TRENTO, dal nostro inviato Marco Corradi

Il nostro Marco Corradi è al ”Festival dello Sport”, che si sta tenendo a Trento, e ha intervistato Alberto Contador: il campione spagnolo, dopo aver raccontato ai presenti la sua ”Tripla Corona”, ha parlato ai nostri microfoni. 

Alberto Contador a Trento

CICLISMO: ALBERTO CONTADOR E LA TRIPLA CORONA, UNA STORIA DI VITTORIE ED EMOZIONI

Il Festival dello Sport è senza dubbio il grande evento di fine anno, un unicum che è nato sotto la spinta della Gazzetta dello Sport ed è patrocinato dal Trentino: il meglio dello sport italiano ed estero, coi migliori campioni e le migliori penne, si raccoglie a Trento dall’11 al 14 ottobre, con una serie infinita di eventi che possono soddisfare ogni palato e ogni tifoso. Il tema ricorrente è il ”record”, e Alberto Contador ha un grande record da sfoggiare: è entrato nel gotha del ciclismo ottenendo la tripla corona, e vincendo Giro, Tour e Vuelta. Con lui, hanno raggiunto questo traguardo Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault, Nibali e Froome, ma Albertino li batte tutti su due fronti: è stato il più rapido a ottenere la tripla corona (1 anno e 2 mesi), ed è l’unico (con Hinault) ad aver ottenuto due vittorie in ogni grande giro. Per la precisione, due Giri, due Tour e tre Vuelta. Un bottino da campionissimo, e l’incontro avvenuto a Palazzo Geremia è un viaggio all’interno della carriera di un corridore fenomenale, che ha chiuso il suo percorso professionale nella scorsa Vuelta, congedandosi con l’impresa sull’Angliru.

Alberto racchiude in sè qualcosa di mistico, e una determinazione fuori dal comune: il suo motto, declinato in una carriera che si descrive da sola, è ”querer es poder” (volere è potere, se l’è anche tatuato), e viene ripetuto a più riprese. Il racconto di Contador parte dall’amore folgorante per la bicicletta, che l’ha colpito ”per il senso di libertà che dona”, e poi si passa a parlare delle sue passioni italiane. Per la prima volta Albertino dice quello che tutti pensavano: Marco Pantani è stato e sarà sempre il suo idolo, il corridore a cui si è ispirato per i suoi attacchi e i suoi scatti. Contador racconta l’incontro tra il giovane Alberto e Marco Pantani, avvenuto quando il Pirata si avviava a fine carriera e l’asturiano stava iniziando il proprio percorso, lo fa con viva emozione e poi passa alle grandi vittorie: dai Tour e dalla vittoria ”in faccia ad Armstrong”, con cui il rapporto era pessimo (”spesso i giornalisti vanno oltre la realtà, ma sul mio rapporto di Armstrong avete scritto un decimo di quello che è successo”), al Giro del 2008. Quella corsa resterà sempre marchiata nel cuore di Alberto, e non potrebbe essere altrimenti: Contador non doveva manco correre quel Giro, e venne richiamato in extremis perchè l’Astana era falcidiata dalle squalifiche per doping (Vinokourov, Kashechkin) era stata esclusa dal Tour.

A dieci giorni dal via del Giro, e mentre si trovava in spiaggia per le vacanze, lo spagnolo dovette inventarsi gli allenamenti per la corsa rosa, e lì nacque l’amore per l’Italia: ”Mi sono divertito molto in quel Giro, ma l’inizio fu drammatico: non conoscevo il percorso, l’ho studiato con un amico su Internet, e la mia condizione era precaria. Mi sono allenato per tre-quattro giorni, poi al martedì siamo partiti per l’Italia e sabato iniziava la corsa. Il mio ds mi disse ”fai una settimana e poi ti ritiri”, e io inizialmente ero d’accordo, poi però ho visto che riuscivo a stare coi primi, e dopo la cronometro, in cui sono arrivato secondo, gli ho detto che avrei corso fino a Milano. La mia condizione è cresciuta di tappa in tappa, e ho vinto quel Giro”. Contador vincerà il Giro anche nel 2011, lottando con Scarponi (vittoria poi tolta per la positività al clenbuterolo, insieme al Tour 2010) e con quello che ha definito ”un ragazzo fantastico, che sapeva sempre tirarti fuori il sorriso anche nelle giornate più buie”, e nel 2015: un Giro che, Contador dixit, ”ha le salite migliori”, su tutte il temibile Zoncolan. E nel mezzo, tre successi alla Vuelta (2008, 2012, 2014), la corsa che l’ha visto chiudere in bellezza con l’impresa sull’Angliru: nessun rimpianto per il ritiro, perchè Contador voleva lasciare ”al massimo livello”, e anche perchè ha molti progetti in ballo. Dalla Fundacion Contador, che aiuta i giovani ciclisti e s’impegna nella prevenzione degli ictus (Alberto ha rischiato di morire per un aneurisma, con conseguente emorragia cerebrale, nel 2004), alla Polartec-Kometa (squadra U23 e Continental che gestisce con Ivan Basso), alle sgambate in bici: ”Vado in bici due-tre volte a settimana, e vado sempre a tutta”. Dopo questo lungo racconto, Alberto Contador ha rilasciato anche un’intervista ad Azzurri di Gloria: ecco le sue parole, e le sue considerazioni su alcune tematiche non toccate durante l’evento.

