L’Italia del ciclismo ha ben figurato nei Mondiali di Innsbruck, e Gianni Moscon ha chiuso al 5° posto: abbiamo commentato con Davide Cassani, ct della nazionale azzurra, la stagione dei nostri corridori e i recenti campionati dal mondo.

”AZZURRI DI GLORIA” INTERVISTA DAVIDE CASSANI

Davide Cassani non è stato un ciclista ”normale”: la sua è stata una vita da gregario, ma anche da esperto nelle fughe da lontano e delle classiche da un giorno. Ha disputato 12 Giri d’Italia, nove Tour de France e nove Mondiali (7° nel 1988 in Belgio e 9° nel 1991), e si è tolto anche tante soddisfazioni. Due tappe vinte al Giro, tre vittorie nel Giro dell’Emilia (1990, 1991, 1995) e tanti piazzamenti nelle grandi classiche: terzo nella Freccia Vallone e nel Giro di Lombardia 1992, quarto nella Liegi-Bastogne-Liegi dello stesso anno e secondo nell’Amstel Gold Race del 1995. La sua carriera si è interrotta un anno più tardi, e allora è iniziata la seconda vita del classe ’61: Cassani si è ritagliato il suo spazio come commentatore tecnico del ciclismo sulle frequenze Rai, e poi nel 2014 ha dato il via alla propria terza vita diventando commissario tecnico della Nazionale. Sotto la sua guida è nata un’Italia consapevole dei propri mezzi, aggressiva e brava a leggere la corsa in ogni suo aspetto: un’Italia che, soprattutto, è squadra e si sa mettere in mostra. Gli azzurri hanno sfiorato il colpaccio olimpico a Rio 2016, disputato un’ottimo Mondiale a Bergen e un’ottima rassegna anche nel 2018 a Innsbruck: i nostri portacolori, nonostante un Nibali a mezzo servizio, hanno interpretato la gara in modo intelligente, lavorando per Moscon e portandolo a lottare coi migliori e chiudere al 5° posto finale. Niente medaglia, ma un’ottima prova in un Mondiale che ci ha visto portare a casa quattro medaglie. E proprio per commentare i Mondiali di Innsbruck 2018, le prestazioni della sua Italia e la stagione che sta per concludersi, abbiamo intervistato Davide Cassani: ecco le sue parole ai nostri microfoni.

I MONDIALI DI INNSBRUCK, MOSCON E NIBALI: IL GIUDIZIO DI DAVIDE CASSANI

Ciao Davide, partiamo dai campionati italiani a cronometro, e dalla vittoria di Gianni Moscon dopo un bel duello con Filippo Ganna: i giovani non ci mancano, ma riusciremo a produrre un cronoman di primissimo livello negli anni a venire?

”C’era un bel campo-partenti nei campionati italiani, e penso proprio che riusciremo a crescere anche a cronometro. Ganna e Moscon sono due ottimi ragazzi: purtroppo quest’anno il percorso dei Mondiali era troppo duro per schierare Filippo, con quella salita di 4km e quelle pendenze, ma l’ho portato al campionato europeo e sono convinto che nei prossimi anni potrà fare delle ottime cronometro. E con lui Moscon. E poi c’è De Marchi che vuole specializzarsi nelle prove contro il tempo: gli piace, è una disciplina che sente sua e nella quale può fare bene con certi percorsi, viste le sue caratteristiche e la sua voglia di fare. Venendo dalla Vuelta era in condizione e poteva correre la cronometro mondiale. Non l’ho fatta correre a Moscon perchè, essendo stato due mesi lontano dalle corse, non poteva fare sia la cronosquadre che la prova maschile, altrimenti si sarebbe bruciato per la prova in linea. Nei prossimi anni, però, con dei corridori del genere potremmo toglierci delle soddisfazioni e competere a cronometro”.

Passiamo ai Mondiali di Innsbruck: abbiamo visto una buonissima Italia, che ha saputo interpretare la corsa e lavorare con intelligenza. Moscon ha chiuso 5°, Nibali invece non era in condizione ottimale: che giudizio dai ai tuoi ragazzi e alla loro prestazione?

Non vedo come avremmo potuto correre diversamente, i ragazzi sono stati fantastici. Siamo partiti con due capitani, uno che era in condizioni non ottimali e l’altro che era stato lontano dalle gare per due mesi, e aveva quattro corse nelle gambe (due vinte, Coppa Agostoni e Giro di Toscana, ndr). Quindi, avevamo comunque un’indicazione su come muoverci, ma la risposta definitiva è arrivata a metà corsa: siamo stati una squadra unita, compatta e abbiamo corso per il capitano, che a tre giri dalla fine era definitivamente Gianni Moscon. Non abbiamo mai tirati un metro, siamo stati alla finestra, poi abbiamo cercato con Caruso, De Marchi, Brambilla e Cataldo di portare via un gruppettino e far lavorare le altre nazionali. E nel finale Brambilla e Caruso si sono messi davanti a tirare perchè avevano esaurito il loro compito e si sarebbero staccati a breve: sorprendono le critiche che ci hanno fatto perchè abbiamo preso in mano la situazione, ma noi ci siamo mossi per andare su regolari e agevolare Moscon, anche quando ha tirato Pellizzotti. Poi è partito l’olandese, si è staccato Vincenzo che non stava benissimo, è andato davanti anche De Marchi per fare il ritmo a Moscon, ma sono partiti ancora gli olandesi: il compito della Nazionale era quello di portare il nostro capitano nella miglior posizione nel finale, e ci siamo riusciti”.

