“Nadia Comaneci”. È questa la risposta che si ottiene ogni volta che si chiede a qualcuno di ricordare le Olimpiadi del 1976. A Montreal, infatti, la ginnasta romena mostrò al mondo tutta la sua classe e riuscì in un’impresa ritenuta, fino ad allora, impossibile: ottenere un 10 in una competizione olimpica. O meglio, un 1.00 come indicarono i tabelloni luminosi. Sì perché gli strumenti, messi a punto dall’azienda svizzera Omega su istruzione del Comitato Olimpico Internazionale, potevano mostrare al massimo tre cifre (9.99) e non quattro, come avrebbe richiesto un 10.00. A Montreal, però, accadde anche un altro fatto senza precedenti: per la prima volta i Giochi furono boicottati. I più preparati ricorderanno infatti che ventisette Stati africani, più la Guyana e l’Iraq, decisero di non prendere parte alla rassegna olimpica per protesta nei confronti della Nuova Zelanda, rea di aver dato l’autorizzazione agli All Blacks di giocare una partita di rugby nel Sudafrica escluso dal CIO per l’apartheid.
Insomma, quando si parla di Montreal ’76 ci si riferisce a un’edizione fondamentale della storia dei Giochi olimpici moderni. E l’Italia? La squadra Azzurra ottenne risultati importanti? La risposta è sì, ma è necessario fare una precisazione. Una precisazione composta da due nomi e due cognomi: Klaus Di Biasi e Giorgio Cagnotto. Certo, non ci fuorono solo i due tuffatori: l’oro nel fioretto individuale di Dal Zotto riportò in Italia una medaglia che mancava da quarant’anni, mentre l’argento di Sara Simeoni nel salto in alto entrò nella storia dell’atletica leggera azzurra, ma Di Biasi e Cagnotto regalarono grandissime emozioni ai tifosi della italiani.
Amici-rivali, i due atleti furono capaci di salire sul podio in tutte le più importanti competizioni a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, entrando nella leggenda di questo sport e dando vita a sfide che sono rimaste impresse nella memoria dei tifosi italiani. Un esempio? Monaco 1972 dove Klaus conquistò l’oro nella piattaforma, mentre Giorgio portò a casa il bronzo; nel trampolino, invece, i ruoli si invertirono con Cagnotto sul podio (secondo) e Di Biasi quarto.
A Montreal la sfida si ripeté e i tifosi italiani, che avevano ancora davanti agli occhi i tuffi di quattro anni prima, non poterono che essere affascinati dalla possibilità di vedere quei due fuoriclasse lottare uno contro l’altro, di nuovo. Nella finale dal trampolino, questa volta, non ci fu storia: l’Angelo Biondo fu costretto ad accontentarsi dell’ottavo posto, mentre Cagnotto si giocò l’oro con lo statunitense Phil Boggs, altra leggenda di questo sport. L’atleta a stelle e strisce, però, quel giorno fu davvero irraggiungibile, come dichiarò lo stesso Cagnotto poco dopo: “Boggs era imbattibile. In questa gara era praticamente in palio solo la medaglia d’argento ed io l’ho presa”. Nella sfida tra l’Azzurro e Boggs si aggiunsero infatti altri due, temibili, avversari: “Ho dovuto lottare con l’americano Louganis e con il sovietico Kosenkov per difendere il secondo posto: per fortuna, hanno sbagliato almeno un paio di tuffi ciascuno e la mia superiorità è stata evidente”. All’ultimo tuffo Cagnotto ebbe la certezza di aver conquistato la terza medaglia olimpica della sua carriera. Era il 22 luglio 1976. Cagnotto aveva ventinove anni.
Pochi giorni dopo Klaus Di Biasi, suo coetaneo, avrebbe conquistato l’oro nella piattaforma, chiudendo così la sua meravigliosa carriera. Sembrava quindi che questa incredibile pagina dello sport italiano fosse giunta al capolinea. Dopo circa dodici anni di allenamenti, di battaglie sulla piattaforma e sul trampolino e, soprattutto, dopo innumerevoli medaglie pareva proprio che il movimento dei tuffi azzurro fosse sul punto di ricominciare da capo, avendo la consapevolezza che fenomeni del genere nascono una volta ogni cinquant’anni. Figuriamoci due assieme.
Ma non fu quest’Olimpiade a porre fine alla leggenda di Di Biasi e Cagnotto. Quattro anni più tardi il torinese, sorprendentemente ancora in attività, avrebbe conquistato l’ennesima medaglia olimpica della sua strepitosa carriera. Sarebbe stato solo allora che, a trentatrè anni, dopo aver conquistato un bronzo dal trampolino sfidando atleti molto più giovani di lui, Franco Giorgio Cagnotto (questo il suo nome completo, ndr) si sarebbe ritirato, chiudendo definitivamente l’età dell’oro dei tuffi azzurri.