“We can be heroes just for one day”. Così canta David Bowie nel 1977. Paolo Bettini, allora, ha solamente 3 anni e non può sapere che la vita gli riserverà una straordinaria carriera, iniziata nel 1997 con la MG Maglificio-Technogym. Tutti si accorgono subito dello straordinario potenziale del “Grillo” di La California, capace di non staccarsi su salite non troppo impegnative e di essere un ottimo sprinter. Con il tempo, Bettini affina anche una lettura della gara decisamente superiore a tanti altri ciclisti e non è un caso se, dopo una stagione con il team Asics, sia stato prima il delfino di Bartoli alla Mapei e poi capitano della Quick Step per tanti anni.
Nel 2003 Paolo si è sbloccato vincendo la Milano-Sanremo, la principale classica di primavera, oltre a Giro del Mediterraneo, HEW Cyclassics e la Clasica di San Sebastian. Questi risultati gli valgono la conquista della Coppa del Mondo, la seconda consecutiva. Dunque Bettini si avvicina ai Giochi Olimpici di Atene 2004 dopo due ottime annate. Eppure il nuovo anno non inizia nel migliore dei modi: il Grillo non lascia il segno nelle classiche primaverili ed inevitabilmente si crea un po’ di scetticismo sulle sue possibilità di vittoria.
Fino al 2004 l’Italia delle due ruote non aveva più conquistato una vittoria olimpica dallo sprint vincente del compianto Fabio Casartelli a Barcellona 1992: da allora, gli azzurri avevano sempre deluso le aspettative. Ma ad Atene le cose vanno diversamente. Il commissario tecnico Franco Ballerini costruisce la squadra attorno a Bettini: sceglie Pozzato come vice capitano, l’alternativa ideale all’atleta della Quick Step, e punta sull’esperienza di Nardello e Moreni. Non può mancare l’uomo di fiducia del “Grillo”, il metronomo della selezione azzurra, Luca Paolini.
Il circuito olimpico non presenta grandi asperità ma il punto chiave della gara per tutti i favoriti è la salita del Licabetto, uno strappo capace di fare la selezione. Alla vigilia l’oro sembra un affare tra lo spagnolo Alejadro Valverde ed il kazako Alexander Vinokourov, con Bettini possibile outsider.
La corsa sembra confermare i pronostici e rimane sotto il controllo delle selezioni favorite per la vittoria finale come da copione. Serve un colpo di genio, un’invenzione, un numero di alta scuola per rovesciare i pronostici e cambiare gli scenari della gara. Bettini capisce che è il suo momento. Inizia il penultimo giro ed arriva la salita del Licabetto e il Grillo scatta. È un’accelerazione incontenibile, una stoccata pungente. Solamente il portoghese Sergio Paulinho tiene botta e rimane nella scia di Bettini. Paolino si volta e controlla nervosamente il lusitano ma sa di non potersi fermare perché il gruppo degli inseguitori non vuole darsi per vinto. La coppia di testa guadagna un discreto vantaggio nell’ultimo passaggio e, con il trascorrere dei chilometri, diventa chiaro che saranno l’italiano ed il portoghese a giocarsi la medaglia d’oro. Bettini sembra avere uno spunto migliore ma ha ancora i fantasmi del mondiale 2001, sfumato contro Oscar Freire. E poi c’è Paulinho, un rebus: il lusitano è forte in salita ma anche allo sprint è un brutto cliente. Si arriva all’ultimo chilometro. I due si studiano nervosamente e continuano a rimandare la volata decisiva. È surplace puro, un marcamento estenuante, fatto di incroci di sguardi e di traiettorie. A 500 metri dal traguardo prova ad allungare Paulinho: il suo scatto fa pensare ad una sentenza ma dopo pochi secondi ci si accorge che è un fuoco di paglia. Bettini affianca l’avversario e lo sorpassa. Paulinho cerca disperatamente di non staccarsi ma la sua resistenza è una debole fiamma, destinata a spegnersi lentamente. Bettini insiste e la sagoma del portoghese inizia ad allontanarsi. Il vantaggio dell’italiano si dilata, pedalata dopo pedalata. L’arrivo sul traguardo è un’apoteosi: Paolo Bettini ha vinto la medaglia d’oro. Il ciclista di La California è il Re dell’Olimpo, davanti al portoghese e al figlio d’arte Axel Merckx. Un risultato impensabile solo qualche mese prima. Come sappiamo non sarà l’ultima impresa di questo straordinario campione.