E il compito della nostra Nazionale era quello di non far partire gli scalatori sul muro di Gramartboden.

”Esatto. Avevamo un solo capitano, un solo corridore che poteva cercare il risultato. Col senno di poi potrebbero dirmi che Moscon, senza quell’allungo, avrebbe avuto più energie nel finale. Ma senza quell’allungo, sarebbe stato criticato perchè non si stava muovendo con rivali come Alaphilippe e Valverde: col senno di poi si dicono tante cose, e le critiche che arrivano dai social non le considero neanche, perchè sono ininfluenti. Possono dire la loro tutti, e quindi sappiamo come funziona. La nostra Nazionale è stata all’altezza della situazione, l’Equipe ci ha dato 8 definendoci ”un modello di squadra”. La cosa che mi è piaciuta di Gianni Moscon è che lui ha corso per vincere. Quando ha visto davanti Rui Costa, Pinot e gli altri, è partito per entrare in quella fuga e provare a guadagnare quei 30” che gli avrebbero consentito di vincere il Mondiale. E comunque, nei quattro che si sono giocati il Mondiale fino alla fine c’era lui. E quindi, cosa si può recriminare alla nostra Nazionale? Abbiamo corso bene, e anche nazionali come Inghilterra e Colombia sono rimaste a secco. I ragazzi sono stati bravi, e hanno interpretato la corsa nel migliore dei modi. Se Moscon avesse corso la Vuelta, o avesse fatto un calendario come hanno fatto gli altri, si sarebbe giocato il Mondiale. A soli 24 anni”.

Come ha vissuto il suo Mondiale Vincenzo Nibali?

”Io l’ho detto fino al giorno prima, Vincenzo non era al top. Era caduto, è rimasto venti giorni fermo, e ormai i corridori non stanno venti giorni fermi neppure d’inverno. Non è facile ricominciare, e per quanto si sia allenato sulle strade della Vuelta, ha anche fatto tantissima fatica perchè il livello in corsa era molto alto. Devo solo dire grazie a Vincenzo Nibali, perchè ci ha messo l’anima, il cuore e tutto quello che aveva. Sapevamo che per lui si trattava di una corsa al buio, e su un percorso del genere potevamo solo sperare in un miracolo che non c’è stato: si sono persi per strada corridori come Sagan, gli Yates, Kwiatkowski e tanti altri, e posso solo dire bravo a Vincenzo per l’impegno. C’è grande rammarico perchè, con Nibali e Moscon al top, ci saremmo divertiti. E perchè Vincenzo è molto sfortunato in azzurro: a Rio, a Firenze e qui ha raccolto molto meno di quanto ha potuto”.

L’Italia di Innsbruck ha dato l’impressione di essere un grande gruppo, mostrando l’atmosfera del ritiro anche sui social…

”È un gruppo fantastico. La cosa che mi fa piacere è che con un gruppo abbiamo vinto l’Europeo, e con un altro abbiamo cercato di vincere il Mondiale. All’Europeo avevamo un grande gruppo, con tre candidati alla vittoria (Viviani, Nizzolo e Trentin) e uno l’ha fatto (Trentin), qui invece ne avevamo due e non siamo riusciti a vincere per una serie di condizioni avverse. Se andiamo a prendere la lista dei favoriti, c’erano Valverde, Alaphilippe, gli Yates e noi eravamo al massimo dal settimo all’ottavo posto in giù. Non si può dire che la Nazionale abbia deluso, perchè stiamo crescendo: abbiamo vinto un Europeo e lottiamo sempre per vincere, diventando un punto di riferimento nonostante non ci siano più i Bettini e quant’altro. C’è Moscon che nei prossimi anni sarà un punto di riferimento, già l’anno prossimo con un percorso (Yorkshire, per velocisti resistenti) nel quale torneranno in corsa Viviani e Trentin. Con questo spirito, siccome mi piace guardare avanti, sono sereno, perchè posso contare su dei ragazzi che credono ancora nel valore della maglia azzurra”.

L’ITALIA DI INNSBRUCK NEL COMPLESSO E IL FENOMENO-EVENEPOEL

Siccome ti piace guardare avanti, ti chiedo se il percorso di Tokyo 2020 può essere adatto a Nibali, che cerca la sua rivincita con la maglia dell’Italia.

