Doping, un microchip per prevenirlo? È in fase di discussione la proposta di Mike Miller, direttore generale della World Olympians Association (WOA). Tra favorevoli e contrari, facciamo il punto della situazione.

Photo credit: David Davies/PA Wire.

LOTTA AL DOPING: UNA PROPOSTA CHE FA DISCUTERE

“Lo mettiamo ai nostri cani, perché non lo possiamo mettere a noi stessi?”. Mike Miller, direttore generale della World Olympians Association (WOA), il mese scorso ha lanciato una proposta per prevenire e combattere il doping in modo più efficace: introdurre un microchip sottopelle per controllare costantemente, di fatto h24, le sostanze assorbite dagli atleti in qualunque momento della loro giornata.

Un’idea estrema, condivisibile o meno, che potrebbe inferire un duro colpo ai “furbetti” dello sport, anche se la tecnologia richiederebbe un adeguato tempo di sviluppo per essere perfezionata e infallibile.

MICROCHIP ANTI-DOPING: FAVOREVOLI E CONTRARI

Alcuni atleti si sono mostrati favorevoli ad alzare l’asticella nella lotta al doping attraverso tecnologie all’avanguardia. Su tutti l’ex pentatleta ed eplatleta svedese Carolina Klüft, vincitrice di un oro olimpico e tre ori mondiali in carriera.

Non mancano però gli scettici. Nicole Sapstead, direttore generale dello UK anti-doping, ha esposto alcune perplessità in merito, in particolare per quanto riguarda l’effettiva impossibilità di manipolare il microchip o sull’eccessiva invasione della privacy degli atleti.

Su quest’ultimo tema, lo stesso Miller ha così replicato: “Bisogna considerare questo come un grande club al quale per iscriversi è obbligatorio rispettare le sue regole”.

Insomma, sembra che la faccenda avrà ancora sviluppi che non si concretizzeranno nel brevissimo periodo.

LA LOTTA AL DOPING E IL RAPPORTO CON I GOVERNI NAZIONALI

Tra i legittimi dubbi che possono sorgere sulla materia, non manca quello di come far passare l’idea anche a tutti i governi nazionali. Una problematica non secondaria, dato il recente terremoto scatenato dall’affaire Russia, che alle ultime Olimpiadi di Rio 2016 non ha potuto schierare i propri sportivi nelle gare di atletica leggera.

Doping di stato? La vicenda è ancora tutta da chiarire, nonostante la recente assoluzione in massa “per insufficienza di prove” per 95 dei 96 atleti indagati dalla WADA per l’utilizzo di sostanze proibite, con il presunto benestare da parte del governo locale. Quel che è certo è che la Russia non ha potuto prendere parte in toto alle Paralimpiadi di Rio 2016 e non potrà partecipare nemmeno a quelle invernali di PyeongChang 2018.

Nel frattempo un nuovo vaso di Pandora è stato scoperchiato e porta il nome di Sochi 2014. Quattro medagliati russi, tutti nello sci di fondo, sono stati squalificati e i loro risultati cancellati. Sentenze che portano a pensare che l’assoluzione di massa fosse legata non a una cantonata clamorosa presa dalla WADA ma a una effettiva impossibilità, anche da parte di tale organo, di avere completo accesso a tutte le informazioni utili a realizzare indagini più approfondite.

Se il sistema anti-doping interno a uno stato non è in grado di garantire la legalità e la lotta all’illecito, potrà dunque un microchip ergersi a entità sovranazionale al di sopra di ogni sospetto per risolvere la piaga alla radice? Sicuramente servirà un lavoro di fine diplomazia tra mondo dello sport e politica. Un lavoro che, certamente, non si esaurirebbe in poche settimane.

LA LOTTA AL DOPING: L’ESEMPIO DEL CICLISMO

Quante volte abbiamo sentito dire “nel ciclismo si dovrebbe legalizzare il doping, intanto tutti ne fanno uso”? Proviamo a vedere il problema da un’altra prospettiva: se nel ciclismo la lotta all’illecito porta a numerose condanne ogni anno significa che il sistema funziona. Per mantenere alto il nome di questo sport a fronte dei continui scandali è stato infatti perfezionato nel corso degli anni un sistema di controlli molto severo dal quale è praticamente impossibile sfuggire.

Che si prenda esempio dalle due ruote, dunque. Sebbene sia necessario effettuare dei distinguo (non in tutti gli sport il doping è infatti influente allo stesso modo circa il miglioramento delle prestazioni dei singoli atleti) quanti nuovi casi sarebbero già esplosi se tutte le altre discipline avessero lavorato fin dal principio nella stessa direzione in cui opera il ciclismo in tema di lotta al doping?

Microchip o meno, il problema verrà risolto solo dal momento in cui la collaborazione tra tutte le parti in causa (governi nazionali, federazioni sportive e organi preposti ai controlli) sarà totale e senza ombre, con tutti i possibili vasi di Pandora rigorosamente sigillati a dovere.

Luca Lovelli
Giornalista e conduttore televisivo. Fondatore e direttore responsabile di Azzurri di Gloria. Amo viaggiare, con la mente e con il corpo.

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