Ha partecipato ai Giochi di Londra del 2012, chiudendo al 5° posto (in coppia con Marta Menegatti) dopo l’eliminazione ai quarti, vinto l’oro ai Giochi del Mediterraneo ed ottenuto un ottimo risultato ai Mondiali del 2013, eppure non è più nel giro della Nazionale di beach volley: è questa la strana storia di Greta Cicolari, pallavolista 33enne che ora è costretta ad allenarsi a sue spese (insieme alla compagna di gara Giulia Toti, con cui ha vinto il primo europeo dello snow-volley), ed è in piena polemica con la Federazione e il ct azzurro Lissandro. Per parlare di questo, del suo precedente olimpico, e delle sue speranze per Rio, la redazione di Azzurri di Gloria ha intervistato Greta Cicolari,
Ciao Greta, partiamo con una domanda sulle tue origini: la tua carriera sportiva era iniziata con un’altra disciplina olimpica, quel judo che hai praticato dai 6 ai 16 anni: perchè hai scelto di passare alla pallavolo e farne la tua vita, abbandonando le arti marziali?
”Dai ricordi che ho e dai racconti di mia mamma sembra che io fin da piccola avessi le idee ben chiare. Quando a sei anni ho dovuto scegliere tra il judo e la danza non ho avuto dubbi, e ovviamente ho scelto judo. Da questa bella arte marziale ho imparato la disciplina, il rispetto per l’avversario e cosa più importante di tutte il sacrificio. Mi ha inoltre negli anni donato tanta forza fisica e mentale e mi ha reso molto consapevole dei miei mezzi. Il passaggio alla pallavolo è avvenuto all’età adolescenziale (14 anni, per due anni ho praticato entrambi) nella quale avevo bisogno di inserirmi in un gruppo e, cosa migliore per una ragazza, nella pallavolo. Volevo assaggiare lo spirito e lavoro di squadra che in uno sport individuale manca”.
Hai giocato in A1 con Chieri e Santeramo, dopo gli esordi a Bergamo e le vittorie internazionali: cosa ti ha spinto a scegliere il beach volley nel 2009 e abbandonare la pallavolo indoor?
”Esatto, il momento in cui ho scelto di giocare a beach volley combacia con l’apice della mia carriera pallavolistica… Sembrerà assurdo aver fatto una scelta di questo tipo (soprattutto dal punto di vista economico, era quasi un suicidio), ma all’epoca ero stanca della routine che la pallavolo mi dava e per assurdo sentivo il bisogno di tornare a uno sport più individuale. Il beach volley per me unisce uno sport individuale a uno di squadra, mantiene la collaborazione fra due giocatori, ma ti permette di essere molto più protagonista nel gioco. Per me è stata la consacrazione: è lo sport perfetto per le mie caratteristiche mentali e fisiche”.
Venendo all’argomento olimpico, qual è il tuo primo ricordo legato ai Giochi? (un ricordo che può essere anche legato al tuo guardare le Olimpiadi da spettatrice, da bambina ecc)
”Quando ero piccola praticavo un po’ tutti gli sport, tra cui l’atletica (precisamente il salto in alto). Ricordo che seguivo tutta la parte dell’atletica, ma credimi che mai e poi mai avrei immaginato un giorno di essere una di quelle atlete che vengono guardate dalle ragazze a casa…”.
La tua unica partecipazione ai Giochi è stata a Londra nel 2012: cosa si prova a partecipare ad un’Olimpiade? Che ricordi hai delle tue sensazioni della vigilia, e di quel luogo magico chiamato Villaggio Olimpico?
”L’Olimpiade è sempre stato il mio obiettivo da quando ho iniziato ad ottenere risultati a livello agonistico, quindi è ovvio che ho vissuto i mesi prima di Londra con tanta aspettativa: non sapevo cosa aspettarmi, ma ero comunque abbastanza matura per rimanere concentrata sul torneo. Mi sono goduta tutta l’Olimpiade dall’inizio alla fine senza distrarmi e ho un ricordo molto bello di quei giorni: c’era tutta la mia famiglia con me e, giocando una partita ogni due giorni, il giorno che avevo di riposo lo condividevo con loro passeggiando per Londra che per l’evento era davvero magica. Penso di essere stata così felice e di averla vissuta così bene proprio grazie a loro. In realtà non ho sentito pressione, anche se è ovvio che all’Olimpiade hai il mondo che ti guarda: ero molto pronta mentalmente e allenata, io e Marta eravamo molto forti e questo mi dava molta sicurezza. Alla fine ho anche chiuso come terza migliore attaccante di tutta la competizione! In uno sport come il nostro, dove l’attenzione mediatica è poca fuori dal periodo olimpico, sai che il grande pubblico praticamente ti ricorderà per come giochi durante quel torneo, e nonostante i Giochi vantino un torneo di livello inferiore rispetto ad un Grand Slam, subentrano aspetti emotivi particolari e inaspettati in ognuno. Quindi posso concludere che l’Olimpiade per me è stata eccezionale sotto ogni punto di vista!”.