L’INTERVISTA AD ALBERTO CONTADOR

Ciao Alberto, partiamo dal tuo rapporto con l’Italia: sei venuto qui a Trento, e in generale hai sempre dato l’impressione di avere un feeling particolare col nostro paese e col Giro…

”Ho un rapporto splendido con l’Italia. Sono sempre stato trattato con grande affetto, sin dal primo momento, e questo ha fatto sì che l’affetto diventasse subito reciproco: è un amore nato nel 2008 al Giro d’Italia, che poi è andato crescendo in futuro e vive tuttora (si è visto dalla folla accorsa per Alberto, ndr)”.

Qual è la vittoria alla quale sei più legato, tra quelle che hai ottenuto al Giro d’Italia?

”Come vittoria complessiva, il Giro del 2008: sono arrivato all’ultimo momento, senza programmazione e ho vinto. Come singola tappa, dico assolutamente l’Etna del 2011”.

Parliamo di quello che da molti viene definito il tuo erede, e che è cresciuto nella Fundacion Contador. Enric Mas è arrivato 2° alla Vuelta, i suoi risultati ti hanno emozionato?

”Veder arrivare Enric al 2° posto nella Vuelta 2018 mi ha dato un’emozione particolare, è stato davvero bello. Lui è cresciuto alla Fundacion Contador, dove come primo obiettivo abbiamo quello di formare uomini, e poi pensiamo al formare atleti. Il 18% dei ragazzi che sono venuti da noi ora svolge attività sportiva, e alcuni riescono a farlo ad altissimo livello e stanno esplodendo: Enric Mas è il migliore di loro, e sono molto soddisfatto del modo in cui corre e dei suoi risultati”.

Cosa ti aspetti dal Giro di Lombardia che si correrà sabato? Chi è il tuo favorito? C’è un grande parterre de roi.

”Credo che Pinot sia in grandissima forma, ha fatto bene anche l’anno scorso. Lui è il mio favorito al momento, però anche Bardet, Nibali, Moscon e Valverde possono vincere: è difficile esporsi chiaramente, tanti ciclisti sono in condizione”.

Veniamo ai tuoi progetti attuali, e parliamo della Polartec-Kometa: come procede la tua squadra, e qual è il tuo rapporto con Ivan Basso, che la gestisce con te?

”Il progetto cresce di giorno in giorno, siamo molto contenti e molto sorpresi, perchè nel primo anno di vita abbiamo conquistato tante vittorie e tanti grandi risultati. Cresciamo costantemente, gli sponsor aumentano e cresceremo ancora: stiamo andando forte, e forse il nostro segreto nasce proprio dal mischiare la forza d’animo spagnola e quella italiana, e dal mio rapporto con Ivan. Basso è più che un amico, lo definisco un fratello: l’ambiente in squadra è straordinario”.

E uno dei grandi talenti della Polartec è italiano: parliamo di Matteo Moschetti.

”Secondo me è un talento tremendo. Ha conquistato nove vittorie quest’anno, ed è un corridore che può avere un grande futuro: è veloce, sa lottare contro le difficoltà e sa adattarsi a ogni tipo di situazione. Avrà sicuramente una grande carriera da professionista (passerà con Trek-Segafredo nel 2019, ndr)”.

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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