”Vincenzo può caricarsi guardando la carta d’identità di Valverde, che ha vinto un Mondiale a 38 anni. Nel 2020 avrà quasi 36 anni, e si troverà ad affrontare due prove durissime tra Olimpiadi (il percorso di Tokyo è da scalatori) e Mondiali (in Svizzera, a Martigny). Vincenzo è in credito con la fortuna, e spero che in quella stagione possa andargli tutto bene”.

Abbiamo ottenuto quattro medaglie a Innsbruck, come valuti nel complesso l’Italia?

”Abbiamo un po’ sofferto negli Under-23, che però sono diventati una categoria strana, nella quale trovi corridori che hanno corso alla Vuelta e poi vanno a disputare la prova U23. Negli juniores invece abbiamo 7-8 ragazzi molto interessanti, e lo stesso vale per la squadra al femminile, e poi c’è stata la bellissima medaglia di Tatiana Guderzo. La squadra c’è, abbiamo un grande gruppo e un grande movimento: nonostante qualche difficoltà, abbiamo una grande scuola”.

Abbiamo citato gli juniores, e non possiamo non parlare di Remco Evenepoel: come valuti questo astro nascente del ciclismo, capace di stravincere a cronometro e in linea negli jr?

”Non ho mai visto un corridore avere una tale superiorità e differenza sui propri coetanei. È veramente sorprendente, gioca ed è assolutamente superiore agli avversari: ha vinto gli Europei con 10 minuti di vantaggio, ha stravinto la prova in linea dopo una caduta e dominato a cronometro. Siamo di fronte a un corridore fenomenale, l’ho visto anche al ”Lunigiana”, ed è nettamente superiore a tutti gli altri: è un professionista che corre negli juniores, stacca tutti dalla sua ruota ed è di un’altra categoria. Non a caso, salterà gli U23 e passerà direttamente professionista (con Quickstep). Dove può arrivare? Ha un motore fuori dal comune: ha iniziato a correre l’anno scorso, giocava a calcio ed era il capitano dell’U17 belga, e ha fatto una mezza maratona in 1h16′, è un autentico fenomeno baciato da un talento straordinario. Bisogna capire se ha margini di miglioramento oppure no e come si svilupperà in seguito, ma rispetto ai suoi coetanei non c’è storia. Fa tempi a cronometro da U23, e col rapporto obbligato che c’è negli juniores”.

ARU, IL 2018 DEL CICLISMO ITALIANO E LE PROSSIME CORSE: LE VALUTAZIONI DI DAVIDE CASSANI

Torniamo all’Italia, e a quella nota dolente chiamata Fabio Aru: ha fatto un grande gesto tirandosi fuori dai Mondiali, ma ha anche vissuto un’annata davvero complicata.

”Non si diventa brocchi da un giorno all’altro. Quest’anno nulla è andato per il verso giusto, probabilmente si è innervosito e forse ha sbagliato completamente preparazione, non possiamo sapere cosa sia successo di preciso perchè lo sa solo lui. La certezza è che Fabio quest’anno non è mai stato all’altezza della situazione e ha fatto un anno negativo. Però può capitare, anche Kittel ha avuto annate simili: io sono convinto che possa tornare l’Aru degli anni d’oro e fare nuovamente grandi cose, ma dovrà ripartire da zero e dimenticare le difficoltà”.

Facciamo un bilancio sugli italiani in questo 2018: c’è un corridore che ti ha sorpreso particolarmente?

”Non posso definirlo una sorpresa, ma è stato veramente fortissimo Elia Viviani, che è stato il velocista più forte in tutta la stagione. Ha vinto e convinto, ha trovato la squadra e il gruppo giusto, ed è cresciuto tantissimo. Dev’essere di esempio per tutti. Cito anche Trentin, che ha vinto l’Europeo ed è stato sfortunato a sua volta, perchè è stato due mesi lontano dalle corse, e Colbrelli: ha avuto grandi sprazzi, meritava di vincere a Montreal e vincerà presto una grande classica. Abbiamo un movimento vitale, e possiamo essere ottimisti: il gruppo dei corridori del ’90 e oltre è cresciuto, tanti sono diventati capitani delle loro squadre o punti di riferimento, e poi ci sono talenti assoluti come Ganna e Moscon. Sono soddisfatto dell’Italia ciclistica, molto”.

I prossimi giorni ci porteranno ad assistere alle ultime corse italiane, e al Giro di Lombardia: Moscon e Nibali, i capitani del Mondiale, sono tra i favoriti per la classica delle foglie morte?

”Penso che Moscon sia uno dei grandi favoriti delle ultime corse stagionali, e sogno un duello con Vincenzo Nibali. A Vincenzo sono mancati quei 15 giorni di allenamento che ha perso, e quella ”sparata” che ha ammesso di non avere nel pre-Mondiale: è un orgoglioso, cercherà di mettere a frutto tutto il lavoro e fare il bis al Lombardia. Mi piacerebbe un duello alla pari tra loro, e poi ci saranno Alaphilippe e tantissimi altri corridori vogliosi di mettersi in mostra”.

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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