Durante l’ultima puntata di ”Minuti di Gloria” (la numero 30), il nostro programma radiofonico in onda ogni venerdì dalle 18 alle 19 su Radio Ticino Pavia (FM 91.8 e 100.5), abbiamo intervistato il vulcanico Gianmarco Pozzecco: ecco il suo commento sulla delusione-Milano e sugli altri temi caldi del basket azzurro!

Pozzecco

UN URAGANO DI SIMPATIA: GIANMARCO POZZECCO INTERVIENE AI MICROFONI DI ”MINUTI DI GLORIA”

Battute, gag, simpatia e tante risate: conoscevamo Gianmarco Pozzecco da spettatori/appassionati di sport, e durante l’intervista realizzata ieri nella 30a puntata di ”Minuti di Gloria” le nostre impressioni sull’uomo-Pozzecco sono state confermate. Genio e sregolatezza, una simpatia innata e la capacità di analizzare con grande lucidità: il playmaker della Nazionale che ottenne l’argento ai Giochi di Atene 2004, ricordato da tutti per le sue mattane, ma soprattutto per le giocate d’altissimo livello, ha analizzato con noi il momento del basket azzurro, partendo dal tracollo di Milano, per poi arrivare alla finalissima-scudetto tra Venezia e Trento e chiudere infine con un commento sulla Nazionale italiana e sull’Europeo che verrà. Avremmo voluto chiedere tanto altro al Poz, che da qualche anno si cimenta nel ruolo di allenatore, con alterne fortune sulle panchine di Capo d’Orlando e Varese (la sua Varese, trascinata allo scudetto da giocatore nel 1999) e due anni da secondo in Croazia (Cedevita Zagabria, esperienza appena conclusa), ma il tempo è stato tiranno: ecco dunque le parole di Gianmarco Pozzecco, prossimo 45enne, ai nostri microfoni!

IL TRACOLLO DI MILANO E LA FINALISSIMA TRENTO-VENEZIA: L’ANALISI DI GIANMARCO POZZECCO

Ciao Gianmarco, partiamo dal fallimento di Milano, che è uscita malamente nella semifinale del campionato italiano, dopo aver disputato una pessima Eurolega: come ti spieghi il tracollo dell’EA7?

”Ho lavorato 7-8 anni fa, ora non ricordo di preciso, in questa Milano, perchè c’era già Livio Proli e il proprietario era Giorgio Armani, quindi ho un’idea precisa. Secondo me Proli è stato molto bravo, quand’anche bravissimo/spettacolare, nel costruire tutto quello che l’Armani Milano è oggi dal punto di vista extrasportivo: ai tempi Milano giocava al PalaLido, e non riusciva nemmeno a riempirlo, questo enorme miglioramento numerico di spettatori e appassionati è merito di Livio Proli e dei suoi collaboratori. Milano ha fatto passi da gigante, guadagnando 10 anni di licenza dell’Eurolega, e forse questi passi non sono evidenti al tifoso, che li valuta relativamente e vuole vincere, per la cultura becera sportiva italiana. Da noi conta solo la vittoria, in ogni modo: rubando, con l’arbitro pagato, col rigore inventato ecc., l’importante è che si vinca, perchè l’italiano non è appassionato ma tifoso, e il tifoso vuole a vincere. Quindi i tifosi giustamente si lamentano, ma dovrebbero essere grati a tutto ciò che il signor Armani e Livio Proli hanno dato al basket milanese, al quale manca quel qualcosa in più che può dare un grandissimo tecnico: ora non voglio autopromuovermi, ma io 7-8 anni fa avevo consigliato a Proli di prendere Ettore Messina, nell’unica volta in cui ero andato a Modena dove lui lavorava. Ai tempi io ero nel mondo-Olimpia e parlavo con lui quotidianamente, ma non seguivo la prima squadra perchè lavoravo col settore giovanile, e gli dissi: ”prendi Ettore Messina”, perchè Proli dal punto di vista sportivo/tecnico doveva affidarsi a qualcuno di gigantesco, e in quel momento storico (ma anche in questo) il migliore sulla piazza è proprio Messina (ct della Nazionale). Tornando a Milano, ha fatto passi da gigante e vissuto un’evoluzione storica riempiendo sempre il Forum e costruendo qualcosa di bello, però dal punto di vista sportivo dovrebbero avere un grande ”capobranco” che dia linee guida che sono alla base dei successi di un certo livello: mentalità, allenamenti di un certo tipo, professionalità dal punto di vista sportivo. Servono persone in grado di capire che un Langford, che oggi ha scritto una lettera nella quale diceva che ”a Milano non si sono resi conto di quello che ho fatto per loro”, non puoi vincere l’Eurolega, quanto piuttosto proseguire un percorso di crescita e innalzamento della qualità della rosa: allora Langford poteva andar bene, oggi invece devi prendere un playmaker top, come sono gli ultimi cinque che hanno vinto tutto in Europa (Teodosic, Diamantidis, Spanoulis, Jasikevicius e Papaloukas), oppure seguire il percorso del Fenerbahçe. I turchi non hanno un grande play, ma un tecnico fenomenale, che è Obradovic, vincitore di 9 Euroleghe: sostanzialmente, se vuoi vincere l’Eurolega, cosa che Milano vede come obiettivo futuro, deve affidarsi a uno di questi personaggi alla Obradovic-Messina. Hanno preso Pianigiani e hanno fatto molto bene secondo me, perchè può dare qualcosa in più e fare meglio di Scariolo: comunque, credo che debbano prendere anche un grande GM”.

