mitica Fulgor di Napoli, dove diventa allievo dell’indimenticato maestro Giuseppino Silvestri, una vera e propria istituzione per il pugilato campano.
Oliva ha voglia di emergere da una situazione sociale che condiziona la sua vita e quella della gente del suo quartiere, ma soprattutto, ogni giorno, promette a se stesso di salire sul tetto del mondo. A dargli la forza è Ciro, suo fratello, morto in giovane età a causa di una malattia infame che gli ha strappato la gioia di vivere e di diventare un calciatore. La promessa del giovane Oliva viene mantenuta e, il 15 marzo 1986, allo Stadio “Louis II” del Principato di Monaco, supera ai punti l’argentino Ubaldo Nestor Sacco e conquista il tetto mondiale dei superleggeri per la sigla WBA.
Prima, però, ci sono le Olimpiadi di Mosca. Un obiettivo importante nella carriera di un pugile che costituisce il primo passo verso una vita nei. La filosofia di Oliva, secondo cui l’intelligenza può avere la meglio sulla rabbia e la potenza, divenne una regola infallibile sul ring dei Giochi sovietici. Patrizio, dopo aver superato quattro avversari, arrivò a giocarsi la finale contro il kazako Konakbayev, che solamente un anno prima lo aveva battuto nella finale europea dei dilettanti nella divisione dei leggeri con un verdetto che non trovò un consenso unanime.
Nonostante il timore per l’ambiente casalingo che avrebbe potuto condizionale la valutazione dei giudici, Oliva riuscì a trionfare in virtù di una prestazione che non lasciò spazio ad alcuna possibile manipolazione: su cinque giudici, infatti, quattro diedero la vittoria al napoletano, che conquistò l’oro dei superleggeri e fece tornare l’Italia sul podio olimpico dopo dodici anni di assenza, quando il massimo Giorgio Bambini tornò a casa con un bronzo.