A Londra tu e Marta Menegatti siete arrivate al 5° posto, perdendo contro le statunitensi dopo una bella cavalcata: c’è qualche rimpianto, oppure le avversarie erano semplicemente troppo forti?
”Misty May in quel torneo era in una forma fisica che non aveva avuto negli ultimi 2-3 anni pre-Olimpiade e ci ha sorpreso. Peccato per l’incrocio, perché contro le altre coppie secondo me ce l’avremmo fatta a conquistare l’accesso alla finale…”.
Dopo la soddisfazione olimpica e la vittoria nei Giochi del Mediterraneo è iniziato il tuo calvario, con le mancate convocazioni da parte dal ct Lissandro e una doppia squalifica che ti ha portato a star ferma per un anno intero: come hai vissuto questo periodo, e quanto ti sei sentita ”liberata” dopo quella recente sentenza che ti ha dato ragione ed ha costretto la FIPAV a risarcirti?
”Dimentichi anche il 5° posto al Campionato del Mondo 2013 (perso 15-13 al tiebreak contro il Brasile di Lili e Barbara, con Barbara ora campionessa mondiale in carica), che rimane il miglior risultato di sempre per una coppia italiana a un Mondiale. Il fatto che Lissandro abbia scoppiato la coppia più forte del beach femminile proprio la settimana dopo questo storico risultato rimane un mistero per tutti, me compresa: non hanno mai voluto incontrarmi di persona, e tuttora le mie richieste di spiegazioni non hanno ottenuto risposta. L’ho detto in mille interviste, ho un carattere forte e questo probabilmente l’allenatore dell’epoca (che è anche il ct che, dopo aver abbandonato la nazionale pochi mesi dopo aver distrutto la coppia lasciandola di fatto nel caos, è andato ad allenare il Kazakistan per un anno ed è tornato nel 2015) lo soffriva, è l’unica spiegazione che mi do, dato che lui non me ne ha mai date. Quello che più mi rattrista sono state le invenzioni create ad hoc per farmi squalificare e togliermi dal campo, cattiveria allo stato puro: mi rattrista ancora oggi, quando ci penso, e non solo per me, anche per Marta. Solo io e lei sappiamo che non c’erano le motivazioni per separarci, anzi… A gennaio 2013 ci stavamo per mettere in privato e Lissandro aveva deciso di non seguirci: avevamo parlato a lungo di alcune cose che potevano farci far il salto di qualità per provare a diventare le numero uno al mondo. Comunque il fatto che quello stesso ct abbia scelto di non convocarmi più anche con altre giocatrici, nonostante sia tornata in forma privata e attualmente io sia la campionessa italiana, è la prova concreta che non è un professionista, altrimenti sceglierebbe me e non delle atlete senza esperienza o che non hanno mai avuto un risultato. Questa scelta e le altre sono sotto l’occhio di tutti, ma nessuno muove un dito: purtroppo io devo solo reagire a questa situazione, e la sentenza non è null’altro che la mia difesa alle ingiustizie che questa persona mi ha fatto subire”.
Sei tornata a gareggiare nel dicembre 2014 e ora lavori in coppia con Giulia Toti, con cui hai ottenuto il 3° posto nell’ultima tappa del campionato italiano a Spotorno e il pass per gli Europei: quant’è difficile disputare dei tornei senza avere il supporto federale (in una situazione che è pari a quella delle atlete amatoriali), e quanta carica vi dà questa querelle in corso con la Federazione? Mi viene anche da chiederti se, nel bel mezzo di questa guerra con la FIPAV, hai pensato per un momento di mollare tutto…
”La risposta sul campo è stata lo scudetto vinto abbastanza agevolmente lo scorso anno: ho dimostrato che le convocazioni non sono meritocratiche (anche se lo sapevo già). In questa situazione non posso portare avanti nessun progetto: sono chiara e schietta con tutte le mie compagne, anche Giulia sa che l’Europeo a Biel potrebbe essere il nostro unico torneo internazionale. Vi racconto anche questo controsenso: al 99% io e Giulia saremo una delle due coppie che rappresenteranno l’Italia al Campionato Europeo di inizio giugno (la lista ufficiale uscirà tra qualche giorno): ci sono due coppie italiane pagate e spesate dalla federazione per gareggiare tutto l’anno ad eventi come Open o i Grand Slam (senza risultati), ma queste due coppie all’Europeo, al Mondiale o alle Olimpiadi, che sono gli eventi per le nazionali, quasi sicuramente non ci saranno perché non hanno raggiunto i punti necessari con i loro risultati. Pensate un po’ ad esempio alla figura che faremo quando la Germania si presenterà con 4 coppie tutte autonome, con un allenatore a coppia e incentivate dalla loro federazione e poi ci presenteremo noi: io, che ho già vinto un titolo europeo con Marta nel 2011, mi presenterò con mio fratello (un informatico) e con il mio ragazzo (un giocatore di basket) a farmi da allenatori. Giulia invece, che come ben sapete fa l’insegnante, avrà poco tempo per allenarsi: ci ho pensato a lungo prima di iscrivermi e metterci per l’ennesima volta la faccia e sono arrivata alla conclusione che, dopo essere stata squalificata ingiustamente per 13 mesi, ogni volta che metto piede in campo ho già vinto. Mi sento vincente anche solo per il fatto che sono riuscita a non odiare questo sport dopo tutto quello che ho subito, e finché avrò tempo, forze, soldi e soprattutto voglia combatterò in campo”.