Passando alla finalissima-scudetto tra Trento e Venezia, quali sono le tue sensazioni? Chi vedi favorito e quale squadra ti ha maggiormente impressionato?

”Prima di tutto bisogna fare i complimenti a entrambe, perchè hanno fatto qualcosa di straordinario. Forse di più Trento, perchè a inizio anno sembravano in difficoltà, e poi hanno raggiunto la finale in questo modo, ottenendo un risultato storico: Venezia invece era una delle squadre che si pensava potesse raggiungere questo obiettivo, ma ce n’erano altre 5-6 papabili, e i veneti hanno fatto un grande percorso. Cosa succederà? Da un certo punto di vista darei favorita Trento, perchè ha battuto Milano e ha qualcosa in più, però è anche vero che come roster, budget ed esperienza ”vince” Venezia: sarà una serie complicata a livello di pronostico, non è facile dire chi vincerà, ma quest’imprevedibilità è meravigliosa. Non sapere chi vince è il sale dello sport: parliamo di un campionato nel quale per anni ha vinto Siena e tutti sapevano che avrebbe vinto Siena, e ultimamente succedeva lo stesso con Milano. Mi dispiace per l’Olimpia, ma sono contento per il campionato italiano: non avere una squadra che domina è un vantaggio per la pallacanestro”.

L’EUROPEO 2017 E LE SPERANZE DELL’ITALBASKET: LA PREVISIONE DI GIANMARCO POZZECCO

Chiudiamo con la Nazionale italiana, che giocherà in estate (31 agosto-17 settembre) l’Europeo di basket: gli azzurri sono inseriti nel girone con Lituania, Israele e Germania (completano il gruppo B, che si giocherà a Tel-Aviv, Ucraina e Georgia), come li vedi?

”Sulla Nazionale dico più o meno sempre le stesse cose, ma continuerò a ripeterle: fino a quando giocavo io, l’Italia arrivava sempre nelle prime 5-6 giocandosela con Spagna, Jugoslavia, Russia, con le ultime due che fortunatamente non erano ancora divise: quando si sono separati, alcuni di noi hanno pensato ”alè, che c**o vai, adesso sarà tutto più facile e batteremo Slovenia, Croazia ecc.”, e invece perdiamo col Montenegro, quindi se pensavamo che la Jugoslavia perdesse la sua forza dividendosi, invece abbiamo più nemici e concorrenti. È molto più complicato riuscire a fare bene, forse è più semplice fare benissimo perchè in una finale secca la Serbia è più battibile della Jugoslavia unita, ma di base è più difficile arrivare nelle prime 5 perchè vanno affrontate tutte le varie Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Macedonia ecc, che sono squadre competitive e non mollano mai. Tornando a noi, la linea è sottile tra fare bene e fare male, puoi perdere contro la Svezia che è una buona squadra, e nella situazione attuale c’è un altissimo rischio di fare figuracce: basti pensare al preolimpico, quando si pensava di battere agevolmente la Croazia, una squadra che io conosco bene perchè ho vissuto per due anni la realtà del Cedevita Zagabria (Pozzecco faceva da vice, esperienza chiusa recentemente), ed è assolutamente capace di battere l’Italia. Quando abbiamo perso, tra l’altro in casa, tutti erano stizziti, mentre io non ero troppo stupito: i tifosi dovranno accettare ogni risultato dalla Nazionale, pur pretendendo che si abbia un certo spirito, perchè quando si veste la maglia azzurra, si vive in un contesto diverso, come dice sempre Petrucci. Faccio un esempio banale, andando a ripescare quando abbiamo vinto la medaglia d’argento ad Atene: tutto quello che ci è stato riconosciuto allora, in termini di affetto e gratitudine, non è manco lontanamente paragonabile ad altre imprese della mia carriera, come può essere ad esempio lo scudetto con Varese del 1999, per il quale vengo ricordato continuamente. Vincere con la Nazionale, però, è qualcosa di diverso, e lo spirito dei giocatori dev’essere proporzionale a quello che la gente ti fa vivere”.

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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