Alice Volpi si racconta ai nostri microfoni, partendo dai ricordi d’infanzia, fino alle gare olimpiche di Tokyo 2020.
(Foto di copertina: profilo Facebook ufficiale Alice Volpi)
Come si è avvicinata alla scherma e perché ha scelto proprio il fioretto?
Io sono di Siena e in città c’è da sempre una bella tradizione del fioretto. E’di Siena la campionessa Margherita Zalaffi (unica italiana ad aver vinto medaglie olimpiche in armi diverse, ndr), così come il maestro Ruggero D’Argenio. Io mi sono avvicinata a questa disciplina a sette anni, grazie a mio papà che mi ha portato per la prima volta a vedere le gare. Io non conoscevo questo sport, ma da subito mi sono appassionata alle divise bianche degli schermidori. Per me è stato poi stupendo passare dal fioretto di plastica a quello vero, di metallo. Fu amore a prima vista.
Quanto è importante per lei il sostegno del Gruppo Sportivo Fiamme Oro?
Il loro sostegno è importantissimo. Lo sport che pratico è molto costoso, fin da piccoli si gira tutta l’Italia per le gare. La possibilità, a 18 anni, di fare del proprio sport la propria vita è fantastico. Le Fiamme Oro mi hanno permesso di concentrarmi solo sul fioretto.
Come giudica fino a qui la sua stagione sportiva?
La stagione è partita decisamente bene: ho vinto le prime due gare e poi ho conquistato un terzo posto. Da aprile, invece, mi sono sentita più stanca, sia fisicamente che mentalmente. In questo periodo sto cercando di recuperare la mia forma ideale, per essere pronta per il Mondiale. Questa settimana affronto anche gli Europei a Plovdiv che valgono doppio come punteggio.
Come avete fatto a Tokyo 2020 a mettervi velocemente alle spalle la sconfitta contro la Francia per poi affrontare la finale per il bronzo?
Non è stato per nulla facile. Ringraziamo sempre i ragazzi del fioretto maschile che ci hanno seguite lungo tutto il percorso e ci hanno sempre sostenuto. Sono stati con noi e hanno cercato, per quanto possibile, di sdrammatizzare. Noi come squadra volevamo l’oro ma ci siamo compattate per la gara con gli Stati Uniti e siamo alla fine riuscite a conquistare il bronzo.
Nel movimento azzurro della scherma, e del fioretto in particolare, chi l’ha più ispirata?
Nel fioretto femminile, come sappiamo, ci sono tante campionesse. Seguivo fin da piccola Valentina Vezzali, la più vincente. Un’altra figura di riferimento per me è stata Giovanna Trillini che, tra l’altro, è stata fino all’anno scorso la mia allenatrice. Ovviamente non posso dimenticare Elisa Di Francisca ed Arianna Errigo, con le quali ho avuto la fortuna di condividere tante gare.
Come si affronta una gara individuale contro una propria compagna di nazionale?
Non è una situazione semplice. Io personalmente spero sempre di evitarla. Si tratta di un evento complesso, anche perché tra noi azzurre ci conosciamo bene e ci alleniamo sempre insieme. Inoltre, la probabilità di trovarsi l’una contro l’altra è molto alta, dato l’elevato livello dell’Italia nella disciplina. Comunque, una volta che si sale in pedana si pensa a vincere.
Quale vittoria ricorda con più piacere e da quale sconfitta, invece, ha tratto un grande insegnamento per migliorarsi?
Il Mondiale vinto nell’individuale a Wuxi 2018 è stato, finora, il punto più alto della mia carriera sportiva. Mi sentivo benissimo. L’anno prima avevo conquistato l’argento perdendo per una sola stoccata. L’Olimpiade è ovviamente un grande appuntamento ma per me, per ciò che concerne l’individuale di Tokyo, rappresenta il più grande rammarico avendo perso la finale per il bronzo. Ho capito però che l’Olimpiade va anche goduta, va capita l’importanza del momento ma, ancor di più, l’onore di poter sfidare i più grandi nel più importante evento sportivo. A Parigi, se mi qualificherò, voglio godermi anche la festa e non solo la gara.
Qual è lo stato dell’arte, secondo lei, del movimento italiano della scherma?
Siamo un bel movimento. Dopo Tokyo c’è stato un rinnovo dei C.T. di ogni arma. Tutti hanno fatto grandi risultati, dalla sciabola alla spada, passando ovviamente per il fioretto. Facciamo tanti ritiri con la nazionale e cerchiamo di prepararci al meglio per i grandi eventi, come l’Olimpiade che è molto vicina.
Come si gestisce la voglia di fare l’assalto vincente con la contemporanea necessità di non subire la stoccata avversaria in una gara all’ultimo punto?
La gara in sé è complessa. Iniziamo a gareggiare alle nove del mattino per concludere, spesso, alle venti. Dobbiamo saper gestire il tempo anche tra una gara e l’altra. Ci vuole grande concentrazione, l’assalto non è mai finito fino a quando non si arriva a 15. Solo lì l’assalto è davvero terminato. Nel fioretto tutto si può capovolgere da un momento all’altro, questo è il bello e il brutto del nostro sport.
Parigi 2024, cosa significa per lei e cosa si porta come bagaglio delle esperienze di Rio e di Tokyo?
Parigi è quasi arrivata, siamo lì. Sarà un altro punto importante della mia carriera agonistica. Ho 31 anni e non so se sarò presente all’Olimpiade del 2028, Parigi potrebbe essere la mia ultima partecipazione olimpica. Voglio comunque arrivarci con la carica e l’aggressività giuste, quindi essere pronta per combattere per la medaglia d’oro. Inoltre, sarà diverso rispetto a Tokyo, con la bolla anti-Covid. La gara di Tokyo, infatti, sembrava una competizione come un’altra, senza pubblico, senza parenti a vederci. A Rio, quando andai come riserva, il villaggio olimpico era totalmente diverso da quello che ho poi visto in Giappone.