Ti sei sentita abbandonata dalla FIPAV? Spiegaci anche la situazione e la polemica in corso riguardo alle coppie Perry-Giombini e Zuccarelli-Lestini, le due coppie ”federali”, ho letto alcuni post polemici sulla tua pagina Facebook…
”Prima voglio chiarire un concetto: una giocatrice, finché non diventa la mia compagna, per me è da considerare avversaria e non una compagna di squadra: Giombini sta in nazionale da 7 anni e avrà già cambiato 10 compagne senza mai ottenere un risultato: non mi spiego in nessun modo la sua presenza. La Perry, e non ho nulla contro di lei anche perché non la conosco personalmente, prima di essere convocata in Nazionale (nel mio ruolo tra l’altro) dovrebbe prima dimostrare di essere una giocatrice di livello, come dovrebbero fare tutte le altre: quando io fui chiamata nel 2009 avevo già fatto esperienza al campionato Italiano dell’anno precedente e sono stata due mesi in ritiro prima di essere selezionata. Per una ragazza giovane come la Zuccarelli, invece, il discorso è diverso e l’investimento che si fa su di lei è giustificabile. La mia paura però è che stia perdendo un po’ di tempo perché non è affiancata da una giocatrice con esperienza: secondo me ha le caratteristiche per diventare una nuova Menegatti, anzi, una nuova Cicolari perché può anche murare…”.
Quante speranze ci sono di partecipare ai Giochi di Rio 2016? Alla fine, guardando solo ai risultati, il pass dovrebbe essere vostro…
”Io ho dimostrato il mio valore nel mio ruolo, Marta invece è la migliore italiana in difesa. Ci sono 2 pass disponibili per l’Italia per Rio, per ora solo uno è stato raggiunto. Per me, a Rio, l’Italia avrebbe la potenzialità per avere due squadre qualificate di medio livello o una squadra da medaglia d’oro. Il ct fa le convocazioni, che sono comunque sotto la supervisione del CONI, ma mi piacerebbe che le motivasse pubblicamente. Confido sempre nel buon senso delle persone ma ora i tempi sono veramente stretti e l’unica persona che potrebbe far ragionare tutti, il presidente Magri, non risponde alla mia richiesta d’incontro: evidentemente il beach volley non è di così grande interesse…”.
Una domanda da ”profano”: quanto è importante la cosiddetta ”alchimia di coppia” nel beach volley? E con quale delle tue compagne di gara ti sei trovata meglio a livello caratteriale?
”Dipende dai giocatori… Fai questa domanda a una giocatrice che ragiona come un uomo, nel senso che quando entro in campo potrei giocare anche con il mio peggior nemico, basta che mi porti alla vittoria. Non ho bisogno di essere amica fuori dal campo, se l’amicizia c’è ben venga, ma credo sia raro già avere un amico, figurati averlo come compagno di squadra. Credo che sia importante avere un rapporto sano, che è ben diverso da avere un’amicizia. Vi faccio un esempio: Larissa e Juliana, la coppia che ha vinto di più in assoluto nel beach volley mondiale, a ogni torneo ha dormito in camere separate e in campo penso non ci sia stata una partita in cui non hanno discusso. Ma hanno vinto tutto. Forse in questo senso in Italia dobbiamo ancora crescere per mentalità…”.
Chiudo con una domanda sullo snow-volley, la nuova disciplina di cui sei recentemente diventata campionessa europea in coppia con Giulia Toti: ci sono speranze che venga inserito nel programma dei prossimi Giochi invernali, oppure è destinato a restare solo un esperimento? E, qualora dovesse diventare disciplina olimpica, faresti un pensierino a una partecipazione ai Giochi nordcoreani del 2018?
”Come gli altri nuovi sport potrebbe iniziare con un test event. Sicuramente portare uno sport con il pallone ai Giochi Olimpici invernali sarebbe una gran cosa, e non è un caso che la federazione europea ci scommetta e lo abbia riconosciuto come sport ufficiale. Dovesse mai accadere, mi sentirei un po’ una la madrina!”.